obblighi delle ASD/SSD sulla sicurezza per i Co.Co.Co

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Riflessioni sugli obblighi delle ASD/SSD in materia di sicurezza sul lavoro nel lavoro sportivo, in particolare per i Co.Co.Co sotto il tetto dei 5000,00 euro di compenso annuo. L’argomento prescelto, per la presente nota di approfondimento, è di recente applicazione ma molto è stato già scritto in merito ai suoi diversi aspetti tranne per uno che, a parere della scrivente, ha bisogno di altri spunti di riflessione poiché il legislatore, nella sua tecnica, non acclara in modo palese se intenda “assodati o meno” alcuni obblighi datoriali. Parliamo degli adempimenti prevenzionistici per le Co.co.co. sportive sotto i 5000,00 euro in osservanza al T.U. 81/08 e s.m.i
Si rende comunque sempre opportuna una breve riflessione pratica e di natura gestionale relativamente alla questione sicurezza sul lavoro e sulla difficoltà operativa di chi è chiamato a vigilare sulla sicurezza ma che è condivisibile anche da parte di chi la sicurezza deve gestirla e sposarla. Con l’inizio delle stagioni sportive le ASD/SSD si sono apprestate a regolarizzare i lavoratori, contrattualizzandoli con differenti tipologie contrattuali. Ma la questione è quali gli obblighi e adempimenti per la sicurezza sui luoghi di lavoro che i legali rappresentanti hanno dovuto adempiere in particolare per quelle forme di avviamento parasubordinato? Sport sì, ma anche salute e sicurezza.
Per approfondimenti alla luce della riforma dello sport, abbiamo predisposto il volume La riforma dello sport-Tutto ciò che entra in vigore dal 1° luglio 2023

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Indice

1. La sicurezza sul lavoro e la sua motivazione


Chi si occupa di sicurezza sul lavoro, come gli ispettori del lavoro, conosce bene le dinamiche di questo mondo: tanta difficoltà nel far rispettare le norme ai lavoratori, mancanza di attenzione da parte di alcuni datori di lavoro, disinteresse e menefreghismo diffuso da parte dei lavoratori rispetto a un tema che dovrebbe invece riguardare tutti.
Ma uno dei problemi più grandi di chi si occupa di questa materia è quello di riuscire a far accettare le indicazioni di legge a tutti i livelli: che si tratti di convincere l’operaio a indossare un DPI o di “spronare” in diverse fasi del processo produttivo (sia a livello preventivo e promozionale prevenzionistico che in una fase successiva durante l’accesso ispettivo) il Datore di Lavoro ad aumentare l’attenzione sul tema senza bypassarlo.
 La domanda che noi ispettori del lavoro ci poniamo sempre prima e durante l’accesso ispettivo è: come fare per convincere le persone a sposare la causa della sicurezza sul lavoro? Come far capire agli operatori che il giusto atteggiamento può addirittura salvare la vita? Come chiarificare il bene tutelato dal Legislatore? Certo la questione non è semplice e spesso ci si trova a notare delle espressioni diversificate ed a volte a subire le “ire” di chi non ha compreso (o non ha voluto intendere).
La “svolta” nella sicurezza è comprendere che i soli aspetti tecnici e normativi non sono sufficienti. Dire a qualcuno di fare qualcosa “perché lo dice la legge” o “perché ti salva la vita” è spesso inefficace o valido solo nel brevissimo tempo…e questo noi ispettori lo sappiamo bene quando sul cantiere spieghiamo agli operai dove è errato il loro comportamento e dove il datore di lavoro/committente o i vari professionisti hanno sbagliato valutazione. Certo è che la questione è più complessa laddove la norma, volutamente, non è cosi chiara lasciando agli operatori largo margine di riempimento…ma questo non può venire a scapito della sicurezza sul lavoro.
Tutti noi dobbiamo necessariamente essere altamente competenti, comunicativi ed empatici in tutte le relazioni (con i datori di lavoro, con i professionisti, con i lavoratori e anche con gli avvocati) al fine di riuscire a trasferire le nostre conoscenze tecniche e le nostre consapevolezze a tutte le persone interessate. Dopo tanti anni di esperienza sul campo, dopo aver assistito ad infortuni, dopo aver visto morti sul lavoro ci si chiede: a che serve sapere le cose giuste da fare se non si riesce a convincere nessuno a farle? La conoscenza della norma da sola rischia di non essere sufficiente a costruire una solida cultura della sicurezza che riesca a far vivere bene i lavoratori ed a garantire ogni sera il ritorno a casa, indenne da ogni danno. Spesso purtroppo la sicurezza sul lavoro è percepita come una pesante e noiosa serie di attività “inutili”, un mero adempimento burocratico e un rallentamento delle attività produttive oltre che una sorta di “foraggiamento” di un business inutile e non produttivo: “la sicurezza non è un tavolo da disegno” mi disse un caro architetto. La sicurezza cambia alla stessa velocità con cui cambia il dinamismo delle azioni dei lavoratori in cantiere come in un ufficio o in altro luogo di lavoro. La difficoltà nel condividere e far rispettare quei comportamenti virtuosi, che salveranno la vita ai lavoratori, è chiara a chiunque abbia una certa esperienza sul campo. In ambito sportivo l’atteggiamento del legislatore è stato nel tempo diversificato, ma se facciamo caso a chi vive di lavoro sportivo, a chi è rivolto il lavoro sportivo allora la questione desta un interesse meritevole e una particolare attenzione anche sotto l’aspetto sicurezza sui luoghi di lavoro sia personale che collettiva. Dobbiamo unitamente e sinergicamente (datori di lavoro e organi di vigilanza) creare cultura della sicurezza per trasformare un obbligo in qualcosa di coinvolgente, ragionando sul lungo termine investendo risorse e mezzi adeguatamente idonei e sempre buon materiale. Il benessere organizzativo deve divenire un bene comune, un bene per tutti, a prescindere dai ruoli. Affinché questo avvenga dovremmo abbandonare il pensiero verticale dei ruoli per arrivare a sentire che tutti in un luogo di lavoro, prima di essere Datori di Lavoro, RLS, Lavoratori, siamo persone al lavoro. Se partiamo da questa nuova visione, ci accorgiamo che siamo tutti dalla stessa parte… è il primo passo verso la Cultura della Sicurezza.  Per approfondimenti alla luce della riforma dello sport, abbiamo predisposto il volume Risvolti operativi della riforma dello sport

Risvolti operativi della riforma dello sport

Quanti Registri sportivi esistono al momento, a quali devono iscriversi le ASD e le SSD, e a che fine? Cosa si intende per “attività sportiva”? È vero che acquisire la personalità giuridica da parte delle ASD comporta importanti vantaggi e sarà un procedimento semplice? Sarà davvero necessario modificare lo statuto dei sodalizi sportivi? Si potranno veramente distribuire utili nelle SSD?Sono solo alcune delle tante domande che gli Enti Sportivi Dilettantistici, per i quali anche il perimetro definitorio è stato toccato dalla Riforma, si stanno ponendo da mesi, da quando cioè è entrata in vigore la Riforma dello sport, attuata dal “pacchetto” di decreti legislativi emanati nel 2022, operativi dal 1° luglio 2023 e già oggetto di due modifiche:una dell’ottobre 2022 (d.lgs. n. 163/2022), l’altra preannunciata da tempo e pubblicata in Gazzetta Ufficiale solo il 4 settembre col decreto “Correttivo-bis” (d.lgs. 29 agosto 2023, n. 120).Che il settore sportivo stia attraversando un periodo di grande fibrillazione è cosa ben nota a coloro che in (o di) questo mondo vivono: la Riforma dello sport, accanto alle inevitabili necessità di trasformazione che ogni novella porta con sè, ha originato infiniti dubbi e provocato accesi dibattiti interpretativi.Senza entrare nel merito del lavoro sportivo – il cui impatto è tale da aver reso necessaria la pubblicazione di un volume di approfondimento a parte – i temi affrontati in questo libro costituiscono, ognuno per la parte di competenza, i pilastri su cui si andrà a definire l’assetto dello sport dilettantistico dei prossimi anni: studiarli, destreggiarsi tra le nuove norme e conoscerne le implicazioni pratiche farà la differenza tra essere protagonisti del cambiamento o subirlo senza riuscire a governarlo.

Barbara Agostinis, Stefano Andreani, Gianpaolo Concari, Donato Foresta, Fabio Romei, Patrizia Sideri, Giuliano Sinibaldi, Maria Cristina Dalbosco | Maggioli Editore 2023

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2. Le CO.CO.CO in ambito sportivo dilettantistico


Molto è stato detto relativamente alla riforma del lavoro sportivo, introdotta con D.Lgs 36/2021 che ha provveduto a qualificare i rapporti di collaborazione con le ASD/SSD come forma di lavoro ( “autonomo” o “subordinato”) e le medesime ASD/SSD come datori di lavoro e pertanto soggetti all’ambito di applicazione e vigenza del D.Lgs 81/08 e s.m.i ( a titolo esemplificativo ma di ordine primario per esempio con l’obbligo dell’ identificazione dei rischi, della valutazione  di tutti i rischi e redazione DVR, della nomina figure della sicurezza in primis del RSPP, dell’ applicazione misure di protezione e sicurezza, del coordinamento e della redazione del DUVRI, degli obblighi di formazione ed informazione ed addestramento, e della sorveglianza sanitaria).
La riforma impatta in maniera particolare sullo sport dilettantistico, che comprende la stragrande maggioranza degli operatori del settore: Associazioni e società sportive dilettantistiche. I punti di interesse della riforma hanno riguardato sia gli aspetti amministrativi gestionale che quelli prevenzionistici in ordine gli adempimenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro anche con particolare attenzione alla forma di reclutamento con le Co.Co.Co sportive.
Nel suddetto decreto il legislatore prevede la possibilità che il lavoratore sportivo venga reclutato e contrattualizzato come autonomo con partita Iva “sportiva”, oppure come autonomo in co.co.co. “sportivo”, oppure con gli altri contratti ordinari. I Co.co.co. “tradizionali” sono rapporti di lavoro para-subordinato, che sono cosa diversa rispetto ai lavoratori dipendenti. Il lavoro para-subordinato è una via di mezzo tra subordinato e autonomo, un rapporto di lavoro con cui ci si impegna a svolgere attività lavorativa per un altro soggetto, coordinato ma senza vincolo di subordinazione! Il reddito conseguente, fiscalmente, viene considerato reddito da lavoro dipendente mentre il rapporto di lavoro resta, giuridicamente, autonomo.
In ambito sportivo, il concetto di Co.Co.Co. Sportivo riveste un ruolo fondamentale nella definizione dei rapporti lavorativi. Tale modalità contrattuale implica l’assunzione di un collaboratore sportivo che si obbliga a svolgere un’attività, che può consistere nella realizzazione di un’opera o nella fornitura di un servizio, con un impegno di natura sostanzialmente personale e su base regolare. Il tutto avviene nell’interesse e sotto la guida dell’ente o dell’individuo che commissiona il lavoro, garantendo al contempo una gestione autonoma del proprio orario e metodi di lavoro, in assenza di un rapporto di dipendenza gerarchica.
Per quanto riguarda le condizioni specifiche relative alle collaborazioni Co.Co.Co. nel settore sportivo, ci sono diversi aspetti da considerare:

  • Limitazioni Orarie: la durata dell’impegno lavorativo dei collaboratori non deve eccedere le 24 ore settimanali. Questo limite non include il tempo dedicato alla partecipazione effettiva in gare o eventi sportivi.
  • Contrattualistica: è necessario formalizzare la relazione di lavoro attraverso un contratto di Co.Co.Co. Sportivo, che definisce i termini e le condizioni della collaborazione.
  • Coordinamento delle Prestazioni: le attività svolte dal collaboratore devono essere coordinate e conformi ai regolamenti tecnici-sportivi delle federazioni FSN-DSA-EPS, garantendo l’aderenza agli standard professionali e organizzativi del settore.
  • Modalità di Pagamento: i compensi dovuti al collaboratore devono essere erogati attraverso metodi di pagamento tracciabili, come il bonifico bancario, per assicurare la trasparenza e la regolarità finanziaria

In relazione agli obblighi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro si può sostenere con certezza che gli obblighi in capo al legale rappresentante della ASD\SSD (responsabile dell’ente sportivo  per la tutela di ogni persona presente nel luogo sportivo e datore di lavoro ai fini della sicurezza sui luoghi di lavoro ) in quanto tale sia ai sensi del c.c. (artt 2043 e 2050 cc) anche ai sensi dell’art 2 del T.U. 81/08 comma 1 lett b) ( soggetto titolare del rapporto di lavoro  con il lavoratore o comunque il soggetto,  nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita poteri decisionali e di spesa) riguardano in primis la  valutazione di tutti i rischi con la conseguenziale  elaborazione  del Documento di valutazione dei rischi ( ex art 29, comma 1 del T.U. 81/08 secondo il contenuto di cui all’art 28, c.1  medesimo T.U. e secondo le modalità di indelegabilità dell’obbligo di cui all’art 17 T.U. 81/08, previa nomina del RSPP con cui il Datore di lavoro deve collaborare).
Ai lavoratori sportivi, come rientranti nella definizione di cui all’art 25 del D.lgs 36/2021, si applicano le disposizioni di cui al T.U. 81/08 ma bisogna tener presente le varie differenze a seconda delle forme di avviamento contrattuale.
Per quanto attiene alla sorveglianza sanitaria, si ribadisce che tutti i lavoratori sportivi ( ad eccezione di alcuni) vanno sottoposti a controlli medici e l’idoneità alla mansione, ove non riferita all’esercizio dell’attività sportiva, è rilasciata dal medico competente il quale utilizza la certificazione rilasciata dal medico sportivo. Rileva a tal proposito un obbligo datoriale in tal senso.
I lavoratori sportivi, invece, reclutati come parasubordinati con compenso inferiore a € 5.000/anno possono beneficiare della sorveglianza sanitaria e possono partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte (art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/08).
La ratio del legislatore è nel senso di applicare delle particolari semplificazioni allorquando le ASD/SSD si avvalgono esclusivamente di collaboratori a titolo gratuito o di Co.Co.Co sportivi con compensi di importo non superiore a € 5000,00. In tal senso la regola segue la disposizione valida per i rapporti di lavoro autonomo cosi come disciplinata dal legislatore all’art 21 del T.U. 81/08 rammentando però che i co.co.co rientrano nell’ambito della cosiddetta “parasubordinazione”, ossia quel mondo professionale che si pone al confine tra il lavoro autonomo e la subordinazione. 
Riassumendo per i lavoratori sportivi autonomi con compensi annui non superiori a 5mila euro, si applica l’articolo 21, comma 2, del Testo Unico, che prevede il diritto di usufruire della sorveglianza sanitaria e partecipare a corsi specifici sulla salute e sicurezza sul lavoro.
Gli adempimenti in capo al datore di lavoro/committente si possono riassumere: obbligo di informazione ex art 36 D.Lgs 81/08 e consegna dei DPI se previsti e valutati nel DVR. Non si può certo obbligare il DL a fornire adeguata e sufficiente formazione in materia di salute e sicurezza ex art 37 D.Lgs 81/08 né far sottoporre a sorveglianza sanitaria ex art 41 medesimo T.U. i lavoratori avviati come co.co.co. sportivi al di sotto del compenso annuo di € 5000,00.
Ad oggi però sarebbe opportuno, anche a seguito della novella del D.L. 48/2024, conv in L. 85/2024, cd “Decreto lavoro” riflettere sulla obbligatorietà della sorveglianza sanitaria in caso di lavoratori parasubordinati, in quanto risulta ampiamente superato il criterio della sorveglianza basata su un elenco chiuso di casi (“rischi normati e nominati”), valorizzando invece i risultati della valutazione dei rischi ( “rischi valutati”). A “guidare” la sorveglianza sanitaria non è più il legislatore (o meglio, non è più solo il legislatore), ma è la valutazione dei rischi di ogni singola organizzazione e considerato quanto sopra detto, circa l’obbligo del datore di lavoro sportivo di redazione ella valutazione dei rischi, si rende necessario ed auspicabile un ripensamento di tal fatta in modo da armonizzare l’art 21 e l’art 41 del T.U. 81/08 almeno per i lavoratori parasubordinati (non esattamente e propriamente da considerare lavoratori autonomi).
Non da meno sarebbe da riflettere sull’obbligatorietà della formazione ex art 37 T.U. 81/08 del datore di lavoro, considerata l’importanza di una adeguata e sufficiente formazione  su tutti i rischi a cui il lavoratore è esposto in occasione della sua prestazione.
Giova ancora ricordare però, ma non si tratta certo di una consolazione, che l’obbligo di informazione art 36, c. 1 e 2 TU 81/2008  prevede che: “Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale; b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro (…)2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;(…)4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.”
Quindi una adeguata informazione al lavoratore è indicativa di un sistema archetipo prevenzionistico completo ed efficiente come conviene a un buon datore di lavoro che protegge, tutela e previene i rischi in occasione della esecuzione della prestazione lavorativa da parte del lavoratore a prescindere dalla tipologia con cui viene resa la prestazione di lavoro.

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