Le nuove tecnologie digitali: una sfida per il mondo adulto

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Le nuove tecnologie digitali basate sull’intelligenza artificiale sono sempre più presenti nelle nostre vite. Pensiamo a quante attività svolgiamo quotidianamente attraverso il nostro smartphone, tablet o computer. Ci troviamo di fronte a una vera e propria rivoluzione digitale.

Passivo o consapevole?

Ci sono due modi per accoglierla: possiamo subirla, riceverla per inerzia, magari usufruendo casualmente di alcune utilità o comfort digitali che ne derivano, ma con il rischio di diventare un ingranaggio inconsapevole del “sistema”; oppure, provare a conoscerla, informandoci e scegliendo intenzionalmente quali benefici trarne.
Nel Messaggio mondiale per la pace 2024, papa Francesco ci esorta ad acquisire più strumenti – sia individuali sia collettivi – per gestire l’influenza che già oggi le IA esercitano su di noi.

Assumere una responsabilità in grado di rispondere alle sfide poste dalle tecnologie digitali sul versante etico, giuridico, educativo, significa costruire per le generazioni che verranno un futuro di giustizia e pace, in cui si riconoscano priorità e centralità alla dignità e ai diritti della persona umana.

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La “rivoluzione digitale”: domande aperte e interrogativi etici

Ma cosa c’è davvero di diverso nella “rivoluzione digitale” rispetto alle grandi innovazioni tecnologiche del passato, come ad esempio l’invenzione della stampa, del telefono o dell’automobile?
Anzitutto, le nuove tecnologie presentano delle caratteristiche che le rendono molto più pervasive e onnipresenti nella nostra quotidianità. Ne è riprova il fatto che spesso non ci accorgiamo nemmeno del loro silenzioso operato.

La pervasività delle nuove tecnologie digitali

Mentre gli strumenti costruiti in precedenza dall’uomo sono serviti per trasformare il mondo fisico, le tecnologie digitali sono strumenti che processano una realtà immateriale: l’informazione. Dal momento che intervengono nella produzione, immagazzinamento e gestione della conoscenza, possono esercitare un significativo impatto sul modo in cui si sviluppa l’intelligenza umana.
Le tecnologie digitali, infatti, ci trasferiscono ogni giorno una quantità di dati che supera enormemente la capacità del nostro cervello di elaborarle. L’impossibilità di gestire tante informazioni può comportare un impoverimento delle facoltà cognitive di pensiero e di giudizio critico.

Ridurre l’attenzione significa anche indebolire la nostra sensibilità verso il mondo che ci circonda, la natura e le relazioni che intessiamo con agli altri. Ecco perché l’attenzione è un bene prezioso, una risorsa umana fondamentale, che dobbiamo imparare a custodire, al pari dell’aria e dell’acqua. L’immensa crescita tecnologica necessita di un accompagnamento, di un’adeguata educazione circa le finalità dei suoi futuri sviluppi. Ciò apre al grande tema della responsabilità etica cui sono chiamati quanti operano nella ricerca e nella programmazione delle IA. La loro straordinaria possibilità applicativa ne mostra un potenziale ancora tutto da esplorare, lasciando intuire come esse possano giocare un ruolo cruciale nel miglioramento delle condizioni di vita dei singoli, così come di intere nazioni.

Nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2024, ad esempio, si accenna a come l’impiego delle IA, se fosse orientato allo sviluppo umano integrale, «potrebbe introdurre importanti innovazioni nell’agricoltura»

Attraverso l’uso di dispositivi da remoto, il monitoraggio delle colture destinate all’alimentazione potrebbe consentire l’ottimizzazione dei raccolti, permettendo a intere popolazioni di incrementare il prodotto interno e, così, contrastare il problema della fame.

La gestione dell’informazione e della conoscenza

Allo stesso tempo, però, le IA si espongono a un’ambivalenza che chiede di essere posta al vaglio, perché se consideriamo l’utilizzo che potrebbe farsi di queste tecnologie in altri ambiti, come ad esempio il settore degli armamenti, la possibilità di condurre azioni militari attraverso sistemi di controllo da remoto potrebbe avere un impatto devastante sull’umanità.

Papa Francesco indica due criteri fondamentali e irrinunciabili nella valutazione delle nuove tecnologie: il rispetto della dignità di ogni essere umano e la fraternità tra tutti gli uomini e le donne.

Afferma con convinzione che «uno sviluppo tecnologico che non comportasse un miglioramento della qualità di vita di tutto il genere umano, non potrebbe essere considerato un reale avanzamento»

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Se fosse altrimenti, se le tecnologie digitali fossero appannaggio di una piccola parte di umanità, le disuguaglianze potrebbero crescere a dismisura: non solo le ricchezze, ma anche il potere che deriva dal possesso di queste nuove forme di sapere, potrebbe concentrarsi nelle mani di pochi.

Un nuovo modo di agire sulla realtà

Un’ulteriore domanda che possiamo porci è questa: come operano le IA?
Il loro punto di forza consiste attualmente nel fatto di imparare con l’esperienza. L’espressione machine learning è stata coniata per indicare la loro capacità di migliorare automaticamente le proprie prestazioni: non vengono codificati dall’uomo per elaborare le informazioni, ma addestrati a imparare dai dati.

Gli algoritmi di apprendimento lavorano in modo statistico e spesso non sanno giustificare le loro decisioni, corrette o errate che siano, neppure di fronte ai loro creatori. Per questo vengono spesso definiti come sistemi a “scatola nera”.

La natura opaca del machine learning rappresenta, dunque, un limite importante degli algoritmi di apprendimento. L’imperscrutabilità dei processi decisionali automatizzati potrebbe comportare il rischio di parzialità e dare luogo a discriminazioni su basi etnico-razziali, di genere e di ideologia.
Come nota Floridi, la svolta digitale non introduce effettivamente una nuova forma di intelligenza, ma un nuovo agire non naturale che ha sempre maggior successo nelle sue connessioni interattive con la realtà.

Rischi di discriminazione e parzialità

Questo fatto riscrive un’equazione fondamentale nella valutazione etica, perché introduce la possibilità di separare l’agire dall’intenzionalità: un agente artificiale potrebbe causare un male oggettivo e risultare moralmente non imputabile di ciò che ha operato. Anziché rappresentare quel grande fattore di uguaglianza che si pensava all’inizio, le IA – con le loro distorsioni algoritmiche – potrebbero non essere più neutrali dell’uomo nel prendere decisioni determinanti nel cambiare la vita di un individuo. È ragionevole considerare una macchina più affidabile o imparziale di un professionista umano?

Sono interrogativi che vale la pena affrontare, senza per questo disconoscere o stigmatizzare il grande potenziale di bene che le IA possono offrire, in tanti ambiti e sotto vari aspetti, alla costruzione di un mondo di pace.

Sfide per un “prossimo futuro”

In passato, l’introduzione di nuove tecnologie, basate per lo più sull’automazione dei processi produttivi, ha giocato un ruolo determinante nella sostituzione dell’uomo nei compiti manuali usuranti.

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Oggi, invece, a farsi strada è la possibilità che le IA vengano impiegate anche in lavori non prettamente ripetitivi, in cui è richiesto un alto livello di specializzazione e un maggior coinvolgimento delle componenti creative e decisionali.

Sfide occupazionali

A risultarne trasformati non saranno soltanto il settore manifatturiero o agrario, quello del commercio, dei trasporti e della logistica, ma anche la pianificazione finanziaria, i servizi bancari e assicurativi, la gestione dirigenziale e delle risorse umane.

Persino ambiti come quello dell’assistenza sanitaria, che presuppongono una maggior competenza esperienziale, saranno soggetti a una radicale riconfigurazione. Molti paesi a economia avanzata faranno della tecnologia basata sull’IA il fulcro del loro piano di sviluppo economico nei prossimi due decenni.

In questo processo di riconversione del lavoro, le aziende necessiteranno di nuove figure dotate di competenze digitali avanzate, in grado di sviluppare i sistemi automatizzati e di integrarli nei processi commerciali. Per quanto invece concerne i lavori composti da molti compiti complessi, si prevede che le IA affiancheranno l’uomo, con un prospicuo aumento della produttività.

Ciò implicherà che, in attività a basso livello di competenza, le IA forniranno al lavoratore umano indicazioni sullo svolgimento di alcuni compiti specifici, semplificando le procedure, ma allo stesso tempo rendendo i processi più opachi. Riducendo il livello di addestramento dei lavoratori umani, le aziende potrebbero sostituire più facilmente i propri dipendenti e, di conseguenza, abbattere i costi di produzione con l’abbassamento dei salari.

Nuove forme di solidarietà

Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, ancor prima di poter immaginare una “svolta digitale”, raccogliendo la sfida posta dalla globalizzazione, affermava che «la transizione in atto segna il passaggio da un mondo del lavoro compatto, definito e riconosciuto, a un percorso lavorativo caratterizzato dalla crescente insicurezza circa le prospettive occupazionali.

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Non si limitava soltanto a registrare il “fatto” del cambiamento, ma esprimeva un criterio teorico e pratico che permane valido ancora oggi, alla luce delle recenti trasformazioni introdotte dalle IA: per armonizzare le esigenze della competizione, dell’innovazione tecnologica, la complessità dei flussi finanziari, con la difesa del lavoratore e dei suoi diritti, occorre pianificare e costruire nuove forme di solidarietà.

Non è affatto banale, né tantomeno pacifico, risignificare e dare espressione alla solidarietà in questo nostro tempo. La difficoltà deriva anche dal fatto che, a differenza delle altre rivoluzioni tecnologiche, quella digitale sta avvenendo nell’arco di una sola generazione, mettendo a dura prova la capacità di adeguamento delle strutture sociali.

Per consolidare il rispetto del diritto umano al lavoro, in un quadro di cooperazione internazionale, sarà necessario stabilire regole universali ed efficienti che imprimano allo sviluppo tecnologico un indirizzo comune, sottraendo il perseguimento degli obiettivi comuni alla discrezionalità di stati e imprese, e prevedendo sanzioni per i trasgressori.

Le sfide future

Per tali ragioni, il Messaggio per la pace 2024 sollecita il compito della politica e del diritto, suggerendo di «rafforzare o, se necessario, istituire organismi incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati»

Allo stesso tempo, il Santo Padre si mostra consapevole del fatto che, per quanto urgenti e necessari, le decisioni della politica e gli interventi legislativi non sono sufficienti a garantire che le nuove tecnologie siano poste al servizio della fraternità e della pace.

La vera sfida si gioca sull’educazione.

Per arginare le derive di un uso improprio delle IA, per contenere la pervasività con cui stanno cambiando abitudini e stili di socialità, occorre agire in maniera da diffondere una “cultura digitale” consapevole, cominciando dalle nuove generazioni, coinvolgendo le agenzie educative primarie, la famiglia e la scuola, in maniera tale da raggiungere trasversalmente anche le persone di tutte le età.

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Investire sulla formazione significa offrire più strumenti critici che ci consentano, prima di tutto, di decolonizzare l’immaginario comune dal mito di una «crescita illimitata» da quella narrazione salvifica che attribuisce alle macchine il potere di risolvere tutti i nostri problemi, compresa la crisi climatica in atto.

Non si tratta di demonizzare le IA, ma di evidenziare come queste macchine dovranno rimanere centrate sull’uomo e sulla difesa dei suoi diritti, affinché si possa evitare che «l’unicità della persona venga identificata e ridotta a un insieme di dati».



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