TURISMO & LAVORO/ L’allarme bagnini pronto a scattare per l’estate 2025

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Cercasi bagnini disperatamente. Potrebbe essere questo il nuovo allarme per la stagione estiva 2025 al mare, dovuto alla generica mancanza di personale per qualsiasi attività, ma accentuato in questo caso dall’entrata in vigore del nuovo decreto ministeriale 85/2024. Un riordino normativo di cui si iniziò a discutere fin dal 2016, con un susseguirsi di bozze cui hanno partecipato le rappresentanze della categoria, depositarie delle autorizzazioni per la formazione della figura professionale del bagnino di salvataggio, e cioè la Federazione italiana nuoto (Fin), la Federazione italiana salvamento acquatico (Fisa) e la Società nazionale di salvamento (Sns). Visto il perdurare dell’iter di legge, e probabilmente certe che non si sarebbe potuti giungere a conclusione, le ultime due hanno di fatto abbandonato i lavori, lasciando al tavolo solo la Fin.



Oggi però, con il decreto emanato, proprio la Fisa (che fino a poco tempo fa era il settore salvamento della stessa Fin) ha qualcosa da dire. “Si tratta di un nuovo monopolio del Governo per il rilascio dei brevetti di assistente bagnanti – ha detto Raffaele Perrotta, presidente nazionale Fisa -. È discriminante, favorisce una sola realtà, e rischia di paralizzare e depotenziare un settore importante come quello del soccorso acquatico. Il decreto introduce nuove norme per l’individuazione dei soggetti autorizzati a tenere corsi di formazione per il salvamento in acque marittime, interne e piscine, e per il rilascio delle abilitazioni per l’attività di assistente bagnanti. Sebbene l’obiettivo dichiarato fosse quello di favorire e incoraggiare l’accesso alla formazione per il personale addetto al salvataggio in acqua, nella pratica ha consolidato il monopolio della Federazione Italiana Nuoto”.

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Ovviamente, se si fosse concertato il decreto tra tutti gli enti coinvolti, non si sarebbero avute queste recriminazioni. Che invece infuriano, in un vero tsunami a livello nazionale e locale.

In realtà, si tratta di una nuova norma che arriva a disciplinare per la prima volta in maniera organica la formazione dei bagnini di salvataggio. E proprio sulla formazione si concentrano le polemiche. Per chiedere l’autorizzazione alla Capitaneria di Porto e svolgere attività di formazione (i brevetti ex novo possono essere conseguiti solo da personale tra i 18 e i 50 anni), il nuovo decreto prevede la necessità di “operare con almeno 26 articolazioni locali presenti sul territorio di almeno 13 regioni, avere una capacità finanziaria non inferiore a 150 mila euro e avere la disponibilità di allenatori in possesso di abilitazione riconosciuta dal sistema nazionale di qualifiche tecnici sportivi”. E solo la Fin, a oggi, sembra disporre di personale con quei riconoscimenti. Da qui le accuse di monopolio de facto, anche se altre associazioni e federazioni si stanno organizzando per ottenere l’autorizzazione per poter svolgere corsi di formazione ai futuri assistenti bagnanti. Ma è scoppiata la polemica anche sulla questione dei bagnini minorenni, impediti dal decreto a svolgere l’attività di bagnino di salvataggio o assistente bagnante, in ossequio alle leggi giuslavoristiche (responsabilità civili e penali degli operatori).



Vero è che oggi il bagnino di salvataggio è un soccorritore a tutti gli effetti, specializzato, l’unico che è chiamato a intervenire, nell’immediato, in ogni situazione di balneazione. Viene imputato al decreto 85/2024 “di essere la causa di una futura e drastica riduzione del numero di frequentatori dei futuri corsi di formazione – riporta Modobalneare -, con la conseguente riduzione del numero di soggetti da impiegare in questa professione. Il ridursi dei partecipanti ai corsi per conseguire l’abilitazione come bagnino di salvataggio è però qualcosa a cui si assiste ormai da qualche anno e per altri motivi. A fronte di una maggiore specializzazione richiesta, alle maggiori responsabilità assegnate al bagnino e ai turni massacranti e a volte senza le necessarie pause, non è corrisposto un trattamento retributivo commisurato al rischio e all’impegno profuso”.

Sarebbe auspicabile, insomma, una revisione del Contratto collettivo nazionale di lavoro, fermo da molti anni.

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