Il Festival di Sanremo a rischio trasferimento

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Con la edizione 2025, dall’11 al 15 febbraio, scade la convenzione da cinque milioni di euro all’anno che Rai versa al comune di Sanremo per l’organizzazione del Festival. E, dopo la decisione del Tar ligure dello scorso dicembre, il comune di Sanremo non potrà più affidare direttamente alla Rai l’organizzazione del Festival 2026, ma dovrà indire una gara pubblica alla quale potranno partecipare anche altri broadcaster tv.

Uno scenario dal quale il grande sconfitto uscente potrebbe essere proprio il comune di Sanremo. Non solo perché non sembrano esserci broadcaster realmente interessati a strappare il Festival alla Rai. Ma pure per il fatto che sia l’industria discografica, sia la Rai non vedono l’ora di trovare la scusa buona per salutare la riviera ligure e trasferire la kermesse da altre parti, dove i trasporti, la logistica e il palcoscenico siano degni di uno degli appuntamenti musicali più importanti in Europa.

Rispetto al Festival di Sanremo 2024, «l’unico negoziato andato in porto per il 2025 è stato quello tra industria discografica e Rai per i rimborsi delle spese che dobbiamo sostenere a Sanremo», commenta Enzo Mazza, ceo di Fimi (Federazione industria musicale italiana, ovvero la Confindustria della musica), «mentre nulla è stato fatto con il comune di Sanremo per quanto riguarda trasporti, viabilità, logistica, hospitality e limiti del piccolo Teatro Ariston».

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Contributo alle case discografiche insufficiente

Nel 2025, come spiega Mazza, le case discografiche avranno dalla Rai un contributo di 62 mila euro per ciascun artista in gara (+12% rispetto al 2024), cui aggiungere 3 mila euro per ciascun ulteriore artista oltre il primo (ovvero se si canta in coppia il rimborso sarà di 65 mila euro, se si canta in tre di 68 mila euro, e così via), e di 3 mila euro anche per gli artisti che parteciperanno alla serata dei duetti. «Abbiamo ottenuto un incremento del 12% rispetto ai rimborsi dello scorso anno, ma questi importi non coprono neanche lontanamente gli investimenti che l’industria mette in campo per Sanremo. E che sono sempre più elevati: le varie case discografiche già mi hanno comunicato, ad esempio, che quest’anno i costi per hotel, ristoranti, trasporti per Sanremo sono aumentati del 25% rispetto allo scorso anno». Senza dimenticare che oltre ai 30 artisti in gara e a quelli dei duetti ci sono pure gli staff, con uffici stampa, social media manager, stylist, ecc, con una spesa, per le case discografiche, di circa 120 mila euro ad artista.

«Noi come industria», commenta Mazza, «siamo comunque soddisfatti degli investimenti fatti dalla Rai e del cast assemblato dal direttore artistico Carlo Conti, che conferma la tendenza iniziata in realtà dallo stesso Conti anni fa e poi confermata da Amadeus, ovvero di chiamare a Sanremo gli artisti che fanno il mercato. Anche nel 2025 ci sarà in gara all’Ariston l’artista che ha venduto di più, ovvero Tony Effe. Così come nel 2024 con Geolier, nel 2023 con Lazza, nel 2022 con Rkomi. Quattro anni di seguito in cui l’artista che domina le classifiche partecipa a Sanremo: ma quando mai si poteva immaginare tutto ciò nel passato?».

Impatto sul mercato musicale basso

Il fatto è che, secondo Fimi, «spesso ci si dimentica che è proprio l’industria discografica l’elemento centrale del Festival di Sanremo. Interesse dell’industria sarebbe quello di fare un grande spettacolo in un impianto moderno e con un adeguato palcoscenico, mentre l’interesse del comune di Sanremo è che la gente giri per le strade della cittadina e spenda un po’ di soldi in loco. Certo, per l’industria discografica Sanremo è un evento di forte promozione, di immagine. Ma poi l’impatto di Sanremo sul mercato è molto relativo, vale circa l’1,5-2% del totale degli incassi dello streaming dei singoli (quindi una cifra inferiore ai 60 milioni di euro, quando Rai, in sola pubblicità, incasserà per Sanremo 2025 circa 67 milioni di euro, ndr). Insomma, al centro dell’eco-sistema Sanremo c’è l’industria discografica, che investe sugli artisti, ma poi, a guadagnarci sono soprattutto Rai, gli hotel e i ristoranti di Sanremo, e gli organizzatori dei tour estivi degli artisti che si affermano a Sanremo».

Un Ariston troppo stretto

Sarà importantissimo il tavolo che si dovrà per forza aprire dopo il Sanremo 2025 per capire come organizzare il futuro del Festival: comprendere se esiste davvero la possibilità che al bando partecipi qualche altro competitor, verificare se Rai ha voglia comunque di organizzare, nel caso lo perdesse, un festival alternativo. E, cosa fondamentale, attivare l’iter per realizzare, anche a Sanremo, una nuova location dove tenere il Festival: «Il tema della nuova location è serio sia per noi sia per la Rai. Il teatro Ariston (a cui Rai, comunque, paga 2,5 milioni di euro all’anno solo per l’affitto, ndr) non è più adatto», conclude Mazza per Fimi, «è pericoloso, inadeguato, e nessun promoter al mondo farebbe uno show come Sanremo in un teatro come l’Ariston. La Rai riceve mediamente 20 mila richieste di biglietti, e invece l’Ariston può accogliere solo 1.100 persone per serata, di cui 660 in galleria. Inoltre all’Ariston c’è anche un problema di sicurezza: troppa gente, spazi piccoli, si lavora malissimo, non ci sono sufficienti pass per il personale delle case discografiche. E, a tirare troppo la corda, c’è il rischio che il fenomeno Sanremo crolli. Potrebbe diventare troppo costoso per l’industria musicale. E poi il boom di questi anni non è detto che vada avanti all’infinito, ci sono stati cicli positivi e cicli negativi in tutti questi decenni di Festival».



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