Perché l’educazione finanziaria è il futuro dell’UE

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Fonte: Freepik.

La bandiera dell’Unione Europea e banconote in Euro.

Il 1° dicembre 2024 Maria Luís Albuquerque è stata ufficialmente nominata Commissaria europea per i Servizi finanziari e l’Unione dei risparmi e degli investimenti all’interno della Commissione von der Leyen II. In un’Unione europea sempre meno protagonista dello scacchiere politico internazionale – e diversa da quella idealmente scolpita dai Paesi fondatori – ci si chiede se le giovani generazioni possano trovare la forza di consolidarla grazie alle loro competenze in campo economico, necessarie per gestire le loro finanze e quindi il loro futuro.

Sbrigare alcune commissioni in un qualsiasi lunedì di gennaio finendo per sentire chi ha la tua stessa età parlare di “risparmi che fruttano nel tempo” – mentre si cade dalle nuvole – ha un po’ il gusto dolceamaro di essersi persi/e qualcosa, oltre che dei possibili e interessanti accumuli di denaro. Si inizia a dubitare delle proprie conoscenze e delle nozioni di cultura generale. La verità è che spesso si preferisce ignorare, o meglio, autosabotare il tentativo di istruirsi su qualcosa che si trova già troppo complesso e noioso all’idea di sentirne parlare. Insomma, non vogliamo trovare le energie mentali per leggere di tassi e interessi. Ma allora perché parlarne nonostante tutto?

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Bruegel è un think tank belga e affronta numerosi temi in ambito economico. In un loro articolo del 12 dicembre 2024, viene suggerito come la promozione della Commissaria Albuquerque al suo nuovo ruolo debba portare una nuova ventata di consapevolezza sui cittadini europei, disposti a togliere i propri risparmi dai conti bancari per investirli in azioni e simili prodotti finanziari. Sempre secondo l’articolo, ciò significherebbe mettere in circolo denaro per investire in nuove attività economiche, per acquistare ulteriori immobili e in generale per garantire un maggiore benessere del mercato, agevolando anche le imprese nella ricezione di migliori forme di finanziamento. Tutto ciò considerando che più di un terzo dei risparmi dei cittadini europei sono nei loro conti correnti, rispetto a un decimo di quelli della popolazione americana. D’altronde, non è un segreto che anche gli italiani amino custodire i risparmi in barattoli di vetro o sotto il materasso.

Quindi, quali sono le informazioni di base da cui partire per l’adozione di più efficaci politiche economiche educative in Europa? Nella sezione dell’educazione finanziaria del sito web del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze è scritto “L’Italia, come emerge da diverse indagini condotte sul tema, è un Paese con un basso livello di alfabetizzazione finanziaria, non adeguato alla complessità delle scelte da effettuare nel quotidiano e durante tutto l’arco della vita. In questa ottica le conoscenze economiche e finanziarie di base sono sempre più necessarie. […] Si tratta di una fragilità culturale che, come le ricerche confermano, ha effetti potenzialmente negativi sul benessere dei singoli e sul sistema-paese nel suo complesso.” Se comprendiamo quanto il nostro stesso Paese pecchi di cultura economica e abbia quindi bisogno di maggiore educazione anche sui temi finanziari, si comprende quanto lo stesso fenomeno possa rappresentare in un rischio quando lo si immagina ampliato ai tanti altri milioni di risparmiatori che vivono sul continente europeo.

Nel sondaggio dal titolo Monitoring the level of financial literacy in the EU pubblicato nel luglio del 2023 dall’Unione europea, le statistiche dicono che il 18% dei cittadini europei ha un livello elevato di educazione finanziaria, il 64% ne ha un livello medio e il 18% un livello basso. Fin qui sembra che ci sia nulla di allarmante se non fosse che solamente un quarto circa degli intervistati ha risposto in maniera corretta a 4 su 5 domande di educazione finanziaria; circa la metà ha risposto correttamente a 2 o 3 domande e un altro quarto di loro ha trovato le domande particolarmente difficili, rispondendo in maniera errata o in modo corretto a 1 domanda su 5. I Paesi che hanno dimostrato di avere migliori competenze in materia sono stati: Danimarca, Estonia, Finlandia e Paesi Bassi. Inoltre, lo stesso sondaggio indica la necessità di organizzare una maggiore educazione finanziaria a favore delle donne, delle generazioni più giovani, di individui e famiglie a basso reddito, o con un basso livello di istruzione generale.

Nel 2022, circa 700.000 studenti provenienti da 81 Paesi membri dell’OCSE avevano partecipato al PISA, il Programma di monitoraggio globale degli studenti: quasi 100.000 di loro, provenienti da 20 Paesi diversi, hanno preso parte a un sondaggio di educazione finanziaria. Negli stessi Paesi sopramenzionati, secondo un report dell’OCSE relativo al PISA, più di due terzi degli studenti di 15 anni di età utilizzano abitualmente prodotti e servizi finanziari nonostante le loro conoscenze economiche e finanziarie restino troppo basse per poter evitare dei rischi.

A questo punto, le statistiche sono chiare. Da dove iniziare a prendere qualche spunto? Per chi non lo sapesse, Quello che conta è il portale di educazione finanziaria – particolarmente utile a qualsiasi età – del Programma Edufin – istituito nel 2017 dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e con quello dello Sviluppo economico, insime al supporto nei contenuti fornito dall’Unione europea. Il programma stila le principali iniziative con cui migliorare a livello nazionale l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale di tutti gli individui nel triennio 2024-2026. Il portale è ricco di definizioni, iniziative e suggerimenti di ogni tipo, di cui raramente si sente parlare nella vita di tutti i giorni.
A tal proposito, il Rapporto Edufin del luglio del 2023 sottolinea come le conoscenze finanziarie, assicurative e previdenziali dei cittadini italiani rimangano molto basse e, in generale, sono sotto la sufficienza anche quelle di coloro che hanno redditi e titoli di studio più elevati.

Nello stesso mese, la Banca d’Italia aveva pubblicato il report Indagini sull’alfabetizzazione finanziaria e le competenze di finanza digitale in Italia: adulti – 2023 che racconta come nel 2023 – rispetto al 2020 – il livello di alfabetizzazione finanziaria degli adulti in Italia sia lievemente aumentato da 10.2 a 10.7, su una scala da 0 a 20. Il miglioramento delle loro competenze è dovuto dai cambiamenti assunti nei comportamenti – come una più attenta gestione delle risorse finanziarie nel breve e nel lungo termine – e dagli atteggiamenti in campo finanziario – come l’orientamento al risparmio e l’attenzione nell’uso quotidiano del denaro.

Per consolidare ulteriormente la tutela di correntisti, investitori e simili a livello legislativo, il 3 gennaio 2018 in Unione europea è entrata in vigore la “Markets in Financial Instruments Directive 2014”, o MiFID II. Si tratta di una Direttiva che garantisce maggiore trasparenza informativa ai clienti, ad esempio sui costi di ogni strumento o servizio a cui sono interessati, con la possibilità di confrontare quale intermediario offra il servizio migliore; e comporta per gli intermediari la valutazione delle caratteristiche del cliente cui sono destinati i prodotti. Inoltre, in Italia la Legge 5 marzo 2024, n. 21, nota come Legge Capitali, all’art. 25 ha stabilito che l’educazione finanziaria deve essere inclusa nei programmi scolastici a partire dal 2024, all’interno dell’insegnamento dell’educazione civica, che è tuttavia prevista solo per 33 ore annue, ossia un’ora a settimana.

Ma perché saperne di più sull’economia e sulla finanza, che spesso sembrano pianeti distanti chilometri? Perché spendiamo denaro. Possedere qualcosa vuol dire prendersene cura, gestirla e sentirsi capaci di averne il controllo: avere un’educazione finanziaria significa riflettere e agire con maggiore sicurezza di ciò che si fa di fronte alle incertezze economiche, mitigando dubbi e fragilità. Insomma, vuol dire prima di tutto decidere quale quota del denaro destinare al risparmio, come gestire le spese, pianificare obiettivi importanti come l’inizio di un master, l’acquisto della prima casa, un viaggio da regalare ai propri genitori e, perché no, pensare anticipatamente alla chiacchierata pensione.

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Detto ciò, i benefici di avere un’educazione finanziaria più corposa si conoscono, però, come ottenerli? Oltre al sito del Governo “Quello che conta”, sul web esistono altre migliaia di risorse. Un altro esempio molto intuitivo è il sito L’Economia per tutti creato dalla Banca d’Italia, ricco di glossari, infografiche e video di approfondimento utili a chi vuole partire direttamente dalle basi. Nemmeno le banche e simili istituti di credito si esimono dal proporre video, pillole e podcast di educazione finanziaria, così come la CONSOB – insieme alla Rai – ha ideato un sito per un’educazione finanziaria dedicata ai più piccoli.

Insomma, se l’obiettivo è diventare consapevoli del valore del proprio denaro, destinandolo al risparmio o agli investimenti, adottare comportamenti virtuosi che mettano da parte il dubbio e scoprire prodotti o servizi maggiormente capaci di soddisfare le esigenze economiche attuali e future dei cittadini europei, gli stessi dovrebbero appellarsi sin da subito al diritto all’educazione finanziaria. Bisogna spingere l’Unione europea a coltivare questo proposito a favore delle generazioni più giovani, dotandole di una chiave di volta che apra a un’Europa migliore.



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