Traffico internazionale di droga, 15 misure cautelari: in manette anche il genero di ‘Diabolik’

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BOLOGNA – La Guardia di finanza e della Polizia di Reggio Emilia, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Bologna, hanno eseguito arresti, perquisizioni e sequestri in varie province italiane. Le misure vengono eseguite nei confronti di 15 persone, 12 finite in carcere e 3 ai domiciliari, accusate di aver di aver preso parte ad una organizzazione criminale italo-albanese dedita al traffico internazionale di droga.

Dal 2020, secondo quanto emerso dalle indagini, l’organizzazione avrebbe importato e acquistato (da Albania, Kosovo, Ecuador, Colombia e Paesi Bassi) nonché detenuto e venduto sull’intero territorio nazionale (con, anche, alcune distribuzioni avvenute dall’Emilia-Romagna verso la Calabria) 23 chili di cocaina, sei chili di eroina, 80 chili di hashish e 240 chili di marijuana per un controvalore stimato in 8 milioni. Le indagini hanno evidenziato una associazione a delinquere tra le cui fila si annovera la presenza di soggetti ritenuti appartenenti sia alla criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetista sia di altri soggetti legati a esponenti della criminalità laziale.

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Tra i 15 arrestati c’è anche Daniele Gatta, 40enne romano, genero di Fabrizio Piscitelli ‘Diabolik‘, capo ultrà, estremista di destra e trafficante di droga ucciso nella Capitale nel 2019. Destinatario di una misura di custodia in carcere, a Gatta è contestato di aver cofinanziato l’acquisto di una partita di cocaina che si tentò di importare dall’Ecuador nel 2021.

Durante le indagini erano stati già arrestati cinque soggetti in flagranza di reato per traffico di stupefacenti, di cui 4 nuovamente colpiti dall’odierna ordinanza. Inoltre è stata accertata l’introduzione, dalla Spagna, nel territorio nazionale di € 75.000 in banconote di € 500 falsificate.

Legami con i Grande Aracri

L’integrale ricostruzione dell’illecita attività di traffico internazionale di stupefacenti è stata possibile – oltre che al ricorso alle indagini tecniche con intercettazioni telefoniche ed ambientali – anche grazie alla posteriore acquisizione di numerose conversazioni telematiche che i narcotrafficanti, avevano scambiato tramite smartphone criptati tramite l’utilizzo dell’applicazione Sky-ECC. L’organizzazione criminale, si è dimostrata in grado di operare sul territorio nazionale in molteplici contesti geografici distinti, ma tra loro inscindibilmente interfunzionali:

quello emiliano, dove si trovava la sede direzionale ed operativa (oltre che di dimora della maggior parte degli associati) di Bibbiano di Reggio Emilia e si localizzavano le ulteriori basi logistiche (Sassuolo e Polinago);

quello calabrese, territorio utilizzato in connessione con gruppi criminali locali, sia per l’approvvigionamento di partite di cocaina che per la distribuzione di quantitativi di eroina, hashish e marijuana;

quello romano, con l’ingresso in affari di soggetti ben inseriti nei circuiti criminali della capitale;

quello veneziano, utilizzato sia come terminale per la distribuzione dello stupefacente che per l’estemporanea acquisizione di forniture di narcotico a fronte di contingenti esigenze, in relazione alle quali si attingeva anche al territorio torinese.

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L’associazione – con elevate capacità di penetrazione nelle piazze di spaccio non solo emiliane, potendo contare, infatti, su una rete distributiva ramificata sull’intero territorio nazionale e su canali di approvvigionamento europei e sudamericani – veniva gestita come una vera e propria attività di impresa, con modalità assolutamente manageriali caratterizzate da una continua progettualità, un agile adattamento alle situazioni contingenti e alla ricerca del massimo profitto. L’elevato numero degli acquisti di sostanze stupefacenti e delle stesse cessioni, hanno confermato l’elevata pericolosità sociale dei correi che, per quanto concerne gli indagati di origine calabrese, si sostanzia altresì nell’esistenza di rapporti anche di natura familiare con esponenti della ‘ndrina calabrese riconducibile alla famiglia Grande Aracri, da anni radicata nel territorio emiliano.

Contestualmente, sono state deferite alla Procura della Repubblica di Reggio Emilia, n. 10 persone fisiche stabilmente radicate nel reggiano (originari della Calabria e dell’Albania) che, attraverso n. 07 società (di cui 6 operanti nella provincia di Reggio Emilia e 1 in quella di Parma nonché n. 03 risultate vere e proprie cartiere), hanno emesso fatture per operazioni inesistenti per totali € 5.276.611,18, conseguendo un profitto illecito per un importo di oltre € 511.330,05. Le società operano (e in taluni casi, operavano, dal momento che hanno cessato la loro attività) prevalentemente nel settore edile.

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