Tecnologia al potere. Internet e i nuovi rischi per la democrazia

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Appartiene allo stile paranoide del dibattito politico domestico l’accusa veementemente scambiata tra maggioranza e opposizione in Parlamento di essere fan, l’opposizione, di un uomo pericoloso quale George Soros e di essere fan – la maggioranza – di un sovversore globale quale Elon Musk. 

L’ opposizione, in particolare, pare dispersa in una nube di dissonanza cognitiva. 

Eppure alcuni dati clamorosi dovrebbero obbligare tutti quanti a sollevare lo sguardo, oltre il cortile. 

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Il primo: siamo entrati da alcuni decenni in una tempesta di accelerazione e sviluppo delle forze produttive umane e, a quanto sembra, post-umane e transumane.

I chip, internet, le biotecnologie, la scoperta e la creazione di nuovi materiali, la fusione nucleare, lo slancio verso nuovi pianeti, l’Intelligenza Artificiale… si vengono combinando in un gigantesco salto quantico, verso le orbite sconosciute dell’homo sapiens. Sta accadendo adesso.

Queste potenze hanno cognomi e gambe, battono ogni angolo del pianeta, scavalcano agevolmente ogni frontiera. E gli Stati-nazione? Solo trampolini di lancio verso il Pianeta e oltre. 

L’autocoscienza teorica di questo movimento tellurico non è qualitativamente diversa da quella che nella seconda metà dell’800 accompagnò l’avvio esplosivo della Seconda rivoluzione industriale e che culminò nel Positivismo, di cui furono corifei Saint-Simon e Comte.

La Scienza e la Tecnologia avrebbero dischiuso orizzonti di liberazione all’umanità intera. Comte: “L’uomo non può agire che secondo le leggi naturali, ma con la conoscenza di queste leggi egli può determinare il corso degli eventi per il progresso della società”.

Il movimento operaio socialdemocratico tedesco ne fu fortemente segnato. Ma anche quello bolscevico, dall’elettrificazione di Lenin al bio-comunismo di Trotsky. In fondo, il socialismo di Marx pretendeva di essere “scientifico” e perciò prevedeva con toni entusiasti che il processo di integrazione della scienza nel processo produttivo avrebbe generato una “coscienza enorme”.

Insomma, il Positivismo era “di sinistra”. La reazione idealistica e spiritualistica non si fece attendere da parte delle correnti neo-hegheliane, neo-kantiane, cristiane e, soprattutto, da parte della grande scuola filologica tedesca del Wilamowitz  e di F. Nietzsche.

I “Positivisti” del XXI secolo nutrono le stesse convinzioni ottimistiche e progressiste dei loro bisnonni rispetto al ruolo della scienza e della tecnologia. Con alcune differenze di fondo. 

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Bill Gates, Ray Kurzweil, Steve Jobs, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Sam Altmann, Peter Thiel, Elon Musk… non sono filosofi, sono scienziati, ingegneri, tecnologi e, soprattutto, imprenditori.

Ciò significa, in primo luogo, che la produzione ha completamente assorbito la scienza nel processo produttivo nella forma della tecnologia. La coscienza enorme si è realizzata!

In secondo luogo, le forze produttive che essi sono e simboleggiano sono totalmente intrecciate con i rapporti di produzione capitalistici. Non potrebbe essere diversamente.

Intendendo tuttavia l’espressione “rapporti di produzione” non solo come proprietà privata dei mezzi di produzione, ma come il complesso delle condizioni culturali, legali e istituzionali che avvolgono e incarnano il processo produttivo in un determinato Stato in un determinato territorio. 

Ora, pare che siamo arrivati ad un nuovo stadio della dialettica marxiana forze produttive/rapporti di produzione – contraddizione che fu già indicata da K. Marx e F.  Engels come rivoluzionaria – nel quale le nuove potenti forze produttive si scontrano, oggi 2025, con l’ostacolo dei rapporti di produzione del capitalismo democratico.

Questo scontro viene ideologicamente descritto da P. Thiel, ideologo e imprenditore, come conflitto tra “Internet” e “democrazia” e, similmente, da E. Musk come conflitto tra le libertà dell’individuo e gli assetti istituzionali democratico-liberali.

Il dinosauro della democrazia, fondata sul DISC (Distributed Idea Suppression Complex, cioè sulle organizzazioni mediatiche, sulle burocrazie, sulle Università e sulle ONG finanziate dallo Stato), starebbe per scomparire con l’avvento luminoso di Internet come i suoi antenati con l’arrivo del meteorite.

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Questa è la nuova “apocalisse”, la “rivelazione” di cui fantastica P. Thiel, sulle orme dell’elaborazione filosofica consegnata dall’antropologo René Girard al libro “Des choses cachées depuis la fondation du monde”.

In questo scenario Trump porta, consapevole o no, la maschera del nuovo Messia. L’idea semplice è che la tecnologia è liberazione, sviluppo, progresso, futuro e che le tradizioni, le culture, le istituzioni democratiche, le leggi che ne ostacolano l’avanzata devono essere spazzate via.

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Le forze politiche liberali – negli USA i Repubblicani e i Democratici – e la rete delle istituzioni che hanno steso sull’Occidente sono un freno per “le magnifiche sorti e progressive”.

Pertanto tutto ciò che destabilizza le democrazie dell’Occidente è perfettamente funzionale al disegno globale, quello di affermare il nuovo complesso informatico-industriale-militare, senza freni, proteso oltre sé stesso, verso la conquista della terraferma – incominciando dalla Groenlandia – per abitare gli Oceani, la Luna e Marte.

Elon Musk non è certo filo-nazista, ma sponsorizza AFD. E Trump? Si dà tra questa “New Wave” e il nuovo Presidente una convergenza provvisoria ed un uso reciproco, ma le finalità e gli orizzonti sono diversi e forse divergenti. 

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Anche perché resta nebuloso e incerto il quid che i suddetti vogliono mettere al posto della gloriosa democrazia liberale, fondata sulle libertà individuali e sulle istituzioni che le proteggono. Si deve registrare un’oscillazione tra il libertarismo assoluto “à la Milei” e le nostalgie platoniche di chi pensa che la democrazia degeneri rapidamente in tirannide. Costoro alimentano e teorizzano l’idea che serva una nuova classe di aristocratico-tecnologi. Platone li definirebbe “aristo-tecnoi”? 

Se qualche forza di destra o di sinistra trovasse pericolosa e perciò volesse tenere sotto il controllo di leggi e di istituzioni democratiche la fusione in corso tra “coscienza enorme” e “impero”, dovrebbe porsi una domanda.

Perché non abbiamo visto arrivare sulle nostre coste un tale tsunami, senza che ne avvertissimo l’impatto antropologico, culturale, istituzionale?

Se mettiamo sotto la lente le culture politiche e le policies dei partiti dell’Europa continentale, si deve constatare che è mancata una politica dello sviluppo delle forze produttive, dall’automotive, all’energia nucleare, all’I. A.

Ci siamo dedicati a scontrarci sulla gestione delle conseguenze socio-antropologiche e dei conflitti sovrastrutturali relativi, in termini  più o meno inclusivi – donde il dogma della Diversity, Equity, Inclusion (DEI) –  più o meno liberal o più tradizionalisti, comunque con politiche principalmente welfaristiche e distributive, più o meno regolative.

La democrazia liberale può funzionare efficacemente come “regolatore” dello sviluppo solo se funziona anche come “facilitatore” del progresso scientifico e tecnologico, del sapere, del sistema educativo. L’allentamento del nesso tra democrazia liberale e sviluppo ha aperto la strada all’Imperium. 

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