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C’è poco da fare e da dire: il Parlamento ha approvato la manovra e così ha votato la decrescita degli stanziamenti per la salute. Meloni, Giorgetti e Schillaci, ministro della Salute, possono provare a cambiare le carte in tavola ma non i dati. Da quando il governo di destra si è insediato gli stanziamenti sono calati, e si prevede un’ulteriore riduzione per i prossimi anni.
Fondo sanitario peggiorato
La manovra uscita definitivamente dal Senato non ha fatto altro che ratificare ciò che aveva votato la Camera. Cioè una modifica al ribasso dei fondi del Fondo sanitario nazionale, che mantiene per il 2025 l’insufficiente e inadeguato incremento di 1.302 milioni, mentre si verifica una riduzione degli incrementi negli anni successivi. Saranno 5.015,4 milioni per il 2026 e 5.734 milioni per il 2027, 6605,7 milioni per il 2028, 7667,7 milioni per il 2029, 8840,7 milioni per il 2030.
Netto giudizio della Cgil
Daniela Barbaresi, segretaria nazionale della Cgil, non può far altro che ribadire la preoccupazione per la salute dei cittadini e delle cittadine e per la tenuta del Servizio sanitario nazionale: “Con l’approvazione definitiva della manovra di bilancio da parte del Senato della Repubblica, non c’è nessun rilancio per il Ssn, pertanto esprimiamo un giudizio fortemente negativo. C’è grande preoccupazione per la sanità a misura di carta di credito indicata dal governo Meloni. Nella disamina delle norme non si intravede un solo provvedimento in grado di affrontare i nodi della Sanità pubblica”.
I numeri sono impietosi
I numeri sono impietosi, quelli della spesa sanitaria di più. Basti pensare che con le tre manovre targate destra si è passati dal 6,6% del Pil al 6.1, sottraendo così oltre 20 miliardi alla sanità pubblica. E non finisce qui, nel 2025 si scenderà al 6,04%, nel 2026 al 6,03% e poi al 5,91% nel 2027. Fino ad arrivare al 5,60% nel 2030, secondo le previsioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio. “Il testo – aggiunge Barbaresi – è caratterizzato da evidenti disinvestimenti al servizio pubblico. A fronte dell’andamento inflattivo da un lato e della necessità di dare concreta attuazione alla riforma dell’assistenza territoriale, attivando case e ospedali di comunità, le risorse previste nel Fsn risultano assolutamente insufficienti per il 2025 e per negli anni successivi”.
Il privato aumenta
Esiste una sola voce che non è penalizzata, ma che anzi è in crescita, quella per la sanità privata. La manovra, infatti e purtroppo, continua a incrementare il trasferimento di risorse ai soggetti privati accreditati, prevedendo la possibilità di innalzare il tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie (12,3 miliardi nel 2011) rispettivamente di 61,5 milioni per il 2025 e 123 milioni a decorrere dal 2026. Queste risorse vengono sottratte alle strutture pubbliche. Così come è in continua crescita l’esborso di cittadini e cittadine per garantirsi le risposte ai bisogni di salute che il pubblico non riesce ad assolvere.
Il tradimento della legge del 1978
“La manovra non indica nessuna priorità se non quella strisciante dell’arretramento del perimetro pubblico”: è il duro commento della segretaria della Cgil. Che aggiunge: “Mancano indicazioni rispetto agli investimenti in ricerca e formazione, sulla qualificazione e professionalizzazione del personale. Resta invariato il tetto di spesa che impedisce turn over, assunzioni e valorizzazione del personale”. Nulla per la prevenzione, nulla per l’aggiornamento dei Lea, nulla per l’assunzione di personale per riempire le case e gli ospedali di comunità. Anzi, il turn over è di nuovo bloccato. Nulla per frenare la fuga di operatori e operatrici sanitari dal Ssn.
Decrescita evitabile
Era possibile fare diversamente? Assolutamente sì. Prova ne sono gli emendamenti che la Cgil aveva presentato durante l’audizione in Commissione Bilancio della Camera. Emendamenti non presi in considerazione, né dal governo né dai partiti della maggioranza di destra. A ricordarlo è ancora Barbaresi. “Avevamo presentato modifiche per una manovra utile alle persone, di valore, partendo da un adeguato aumento del Fsn, anche attraverso un progressivo incremento, fino a raggiungere l’investimento del 7,5% sul Pil. Invece il governo ha fatto la scelta opposta, riducendo ulteriormente il finanziamento già al minimo storico. Così la sanità pubblica continua ad essere in difficoltà nell’offrire alle persone un’assistenza universale e si limita il diritto alla salute come prevista dalla nostra Costituzione”.
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