Meloni sogna per l’Italia il nucleare che ancora non c’è, quello da fusione

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La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è intervenuta ieri all’Abu Dhabi Sustainability Week in corso negli Emirati, firmando un partenariato strategico tripartito tra l’Italia, gli Emirati Arabi Uniti e l’Albania per la cooperazione transfrontaliera nel settore dell’energia verde.

Durante la cerimonia, Meloni è tornata a tratteggiare qual è la “transizione energetica” che ha in mente per il Paese, soffermandosi in particolare sul nucleare da fusione.

«Serve costruire un mix energetico equilibrato, fondato sulle tecnologie già in uso, su quelle che stiamo sperimentando e su quelle che dobbiamo ancora scoprire – ha dichiarato Meloni – Non mi riferisco solo alle energie rinnovabili, ma anche al gas, ai biocarburanti, all’idrogeno verde e alla cattura della anidride carbonica – senza dimenticare la prospettiva del nucleare da fusione, tecnologia potenzialmente in grado di produrre energia pulita, sicura e per di più illimitata e di trasformare l’energia da arma geopolitica a risorsa ampiamente accessibile, di fatto cambiando la storia. L’Italia sta facendo la propria parte in questa direzione, e ha per questo ospitato a Roma la prima riunione del Gruppo mondiale per l’energia da fusione promosso dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea)».

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La fusione è quella reazione nucleare in cui due nuclei atomici si uniscono per formarne uno più pesante: è quanto avviene continuamente nelle stelle, a partire dal Sole, generando una quantità enorme di energia. La fusione rappresenta il contrario della fissione, sulla quale si basano le attuali centrali nucleari: in questo caso un nucleo atomico si divide in due nuclei più leggeri, liberando energia.

Il fatto è che non è per niente facile portare in sicurezza la fusione nucleare sulla Terra, tant’è che i primi impianti commerciali potrebbero essere sul mercato non prima del 2050 a essere molto ottimisti, ovvero quando l’obiettivo delle emissioni nette zero dovrà già essere stato raggiunto per evitare gli effetti più devastanti della crisi climatica già in corso. Bene dunque investire sulla ricerca di settore, ma senza distogliere risorse dalle tecnologie più efficaci già oggi disponibili – ovvero le fonti rinnovabili – e senza ritardare la transizione.

«Evocare una “svolta storica” dell’energia da fusione nucleare come ha fatto la presidente del Consiglio Meloni significa offrire false speranze, proprio in un momento in cui, come dice la stessa premier, serve un “approccio pragmatico” – ha spiegato recentemente nel merito Nicola Armaroli, direttore di ricerca al Cnr e co-fondatore di Energia per l’Italia – La fusione nucleare, infatti, non è oggi un’opzione energetica: è un campo di ricerca con grande potenziale, ma che non potrà contribuire alla decarbonizzazione, almeno per i prossimi 30 anni, quelli cruciali per evitare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico. Questo perché anche uno dei progetti più ambiziosi a livello mondiale sulla fusione, Iter (cui collabora anche il Cnr, ndr), che prova a coniugare i principali filoni di ricerca, anche se riuscisse nell’impresa di centrare tutti gli obiettivi nei tempi previsti, non potrebbe avere come risultato finale quello della commercializzazione dell’energia da fusione nucleare a confinamento magnetico prima di 50 anni. Le tecnologie per decarbonizzare efficacemente e in tempi brevi le abbiamo già: sono il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico, il geotermico, le biomasse sostenibili, i sistemi di accumulo e le reti digitalizzate. A queste tecnologie va data la priorità assoluta a voler essere il più possibile pragmatici».

Dal punto di vista del marketing politico, invece, l’insistenza della presidente Meloni sulla fusione le permette di mantenere teoricamente intatte le ambizioni di rinascita nucleare che accarezza la destra, senza però prendere impegni precisi sullo sviluppo di una filiera industriale da fissione – che porterebbe semmai a rincari per la produzione di energia, anziché renderla più economica – e la relativa localizzazione delle centrali. Da ultimo è stato il Consiglio regionale del Veneto ad approvare (all’unanimità) un emendamento per dire no alle centrali, mentre il Governo nazionale non sta riuscendo neanche a localizzare l’unica infrastruttura nucleare utile per il Paese: il Deposito unico per i rifiuti radioattivi, stimandone l’operatività non prima del 2039.

«Insistere sulla fusione nucleare è come promettere il teletrasporto per superare il caos treni: bello, ma ancora non esiste – commenta Annalisa Corrado, europarlamentare e responsabile Conversione ecologica del Pd nazionale – Ai cittadini italiani, che pagano le bollette più alte di un’Europa già gravata dal costo dell’energia, servono risposte concrete, e servono subito. Per questo abbiamo proposto una legge sull’Acquirente Unico che torni ad essere un grande gruppo di acquisto a controllo statale, e stiamo insistendo ovunque per un rilancio serio delle rinnovabili».



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