E quindi lo strappo. Perché, quanto a Fratelli d’Italia, «è umano e comprensibile che un partito, avvicinandosi le elezioni, avanzi delle richieste. Ma noi abbiamo governato bene questa Regione. Dopodiché, se qualcuno dice il contrario, allora le nostre strade si separeranno».
Lo strappo di Luca Zaia. Dopo il fuoco di fila dei Fratelli, dopo la resistenza armata dei leghisti: alla fine è uscito lui, il presidente. Alla sua maniera, con le sue punture e i passi indietro. Con le sue figure retoriche: «I problemi sono come il salame, si affrontano una fetta alla volta».
Ma con quel tanto che è bastato a chi lo conosce di più: «Il presidente non poteva essere più chiaro» è il commento, alla fine della conferenza stampa organizzata ieri a palazzo Balbi. Per parlare di sanità, sì, e di Papà del gnoco. Soprattutto, per quell’uscita concordata, studiata al millimetro con i suoi: Luca Zaia è a disposizione della Lega.
Zaia, se la Lega deciderà di correre da sola alle regionali, lei sarebbe pronto a sostenerne il candidato con una lista con il suo nome?
«La mia priorità è il Veneto. Subito dopo c’è la Lega, di cui faccio parte e alla quale devo tutto. E poi viene il centrodestra. Io sono a disposizione del mio partito; e sarò dalla sua parte, in qualsiasi progetto».
Anche schierandosi come capolista?
«Lo ripeto: io sono a disposizione del movimento. Vediamo che cosa deciderà di fare il partito».
Cosa vuol dire che prima di tutto vengono i veneti?
«Significa che i veneti devono essere ascoltati e non devono subire una decisione calata dall’alto. Io non sto conducendo nessuna battaglia per il terzo mandato, ma i cittadini mi fermano per strada per chiedermi di candidarmi. Non ci siamo mai trovati di fronte a una chiamata del popolo come questa. Ed è chiaro che, se potessi candidarmi, lo farei. È impensabile che arrivi uno inamidato e dica: “Sono io il candidato”».
Quindi, nel quarto mandato, lei ci spera ancora?
«Dico solo che è un’anomalia prevista soltanto per i presidenti di Regione e i sindaci delle città con più di 15 mila abitanti. Mentre i governatori delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome possono definire la loro legge elettorale in maniera diversa. Se ci deve essere un limite, allora che ci sia per tutti. Il pericolo della creazione dei centri di potere è allucinante. Ed è inaccettabile che la lezione arrivi da bocche che vengono sfamate dal Parlamento da trent’anni».
Eppure, proprio in Veneto esiste un limite ai mandati per gli assessori regionali…
«La storia la conosciamo. E in ogni caso è una questione che sistemeremo, anche se non riesco ancora a definire le tempistiche».
Ma lei sarebbe favorevole a una corsa in solitaria della Lega?
«Alle elezioni mancano ancora dieci mesi e spero che questa possa essere la notte capace di portare consiglio anche ai più irredentisti. Ho letto le dichiarazioni autorevoli del segretario Alberto Stefani. C’è il tempo per fare dei ragionamenti. È comprensibile che FdI avanzi delle richieste, ma sarà da capire il punto di caduta».
Quindi, corsa in solitaria sì oppure no?
«Vedremo l’evoluzione della situazione giorno dopo giorno. È chiaro che speriamo in una corsa unitaria; ma di corse in solitaria io ne ho già fatte, così come all’interno del centrodestra».
Se i Fratelli dovessero perseverare nel chiedere un proprio candidato, lei cosa consiglierebbe al suo partito?
«Noi abbiamo dimostrato di avere governato bene questa Regione. Ma se qualcuno dice che il Veneto non è stato governato bene, allora le strade si separeranno».
Ma il nome del prossimo presidente del Veneto sarà deciso a Roma o a Venezia?
«Al di là della localizzazione dei tavoli, noi veneti abbiamo una capacità di lettura, se una decisione è favorevole o contraria, che è istantanea. Quindi, ben vengano le riflessioni, che si facciano pure. Dopodiché, si tratterà di capire che continuità si darà a questa amministrazione e soprattutto quanto saranno rispettati i veneti».
A proposito: quando si andrà al voto, in Veneto?
«Ad oggi, si voterà tra dieci mesi. E io non so nulla di più. Quello che posso dire è che, se si voterà a ottobre, ci attende una campagna elettorale molto fiacca. Con le persone che si ritroverebbero alle urne nel giro di pochi mesi. E poi ci lamentiamo se la gente non va a votare…».
De Carlo: «Zaia sbaglia a personalizzare così, l’alleanza resterà unita»
La premier Giorgia Meloni con Luca De Carlo coordinatore veneto di FdI, parlamentare e sindaco
«La Lega tiene alta la palla, per provare a mantenere la guida della Regione. Ma manca ancora molto tempo alle elezioni, alla fine si troverà la sintesi. Lo sa anche Zaia che queste decisioni si prendono a livello nazionale».
Per Flavio Tosi è altamente improbabile che il Carroccio possa avere l’ultima parola nel dibattito su chi sarà il candidato del centrodestra in Veneto – «Se dovesse spettare a Forza Italia sarò io, sono ancora benvoluto e stimato nella Regione, potrei vincere», dice – visto che si trova già alla guida di diverse Regioni del Nord, mentre Fratelli d’Italia, pur essendo il primo partito nel Paese, non ne esprime nessuna.
Proprio su questo punto insistono anche da Fratelli d’Italia: «Abbiamo la legittima aspirazione a essere presenti con un presidente nostro anche nel Nord, visto che siamo il primo partito, tra l’altro più nel Nord che altrove», afferma il capogruppo dei meloniani in Senato, Lucio Malan. Mentre i Fratelli veneti, alla richiesta di un commento, rispondono ricordando quanto detto da Giorgia Meloni nella annuale conferenza stampa con i giornalisti: il partito deve essere tenuto in considerazione.
In altre parole, non deve essere né automatico, né scontato, che sia la Lega a dare le carte e bisogna prendere atto del fatto che gli equilibri e i rapporti di forza non sono più quelli di un tempo. «Fratelli d’Italia è un’opzione, lo ha detto Giorgia Meloni», commenta il coordinatore del partito in Veneto, Luca De Carlo.
Per poi puntualizzare: «I veneti sono sempre molto chiari. Vogliono il centrodestra unito, lo hanno fatto capire in tante elezioni, quindi non credo che la Regione faccia eccezione. Comunque, è ancora lunga, decideremo. I leader stanno parlando, non ho motivo di essere preoccupato».
Sulla partita del terzo mandato, che Zaia spera si possa ancora risolvere, De Carlo mette in chiaro: «Spiace che abbia personalizzato il tema. La norma che lo disciplina esiste da tempo e non riguarda singoli casi specifici. Non è mai una buona idea adeguare le leggi alle esigenze contingenti». Anche per il suo alleato di centrodestra Tosi è chiaro che la questione sia ormai sepolta: «Il Parlamento, sia in Aula che in commissione, ha già bocciato più volte a larghissima maggioranza, la proposta sul terzo mandato. Il governo di centrodestra ha impugnato la legge di De Luca. E l’anno scorso, prima dell’ultima tornata, con un decreto ha confermato il limite ai mandati per i sindaci dei Comuni con più di 15 mila abitanti. Quindi possono continuare a parlare e sperare, ma questa partita si è chiusa già da un pezzo».
Intanto, la Lega tiene il punto. Il segretario del Carroccio in Veneto, Alberto Stefani, mette in chiaro: «La Lega e Zaia hanno scritto la storia del Veneto e la scriveranno ancora per molti anni. Questo presidente e questa grande forza, fatta anche di sindaci e di amministratori, incarnano ancora oggi l’identità autonomista del nostro territorio ed è proprio per questo che meritano di guidare la coalizione»
In Friuli Venezia Giulia il centrodestra guarda ai movimenti del Doge
Il presidente del veneto Luca Zaia e del Fvg Massimiliano Fedriga
Non è solo questione di buon vicinato. Quel che accade in Veneto interessa, e tanto, al centrodestra del Friuli Venezia Giulia. Perché in fondo, la battaglia che Luca Zaia si trova a fronteggiare in questo ultimo scorcio di legislatura, è la stessa che Massimiliano Fedriga e i suoi stanno ingaggiando sui tavoli della politica triestina. Certo, cambiano i tempi: se nella clessidra del governatore veneto resta davvero poca sabbia, decisamente più lontano è il tempo delle scelte definitive per Fedriga, il cui secondo mandato non è giunto neppure al giro di boa.
Le parole – nette, nitide, senza precedenti – pronunciate ieri da Zaia sul terzo mandato, rischiano di rappresentare un punto di non ritorno nella vivace dialettica tutta interna al centrodestra, che non ha risparmiato in questi ultimi mesi pure il Friuli Venezia Giulia.
Che la situazione sia delicata, a Venezia come a Trieste, lo si capisce dalla poca propensione alla chiacchiera da parte dei segretari regionali del centrodestra, impegnati in queste ore in un tentativo di ricucitura della trama dell’alleanza che mira in particolare a salvaguardare la conformazione “classica” della coalizione in vista delle prossime amministrative, che chiameranno al voto due città diventate negli ultimi anni roccaforti del centrodestra, ovvero Pordenone e Monfalcone.
Le parole del presidente del Veneto, naturalmente, sono accolte con soddisfazione dalla Lega del Fvg. Anche per quel passaggio («Le Province autonome e le Regioni a statuto speciale che possono definire la loro legge elettorale in maniera diversa») che mette l’accento sull’Autonomia della Regione, più volte rivendicata chiaramente dalla segreteria regionale del Carroccio del Friuli Venezia Giulia.
«In regione la maggioranza sta affrontando un confronto ampio e articolato su numerosi temi di rilevanza, incluso quello relativo al terzo mandato – commenta il segretario regionale della Lega, il senatore Marco Dreosto –. Abbiamo già avuto modo di esprimere con chiarezza la nostra posizione rivendicando con orgoglio la specialità della nostra Regione anche nell’ambito delle autonomie locali». Da Dreosto c’è poi un chiaro richiamo alla dicotomia tra centralismo romano e territori, rievocato nelle ultime ore anche da Zaia e che ha rappresentato uno dei fronti di divisione più netto tra Lega e Fratelli d’Italia.
«Ora – indica il segretario del Carroccio – il dibattito prosegue auspicando sempre che possano essere i cittadini a scegliere chi li governa. Poi ognuno decide chi ascoltare, se il territorio o Roma. Questo aspetto noi lo abbiamo chiaro». Un chiaro riferimento a Fratelli d’Italia, che a più riprese ha fatto capire che neppure l’autonomo Friuli Venezia Giulia possa fare di testa propria sul terzo mandato, senza tenere conto dell’orientamento generale.
«Meloni, con riferimento al caso della Campania – aveva chiarito il coordinatore regionale di Fdi, Walter Rizzetto nei giorni scorsi –, spiega bene che non si può viaggiare a velocità differenti da Regione a Regione. L’autonomia può senz’altro avere un ruolo sul tema, ma non se nel Paese ci si muove in direzione diversa».
Tra i due litiganti, le altre anime della coalizione osservano preoccupati. Forza Italia, che in regione aveva dato sostanzialmente il proprio assenso all’idea di un possibile Fedriga-ter, è tornata sui propri passi dopo lo stop imposto dal responsabile degli enti locali del partito, Maurizio Gasparri. E Noi Moderati fa professione di realismo: «Le situazioni di Veneto e Friuli Venezia Giulia non possono essere sovrapposte – dice la coordinatrice regionale del movimento di Lupi, Giulia Manzan –. Pur a fronte di qualche discussione in regione si è sempre trovata una sintesi e contiamo che possa essere così anche questa volta. Ci sono appuntamenti elettorali cruciali che ci attendono, con città importanti al voto: è fondamentale arrivare compatti e preparati a queste tornate, che rappresentano il viatico per l’appuntamento elettorale “madre” delle Regionali».
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