Una centrale fotovoltaica a ridosso dell’area monumentale di Aquileia.

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Il titolo della nota opera di Francisco Goya ben si potrebbe prestare per la situazione creatasi con l’approvazione – al termine della relativa procedura di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) del progetto di centrale fotovoltaica proposto dalla Renantis Italia s.r.l. nella campagna friulana della Strada San Zili – Casa Bianca, a ridosso dell’area monumentale di Aquileia (UD).

Il progetto, dopo un lungo esame e nonostante una sfilza di pareri contrari da parte della Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli – Venezia Giulia, del Comune di Aquileia, dell’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, della Fondazione Aquileia, è stato autorizzato con prescrizioni di mitigazione ambientale con decreto direttoriale Difesa Ambiente ed Energia della Regione Friuli – Venezia Giulia n. 55197 del 13 novembre 2024.

centrale fotovoltaica

17.524 pannelli fotovoltaici alti metri 2,44 dal suolo, per una potenza complessiva di 9.989 kwp su 21 ettari, quattro cabine di campo, cavidotto lungo 6 chilometri verso la cabina primaria “Belvedere”, incombente sull’area storica, archeologica, culturale di Aquileia, tutelata con vincolo archeologico fin dal 1931 e da vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).

L’intera area rientra nel patrimonio mondiale dell’umanità, sotto l’egida UNESCO, fin dal 1998 (sito UNESCO IT_825 “Area Archeologica di Aquileia e Basilica Patriarcale”).

Consentire il degrado del contesto ambientale e paesaggistico di Aquileia per la realizzazione a fini speculativi di un impianto industriale di produzione energetica è semplicemente una scelta folle e assurda.

L’associazione ambientalista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) invita fortemente la Regione autonoma Friuli – Venezia Giulia a rivedere drasticamente le autorizzazioni rilasciate.

sito UNESCO IT_825 “Area Archeologica di Aquileia e Basilica Patriarcale”, zona di rispetto esistente e ampliamento proposto

I motivi del “no” al Far West energetico.

Essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto.

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Ma non sono solo le associazioni e i comitati realmente ambientalisti a sostenerlo.

Qualche sintetica considerazione sulla speculazione energetica in corso in Italia è stata svolta autorevolmente dalla Soprintendenza speciale per il PNRR, che, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “… è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) … tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno … previsto … a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024)”.

Qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria

Il fenomeno della speculazione energetica, oltre che in Sardegna, è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appennnici.

centrale eolica

Ma nemmeno siti monumentali come Aquileia ne sono esenti, purtroppo.

In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 agosto 2024 risultano complessivamente ben 5.999 pari a 342,10 GW di potenza, suddivisi in 3.850 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 151,45 GW (44,27%), 2.017 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 107,82 GW (31,52%) e 132 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 82,83 GW (24,21%).

Un’overdose di energia potenziale che non potrebbe esser nemmeno esser consumata. Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti).

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Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche, che – oltre ai certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Ternainvia specificiordiniperridurreo aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata.  I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.

Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”.   In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.

Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”..

Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.

centrale fotovoltaica in area agricola

Che cosa si potrebbe fare.

Dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.

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Inoltre, come afferma e certifica l’I.S.P.R.A. (vds. Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/202)), è molto ampia lasuperficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, considerando una serie di fattori che possono incidere sulla effettiva disponibilità di spazio (presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici).

Dai risultati emerge che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 km quadrati. In sostanza, si spiega, “ipotizzando tetti piani e la necessità di disporre di 10,3 m2 per ogni kW installato, si stima una potenza installabile sui fabbricati esistenti variabile dai 73 ai 96 GW”. A questa potenza, evidenziano i ricercatori dell’Ispra, si potrebbe aggiungere quella installabile in aree di parcheggio, in corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree dismesse o in altre aree impermeabilizzate; “ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che, sfruttando gli edifici disponibili, ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa fra 70 e 92 GW”.

Energia producibile senza particolari impatti ambientali e conflitti sociali.

tetti fotovoltaici (da Google Earth)

Che cosa può fare ognuno di noi.

Il GrIG in questi mesi numerose volte ha proposto a Stato, Regioni e Province autonome considerazioni e proposte che puntano all’utilizzo delle aree già compromesse (es. zone industriali, siti degradati, ecc.) e delle coperture di edifici industriali, commerciali, residenziali per il posizionamento specifico di pannelli fotovoltaici, così come suggerito da ricerche E.N.E.A. e I.S.P.R.A., soprattutto ora che Regioni e Province autonome, dopo l’emanazione del  D.M. Ambiente 21 giugno 2024 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili). sono chiamate a individuare con legge regionale e provinciale le aree idonee e non idonee per la realizzazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili e a incrementarne la potenza installata (il Friuli – Venezia Giulia è impegnato a incrementarla di MW 1.960 al 2030).

Tuttavia, nessun cittadino che voglia difendere il proprio ambiente e il proprio territorio, salvaguardando contemporaneamente il proprio portafoglio, può lavarsene le mani.

Quanto sta accadendo oggi in Italia nell’ambito della transizione energetica sta dando corpo ai peggiori incubi sulla sorte di boschi, campi, prati, paesaggi storici del nostro Bel Paese.

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Il sacrosanto passaggio all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua) dalle fonti fossili tradizionali (carbone, petrolio, gas naturale) in assenza di pianificazione e anche di semplice buon senso sta favorendo le peggiori iniziative di speculazione energetica.

E’ ora che ciascuno di noi faccia sentire la sua voce: firma, diffondi e fai firmare la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!

La petizione popolare, promossa dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), si firma qui https://chng.it/MNPNNM9Q62. Ormai siamo ben più di 20 mila ad averlo già fatto.

Siamo ancora in tempo per cambiare registro.

In meglio, naturalmente.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Aquileia, Basilica patriarcale di S. Maria Assunta, mosaico

dal sito web della Fondazione Aquileia, 10 gennaio 2025

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Aquileia: Un mega progetto di impianto fotovoltaico mette a rischio il futuro parco archeologico.

Grande allarme sta suscitando il progetto per la realizzazione di un parco fotovoltaico ad Aquileia, in località San Zili-Casa Bianca, a nord-est del centro abitato. L’impianto, di potenza nominale elettrica pari a 9.989 kWp, si estenderebbe su un’ampia superficie complessiva di 210.000 metri quadrati e avrebbe una vita stimata di 30-35 anni. Per mezzo di un cavidotto interrato, l’impianto verrebbe collegato alla cabina primaria di Belvedere, con un lunghissimo tragitto di quasi sei chilometri in parte attraverso il centro abitato.

L’ambito paesaggistico su cui è previsto l’impianto è quello tipico dei terreni agricoli di bonifica, che in questo settore verrebbe perciò completamente alterato. Ciò che desta molta preoccupazione è la localizzazione a ridosso della zona “cuscinetto” (buffer) del sito UNESCO di Aquileia, che è stata approvata dal Comitato del Patrimonio Mondiale nel 2018 quale ulteriore protezione del perimetro del sito (core zone) divenuto Patrimonio dell’Umanità nel 1998. La scelta del luogo e il percorso del cavidotto comportano inoltre una pesante interferenza con importantissime evidenze archeologiche dell’antico centro, fondato nel 181 a.C. e divenuto la nona città dell’impero nel IV secolo. Come evidenzia il direttore della Fondazione, Cristiano Tiussi, e come documenta ampiamente il parere della Soprintendenza, nei terreni interessati dal progetto passava infatti la grande strada romana che da Aquileia portava a Trieste, lungo la quale si allineavano ricchi recinti funerari di importanti famiglie, in parte individuati nell’Ottocento: non a caso, a breve distanza da qui fu rinvenuto il Grande Mausoleo, poi ricostruito nel 1956 all’interno del centro abitato, accanto al foro. Su questo asse viario convergevano però anche altre strutture e edifici, che caratterizzavano la fascia del suburbio più prossima alla città.  Il cavidotto tra Aquileia e Belvedere, infine, si svilupperebbe per buona parte in adiacenza alla SR 352, sovrappostasi quasi perfettamente al cardine massimo di Aquileia, e quindi ancora una volta in una fascia a forte rischio di ritrovamento di contesti funerari, anche legati agli edifici di culto paleocristiani.    

centrale eolica

Proprio in virtù di queste importanti testimonianze del passato, nella Conferenza di servizi che si sta svolgendo in questi mesi sotto la guida della Regione la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia e il Comune di Aquileia hanno espresso il proprio parere contrario, mentre la Fondazione Aquileia, come soggetto interessato, ha trasmesso una propria nota, evidenziando come il CdA della Fondazione avesse approvato, il 24 aprile 2024, il nuovo Piano di gestione, nella quale si è delineata una proposta di ampliamento della zona cuscinetto del sito UNESCO incompatibile con la localizzazione dell’impianto. L’iter per l’approvazione del nuovo perimetro è in corso, grazie alla preziosa collaborazione dell’Ufficio UNESCO del Ministro della Cultura.

“Aquileia è un luogo eccezionale, unico, – afferma il Sindaco di Aquileia, Emanuele Zorino – perciò le scelte relative alla collocazione di questi impianti andrebbero operate in maniera oculata e rispettosa della storia del sito e del territorio circostante, lunga più di duemila anni. Naturalmente non si tratta qui di disconoscere l’importanza che le fonti da energia rinnovabile hanno sulla transizione energetica perseguita dal nostro Paese. Al contempo, però, si deve evidenziare che Aquileia e il territorio circostante non sono un luogo qualunque, bensì rappresentano la culla della nostra Regione e il riferimento culturale di un’area molto più vasta dell’Europa centro-orientale.  Questi valori fondativi imporrebbero una sensibilità e un riguardo ben maggiore di quelli che le attuali indistinte normative in materia di impianti di energia rinnovabile permettono di ottenere. L’impatto che l’impianto in oggetto avrebbe dal punto di vista paesaggistico-ambientale sarebbe di per sé fortemente negativo così come fortemente negativi sarebbero gli effetti nei confronti della zona cuscinetto del sito UNESCO e dello stesso perimetro iscritto nel patrimonio dell’umanità. L’ipotesi di ulteriore allargamento della zona buffer testimonia la volontà della comunità di Aquileia di conferire ancora maggiore risalto e protezione ai valori eccezionali universali che stanno alla base dell’iscrizione di Aquileia nella lista UNESCO. Abbiamo la visione e il progetto per una Grande Aquileia capitale della cultura, che sia conosciuta come il Parco Archeologico più importante del Centro Europa e non sicuramente per il parco fotovoltaico che deturpa il paesaggio”.

Anche il Presidente della Fondazione Aquileia, Roberto Corciulo, rileva gli effetti assolutamente controproducenti dell’impianto in progetto: “In questi anni, l’impegno e gli sforzi comuni della Regione, del Ministero, del Comune, degli enti e delle istituzioni che operano ad Aquileia hanno fatto indiscutibilmente segnare non solo una crescita del sito quale attrattore turistico e culturale, ma anche della consapevolezza tra i cittadini della sua importanza. L’impulso alla ricerca, le acquisizioni di terreni e di immobili, le valorizzazioni delle aree conferite stanno delineando in maniera sempre più definita i caratteri del Parco Archeologico di Aquileia, che è il fine statutario della Fondazione. Condividiamo perciò il parere negativo che il Comune e il Ministero della Cultura, attraverso la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, hanno espresso. Mi sembra paradossale che non si possa trovare una collocazione diversa e più rispettosa di un sito patrimonio dell’umanità per un parco fotovoltaico, che è a tutti gli effetti un impianto industriale. Mi chiedo anche come questa scelta possa conciliarsi con l’alto valore percettivo della Basilica patriarcale e del suo alto campanile, segnalato tra i punti di forza del sito UNESCO quale fulcro visivo anche da notevole distanza e da ogni direzione ad ampio raggio. Sarebbe davvero grave se questa improvvida scelta avesse delle ripercussioni sul mantenimento di quei valori eccezionali universali che abbiamo tutti quanti il dovere di trasmettere integri e inalterati alle future generazioni, mettendo a rischio magari il titolo stesso di patrimonio UNESCO come sta avvenendo per altri siti”.      

Aquileia, Cimitero degli Eroi.

(foto da Google Earth, da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)

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