Che sia terso come nelle migliori giornate settembrine oppure ricoperto di nuvole grigiastre, raggiungere il firmamento è stata forse la principale ossessione dell’umanità fin dalla notte dei tempi. Luciano di Samosata fu il primo a spiccare un volo immaginario verso il cielo, raggiungendo persino la Luna, dopodiché toccò al genio di Leonardo da Vinci con i suoi prototipi ispirati alla natura e infine fu la volta delle invenzioni moderne, con il primo aereo che vide la luce nel 1903 grazie ai fratelli Orville e Wilbur Wright.
Venticinque anni dopo il Millennium Bug e alle soglie della generazione Beta, il cielo è oramai entrato a pieno titolo a far parte dello spazio antropizzato, accogliendo al suo interno centinaia di rotte aeree che collegano ogni angolo del mondo, con più di trentamila viaggio al giorno soltanto in Europa. Dalle compagnie di bandiera alle low cost, volare da un Paese all’altro è oggi facile come prendere un treno, o quasi. Andare da Vienna a Lisbona o da Atene a Berlino su gomma o rotaia può rappresentare un problema in termini di tempo, rendendo il volo l’unica opzione percorribile, ma negli ultimi anni la riflessione sull’impatto ambientale del traffico aereo ha iniziato a prendere quota – è il caso di dirlo – anche nel contesto politico europeo.
Per avere un quadro definito, si può partire dal rapporto ambientale sull’aviazione europea diffuso dall’Easa, l’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea: i dati del 2019 mostrano un consumo medio di 3,5 litri di carburante per ogni cento passeggeri/chilometri, inferiori ai 4,8 litri calcolati nel 2005 ed equivalenti a ottantanove grammi di CO2 pro capite. Una riduzione del consumo di carburante a cui non ha fatto seguito, però, un calo delle emissioni: si stima infatti che i voli in partenza dagli aeroporti europei abbiano prodotto centoquarantasette milioni di tonnellate di carbonio, un aumento del trentaquattro per cento rispetto al 2005 prima dello stop legato alla pandemia.
Le proiezioni sul futuro non lasciano spazio a fraintendimenti: proseguendo a questi ritmi, le emissioni nocive potrebbero raggiungere i centottantotto milioni di tonnellate entro il 2050, a fronte di un aumento dei voli che potrebbero superare i dodici milioni l’anno. Da qui l’intenzione di Bruxelles di realizzare il cosiddetto Cielo unico europeo, un progetto che mira a unificare lo spazio aereo all’interno dell’Unione europea per migliorare la sicurezza, l’efficienza e la sostenibilità del trasporto.
Sebbene il firmamento appaia intuitivamente “unico”, privo com’è di barriere fisiche a delimitarne aree e confini, attualmente lo spazio aereo europeo è invece estremamente frammentato, gestito da oltre trenta autorità nazionali per mezzo di regole e infrastrutture molto spesso in contrasto tra un Paese e l’altro. Una suddivisione che comporta costi aggiuntivi e un forte impatto anche sulla salute dell’atmosfera, dato l’aumento dei consumi di carburante per le compagnie aeree legato alla presenza di rotte fisse o scali obbligatori.
Con la riforma delle norme sul Cielo unico europeo, concordata con il Consiglio a marzo 2024 e adottata lo scorso ottobre dal Parlamento, l’Unione intende ottimizzare le rotte così da ridurre le emissioni nocive: «Oggi lo spazio aereo europeo è come un grande puzzle in cui ogni Paese ha il suo pezzo, ma purtroppo non tutti si incastrano e questo porta a deviazioni, tempi di attesa e costi inutili», aveva detto a ottobre il correlatore Johan Danielsson.
A questo si aggiunge l’aspetto forse più innovativo, ossia la creazione di uno spazio aereo che risulti realmente fluido e integrato, suddiviso non più sulla base dei confini nazionali bensì in riferimento a criteri operativi. L’attuazione di una governance più attenta alle necessità dell’ambiente passa inevitabilmente da un’effettiva cooperazione tra gli Stati europei, come dimostrano i cosiddetti blocchi funzionali si tratta di “porzioni di cielo” che travalicano i confini geografici nazionali e che operano attraverso una serie di accordi tra Paesi, puntando a una gestione integrata e centralizzata delle autorità per il controllo del traffico nei cieli d’Europa a tutto vantaggio per compagnie e passeggeri, oltre che per l’ambiente. Attualmente esistono già diversi esempi di blocchi funzionali operativi tra cui il Fabec in Europa centrale, il Blue Med nell’area mediterranea e quelli che riuniscono da un lato Romania e Bulgaria, dall’altro Regno Unito e Irlanda.
Tra i benefici più attesi e più urgenti, la riduzione dell’impatto ambientale del traffico aereo. In ambito comunitario esistono già diverse iniziative per l’abbattimento dei tassi di emissione di CO2, che unite alla riforma del Cielo unico europeo hanno come obiettivo la sostenibilità del settore in ottica green. Detto della riduzione dei consumi di carburante e della conseguente impennata alle emissioni, in virtù delle norme previste dal regolamento ReFuelEU le compagnie aeree sono tenute a utilizzare una percentuale crescente di carburanti sostenibili, i cosiddetti Saf, attraverso indicazioni precise sulla miscelazione che aumenteranno gradualmente fino al 2050.
Esistono poi degli specifici carburanti rinnovabili, noti come Rnfbo, originati da materiale non biologico e prodotti a partire dai derivati sintetici dell’idrogeno attraverso l’utilizzo di energia solare, eolica o idroelettrica. In termini di emissioni di carbonio, si tratta di carburanti neutri dal momento che l’anidride carbonica utilizzata in fase di produzione viene compensata da quella che rilasciano in fase di utilizzo: a livello normativo, l’uso degli Rfnbo è promosso dalla direttiva europea sulle energie rinnovabili nota come Red II, la quale stabilisce che il quattordici per cento dei carburanti utilizzati nei trasporti entro il 2030 debba provenire da fonti sostenibili.
Germania, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca hanno avviato negli ultimi anni diversi piani per la produzione di idrogeno rinnovabile attraverso i cosiddetti elettrolizzatori, diffusi su larga scala anche in Regno Unito, ma questi particolari carburanti stanno trovando sempre più applicazione anche in campo industriale come sostituti del gas naturale.
Il nervo scoperto riguarda però i costi, ancora troppo alti rispetto ai combustibili fossili o ai biocarburanti, essenzialmente per via della quantità di energia necessaria per produrre gli Rnfbo, sebbene alcune zone d’Europa stiano puntando con decisione proprio su di loro per decarbonizzare settori strategici fra cui quello dei trasporti. Approvata la riforma del Cielo unico europeo, i Ventisette dovranno provvedere a designare un’autorità nazionale che supervisioni i requisiti di sostenibilità ambientale, oltre che finanziaria, delle compagnie aeree, mentre i passeggeri potranno contare – si spera al più presto – di rotte efficienti sotto il profilo delle emissioni ma anche della puntualità.
Considerando che ci sono voluti undici anni per definire una strategia condivisa sui cieli d’Europa, di cui si è cominciato a parlare nel 2013, auspicare una rapida attuazione delle norme appare quanto mai necessario. Anche perché il 2050, calendario alla mano, non è oggi più lontano del Duemila.
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