La confusione fra poteri dello Stato

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Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, entra a gamba tesa a valle di un articolo di Luigi Patronaggio, del 29 dicembre 2024, su Avvenire, organo dei vescovi italiani.

Ecco cosa dice Gasparri,in una sua nota:

“Ho appena inoltrato al ministro della Giustizia una interrogazione per chiedere un’ispezione a carico del magistrato Luigi Patronaggio. Mi sono rivolto anche al Csm perché valuti eventuali provvedimenti dopo un incredibile articolo scritto da quel magistrato. Patronaggio contesta le politiche dell’immigrazione del governo e con un editoriale pubblicato da un noto quotidiano si è abbandonato ad affermazioni incredibili, sorprendenti e non fondate sulla verità. Il comportamento di Patronaggio, che abbiamo visto all’opera in Sicilia in anni recenti, si configura proprio come una condotta ostile rispetto ai principi fondamentali dell’ordinamento. Con la mia interrogazione chiedo una ispezione, ma sono certo che il Ministero della Giustizia, occupato da magistrati in ogni ufficio, non muoverà un dito. Meno ancora confido sulle iniziative del Csm prigioniero di correnti colonizzate dalla sinistra”.

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L’editoriale di Luigi Patronaggio, intitolato “Il commento. La sentenza sul caso Open Arms: un amaro spartiacque”, si riferisce all’esito della sentenza del tribunale di Palermo che ha assolto il ministro Matteo Salvini con formula piena (“il fatto non sussiste”) dall’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, nella vicenda Open Arms. 

Ancora una volta, assistiamo allo scontro irriducibile fra due Poteri dello Stato che sono, ciascuno, autonomo e indipendente.

Il terreno di scontro preferito è l’immigrazione; sono note, infatti, botte e risposte, fra Magistratura e Governo, nella “vicenda Albania”.

Siamo in attesa, tuttavia, che altri conflitti già latenti vengano al pettine come, ad esempio, la separazione delle carriere dei Magistrati.

Ora, il caso Albania sembrava risolto con la sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la responsabilità del Ministro degli Esteri nel definire la lista dei Paesi non sicuri: “il giudice non può sostituirsi al ministro degli Affare Esteri né può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale”; ma ribadiva, come è ovvio, che “il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame …”.

Sembrava tutto chiaro: il ministro decreta erga omnes; il giudice sentenzia sul caso particolare e specifico. Questa interpretazione appare quella corretta: infatti, dei tre Poteri dello Stato, quello legislativo (Parlamento) e quello esecutivo (Governo) agiscono su tutto il popolo tramite leggi e decreti, quello Giudiziario (Magistratura) sul singolo tramite sentenze.

Si, tutto chiaro per noi cittadini ignoranti ma pensanti … finché il Tribunale di Catania sentenzia di non convalidare il trattenimento di un egiziano richiedente asilo perché l’Egitto non può essere considerato un Paese sicuro.

Ecco la motivazione: “La valutazione di sicurezza contenuta nel decreto ministeriale non impedisce al giudice di prendere in considerazione specifiche situazioni di persecuzione che per il loro carattere esteso e generalizzato siano tali da rendere il Paese obiettivamente insicuro”.

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Sorpresa! Si intende, forse, che l’Egitto sia un Paese insicuro erga omnes? Questa motivazione è una sentenza, un decreto, una legge o un semplice  presupposto? Il Tribunale continua: “Qualora le fonti provenienti dalle organizzazioni internazionali competenti … rendano manifestamente evidente la presenza di persecuzioni con carattere generalizzato, endemico e costante, il giudice potrà ritenere la designazione come sicuro del paese di origine “illegittima” perché in evidente contrasto con la normativa europea.”.

Ricominciamo da dove eravamo partiti: il giudice decide di decidere sulla sicurezza del Paese di provenienza dell’immigrato clandestino, al di là del caso specifico. Dà, inoltre, credito non al suo Governo ma a organizzazioni internazionali. Quindi, il decreto del Ministro degli Esteri è illegittimo.  

Ma come se ne esce da questa storia?

Per ora, visto che non si riesce a risolvere la questione in casa, sembra che non resti che andare da papà: la Corte di Giustizia europea. Però, disperiamo che la questione si risolva perché, finché le sentenze potranno essere  “equivocate”, cioè potranno dare spazio ad ogni sorta di interpretazioni senza confini, con un colpo al cerchio ed uno alla botte, nulla potrà essere certo. Il problema è che il popolo rimane sbalordito e naviga nella incertezza totale. Rivolgersi alla Giustizia, ormai, sembra simile al giocare al lotto: non si sa mai come andrà a finire.

Ma torniamo al caso Gasparri – Patronaggio e all’articolo su Avvenire. Chi è costui? E’ un magistrato di grande prestigio professionale, già Pubblico Ministero ad Agrigento, oggi Procuratore Generale a Cagliari. Per quanto riguarda le sue indagini sul tema immigrazione, ha trattato i casi della nave Diciotti, della Open Arms e di Salvini, della Sea Watch 3 e della tedesca Carola Rackete oggi parlamentare europea, della Mediterranea Saving Humans (ONG italiana) e della nave Jonio con Luca Casarini. Nel suo curriculum si cita che ha trattato anche casi di Mafia.

Cosa ha scritto Patronaggio nel suo articolo per sollevare le vivaci proteste di Gasparri? Il sottotitolo dell’articolo recita: “chiudere i porti a dei disperati che fuggono da guerre, carestie e malnutrizioni non ha nulla a che fare con una seria lotta ai trafficanti di esseri umani“. E, poi, nel proseguo: “il contrasto all’immigrazione clandestina a partire dal 20 dicembre scorso (ndr: sentenza di Palermo su Matteo Salvini) non sarà più lo stesso”.

Sotto le vestigia di un articolo di timbro “legale”, in effetti si ha la sensazione che si tratti di un articolo di timbro squisitamente “politico”.

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Ma, se parliamo di “politica della immigrazione”, dobbiamo tutti avere consapevolezza che il “salvataggio in mare”, principale argomento mediatico, rappresenta non oltre, ad esser buoni, il 5% del tema complessivo: il grosso avviene a “terra”. Ecco che il lettore entra in confusione.

Ovviamente, il Procuratore non critica la sentenza di Palermo, anzi ne loda la “intrinseca ed inappuntabile coerenza” senza accennare al fatto che la  indagine su Salvini, che ha scombussolato la politica e l’opinione pubblica per tanto tempo, si è risolta, in giudizio, in un fallimento.

Patronaggio appare essersi dedicato ad un “flip flop” sulla Costituzione, sulla Convenzione dei Diritti dell’uomo, sulla Corte Costituzionale e quella di Cassazione, sui Trattati Internazionali, sull’Italia terra di migranti e di perseguitati politici, sui campi di concentramento nazisti e sui gulag sovietici, sulle deportazioni, sulla protezione umanitaria internazionale, sui salvataggi a mare, sulla cattiveria dell’Italia che nega l’asilo, sul progetto Albania.

Poi, ad un tratto, dà l’impressione di emettere la sua sentenza contro il Governo colpevole di “praesumptio iuris et de iure” (presunzione giuridica che non ammette una prova contraria).  

Ci sembra di non aver capito bene: prima il Procuratore salva la Corte di Cassazione; poi, però, non ne rispetta la sentenza che assegna al Governo il compito di produrre la lista dei Paesi non sicuri. Cioè, non è la Cassazione che sbaglia, è il Governo che ha la presunzione. Siamo in totale confusione.

Ma allora, chi ha la responsabilità del “paese sicuro”?

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Tutto fa capire che dovrebbe essere compito del giudice che ha l’ultima parola e diventa, in questo caso, chiaramente onnisciente.

Non vi sembra un delirio? L’articolo di Patronaggio, pubblicato da Avvenire, appare essere un pot pourri pieno di contraddizioni.  

Ne abbiamo citato una fra le tante. Viene il dubbio legittimo che non siano le tesi esposte che sono in contraddizione; sembra che sia il Patronaggio in un limbo nebbioso perché sembra non trasmettere chiarezza e coerenza.

Fra le tante domande possibili, ne selezioniamo, per ora, una sola: un giudice ha gli elementi per definire non sicuro un Paese? Fa, egli, forse parte del mondo della politica estera, del mondo delle complicate e complesse relazioni fra Paesi, del mondo del sistema di informazione dei servizi, del mondo della diplomazia internazionale? Da chi raccoglierebbe informazioni? Da agenzie internazionali che, benché riconosciute dalla EU, non hanno alcun titolo?

Un Magistrato, che ha il dovere, e non certo il diritto, della autonomia e della  indipendenza, quando esprime una propria soggettiva opinione o preferenza politica che possa influenzare le sue sentenze, ovvero che sia iscritto a qualche associazione non bocciofila, induce il sospetto che egli contravvenga proprio al citato dovere di autonomia e indipendenza che è in capo al singolo Magistrato e non alla Magistratura nel suo insieme come terzo Potere dello Stato. E’ forte il dubbio che opinioni soggettive abbiano, per molti. il sapore della oggettività.

E’ questo, per quanto ci consta, il sentimento della opinione pubblica.

Un Magistrato, che rappresenta un Potere dello Stato, non è, in tutta evidenza, un cittadino qualunque. Come il Parlamento non è di uno ma è di tutto il  popolo; come il Governo non è di uno ma di tutto il popolo; così il Magistrato non sentenzia in nome di uno ma in nome del popolo.

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Sembra che si possa sostenere che un magistrato che volesse recuperare il diritto individuale ad esprimere soggettive opinioni, o che volesse “fare politica”, allora dovrebbe smettere il suo ufficio, dovrebbe lasciare lo stipendio e la carriera per anzianità, la autonomia e la indipendenza assegnate al ruolo, il paravento della professione; e dovrebbe comportarsi secondo le regole democratiche cui è soggetto ogni cittadino italiano.

Non vi sembra una argomentazione corretta?



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