Un turista che si trovi a cercare scendendo da una nave da crociera l’esistenza di un itinerario archeologico completo o di un museo nel quale sia tracciata la storia di Messina, tanto martoriata tra terremoti e bombardamenti, difficilmente troverà qualche indicazione, un indizio, un luogo aperto alla cosiddetta “libera fruizione” in cui potere soddisfare questa legittima curiosità.
Il bellissimo Museo regionale “Accascina” o l’esposizione parziale di alcuni dati e reperti nella ormai pluriennale sede della Soprintendenza ai Beni culturali, nell’ex sito del Buon Pastore, sul viale Boccetta, ne ospitano un nucleo molto parziale.
Certo, gettando appena un occhio distratto ai media ci si rende conto che l’interesse alla nostra storia è ormai molto fuori moda, sono assai più coltivato il nostro imperativo presente e soprattutto il nostro incerto futuro.
Ma a parte il fatto che sia l’uno che l’altro vivono irrimediabilmente ancorati alle radici del nostro passato, senza le quali ogni minima costruzione è incomprensibile e fragile, una consapevole riflessione “politica”, nel senso migliore del termine, sulla sempre più attuale pianificazione futura e “ristrutturazione” di Messina, anche alla luce di disponibilità economiche difficilmente ripetibili, dovrebbe condurre a dare “vita” finalmente in maniera concreta al progetto di un vero, autentico, grande Museo archeologico.
La sede sarebbe quella di cui tante volte, nel passato, si è discusso: il palazzo dell’ex ospedale Regina Margherita, un luogo abbastanza ampio (a proposito, che fine ha fatto il progetto di rifacimento?) da poter ospitare, insieme ai padiglioni di un ampia esposizione, anche gli uffici della Soprintendenza.
Senza dubbio questo è il momento favorevole per rifondare, definire e condurre concretamente a termine questa operazione di grandissimo valore non solo culturale e politico, ma anche, in prospettiva, di notevole rilancio e ritorno turistico ed economico di Messina e della Sicilia.
Il patrimonio archeologico che Messina possiede è immenso. Convogliando in un unico sito migliaia di reperti di eccezionale valore, si realizzerebbe una rassegna ricchissima di dati di grande valore documentario per la ricostruzione storica di Messina, ma anche di alcuni luoghi fondamentali della provincia, con la collaborazione di prestigiose e preparatissime figure di studiosi, che l’Università di Messina e la Soprintendenza hanno al loro interno.
I materiali archeologici, che sono il frutto di tanti decenni di scavi condotti nella città sono migliaia, lo ribadiamo, e giacciono da decenni… in centinaia di cassette in vari magazzini della Soprintendenza.
A questo non si può non collegare l’auspicio, per valorizzare la storia di Messina, che il futuro museo sia intitolato al grande archeologo messinese Giacomo Scibona, di cui proprio oggi ricorre il 16° anniversario della scomparsa. Ebbene, la maggior parte dei fondamenti di questa documentazione archeologica è stata realizzata senza dubbio dall’intensa attività sul campo che Scibona condusse sin dagli anni 60, quando rappresentava per un “gigante” come Luigi Bernabò Brea, un collaboratore insostituibile
La Soprintendenza ai Beni culturali di Siracusa aveva in quegli anni la giurisdizione su cinque province. Erano gli anni del boom edilizio, dell’assalto edificatorio, della cementificazione. E il caso di Zankle-Messana era e rimase sempre il più spinoso e difficile da gestire. A Messina, che può considerarsi un sito emblematico per le ricerche in circostanze particolarmente ostili, Giacomo Scibona fu per lunghi anni il protagonista. Solo sulla base dei suoi innumerevoli scavi urbani, condotti con sacrificio e a volte “rischio” personale, fu possibile elaborare una prima grande carta archeologica della città antica.
Le circostanze, i dati, i riferimenti, l’inestimabile valore di questo lavoro che Scibona concepì sempre come un dovere civile, sono messi in chiara evidenza in un contributo di Paola Pelagatti, accademica dei Lincei e a suo tempo Sovrintendente in Sicilia, nel volume “KTHMA ES AIEI, Studi e ricordi in memoria di Giacomo Scibona”, pubblicato nel 2017 dalla Società di storia patria di Messina. Di fatto Scibona ha illuminato con i suoi scavi la storia della città dello Stretto dalla Preistoria (basti pensare alle tombe dell’età del Bronzo recuperate nello scavo del Palazzo della cultura), all’età greca, all’epoca romana e medievale (ecco lo scavo nel cortile di Palazzo Zanca). Dopo di lui l’attività della Sovrintendenza ai Beni culturali con la direzione di Gabriella Tigano, Giovanna Bacci e Umberto Spigo, è andata avanti nell’ampliamento e approfondimento di quelle indagini.
Eppure Messina l’ha dimenticato, Giacomo Scibona. Nessun riconoscimento, neppure la menzione o il ricordo in cerimonie ufficiali dedicate ad eventi storici importanti. Anche questo è un segnale grave della decadenza dell’era che stiamo vivendo.
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