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Il settore pagherà un miliardo in più del 2024. Sotto pressione acciaierie, fonderie, ferriere, trasporti logistica ma anche le botteghe artigiane. Ls Cna:«Così impossibile fare investimenti»
«Sono solo un artigiano, non un economista ma da tempo sostengo che l’energia è il nostro tallone d’Achille. In Italia, in tempi normali, ci costa il 30% in più che in Francia. Se poi i prezzi schizzano alle stelle, come sta accadendo oggi, andiamo davvero fuori strada, con tante piccole imprese a rischio chiusura. Altro che ripresa». Dino De Santis, presidente di Confartigianato Piemonte, attende con apprensione la fine del mese: quando nella buca delle lettere della sua azienda arriveranno le bollette di luce e gas. Secondo le stime di Cgia di Mestre, che ha elaborato i dati di Terna, Arera e Gm, il caro energia impatterà su tutto il Paese ma sul territorio piemontese presenterà un conto persino più salato che altrove.
Si parla di rincari del 19,6%, solo l’Emilia Romagna potrebbe fare peggio (+19,9%) a fronte di una bolletta nazionale in aumento del 19,2%. Si tratta di uno zero virgola che vale milioni di euro. Nel complesso, nel 2025, se i prezzi del gas resteranno ai livelli attuali, intorno ai 45 euro al megawattora, le imprese piemontesi dovranno sborsare circa 7 miliardi di euro, un miliardo in più rispetto all’anno precedente.
«Con extra-costi del genere diventa impossibile essere competitivi e tirare avanti — afferma De Santis — il problema è che a pagare il prezzo più rilevante saranno le piccole e le micro-imprese. Quando chiude una bottega da 5o 6 addetti chi si preoccupa?».
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Il sistema dei piccoli artigiani vale 60 mila imprese in Piemonte. Tutte queste attività , come le più grandi, dovranno affrontare un anno che si preannuncia complicato. «La crisi dell’automotive ci sta mettendo alle strette. Il rincaro dell’energia rischia davvero di farci uscire fuori strada — spiega l’imprenditore— serve l’intervento delle istituzioni».
L’origine della crisi
La crisi delle forniture russe attraverso l’Ucraina è solo una parte di un problema più ampio esaltato dalle speculazioni dei fondi sui prezzi del gas. E infatti i rincari maggiori si registreranno più sull’energia elettrica che sul gas. Il prodotto sul mercato non manca. Dopo la crisi energetica del 2022 l’Italia ha scorte che coprono l’80% del fabbisogno. Tuttavia la dipendenza dal gas non è diminuita. Su 12 mila tonnellate equivalenti di petrolio di consumi in Piemonte, 7 mila (quindi più della metà ) sono derivati da combustibili gassosi, 3 mila da prodotti petroliferi e 2,2 mila da fonti rinnovabili. Il 51% dei consumi complessivi di gas naturale si concentrano nell’area della Città metropolitana di Torino e per una quota superiore al 42% sono da ascrivere ai processi di trasformazione termoelettrici.
La parte destinata agli usi finali è prioritariamente consumata dal settore industriale (circa 2 miliardi di metri cubi) e in seconda battuta da quello domestico, in cui il gas è il principale vettore utilizzato per soddisfare il servizio di riscaldamento.
Chi pagherà di più
Cna Piemonte ha provato a fare il conto di tutti i rincari dall’aumento del carburante (oltre il 20% negli ultimi 24 mesi e del 24,5% del gasolio). E il prezzo è salatissimo per le piccole imprese.
«Avevamo già — ha commentato il presidente di Cna Piemonte Giovanni Genovesio — lanciato un grido di allarme sui costi dell’energia. Con aumenti di siffatta specie la produttività del nostro sistema è assolutamente a rischio, occorre tutelare e garantire le imprese da questi incrementi di spesa. I contini cambi del panorama dei costi dell’energia rendono insostenibile qualsiasi programmazione degli investimenti da parte di imprenditori che vivono ormai da sei anni nella totale incertezza».
Tra i settori più a rischio dai rincari ci sono ovviamente quelli energivori: acciaierie, fonderie, ferriere, trasporti logistica ma anche le botteghe artigiane. «Le associazioni artigiane — ha affermato il Segretario Cna Piemonte Delio Zanzottera stanno lavorando serratamente con gli assessorati regionali al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse per garantire la sopravvivenza delle imprese. Se si vuole veramente tutelare il nostro Made in occorre che il Governo metta in campo una politica di controlli dei costi dell’energia tutto questo a favore di una competitività che altrimenti rischia seriamente di essere compromessa».
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