Sulla battaglia della vita del terzo mandato al presidente del Veneto, Luca Zaia, giunto alla fine del suo terzo giro di giostra della ruota di Palazzo Balbi a Venezia, è scappata la frizione, arrivando ad un aut-aut rivolto ai partner di maggioranza di centro destra: «via il vincolo del terzo mandato». Altrimenti la Lega alle regionali del prossimo autunno va da sola.
Per Zaia (al momento non ricandidabile) la questione del terzo mandato «è un’anomalia tutta nostra» ed «è stucchevole che la lezione venga da bocche che da 30 anni sono sfamate dal Parlamento». «Io – avverte Zaia scivolando sempre di più sul pedale – ho delle priorità, e la principale si chiama Veneto. Quindi “Veneto first”, perché è giusto che l’amministratore delegato di questa regione rispetti e segua i Veneti».
Di fatto nella battaglia per il terzo mandato la Lega si muove a testuggine per evitare di perdere le caselle del proprio potere che vede Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino e Lombardia guidate da propri esponenti che alle elezioni regionali 2025 potrebbe vedere il Veneto sfumare, così come è già sfumata l’Umbria nel 2024.
A spingere c’è Fratelli d’Italia più che determinata a portare avanti il riequilibrio dei rapporti di forza anche in considerazione del fatto banale che a tutte le ultime elezioni il partito di Giorgia Meloni ha surclassato da due a tre volte tanto le truppe di Matteo Salvini, pure in quel Nord che era la culla della Lega bossiana che la deriva nazionalista impressa da Salvini ha depauperato elettoralmente.
A spingere verso un ricambio dopo 15 anni di Zaia al vertice del Veneto c’è anche Forza Italia e il suo braccio di Forza Nord guidato da un altro ex Lega Nord, l’eurodeputato ed ex sindaco di Verona, Flavio Tosi, che punta anche ad una rivalsa personale nei confronti di Zaia e di Salvini che lo tagliarono fuori dalla guida della regione. Per Tosi «è molto improbabile che il candidato sarà della Lega».
A frizione ormai sfuggita, Zaia avvisa direttamente Meloni, con cui afferma di sentirsi molto spesso: «giorno dopo giorno vedremo l’evoluzione della situazione, ne ho già fatte di corse in solitaria, così come nel centrodestra. E’ ovvio che noi speriamo di fare una corsa unitaria».
Dinanzi ad uno scenario tipico di bambini che fuggono con il pallone per non giocare con gli amichetti che non ti accontentano, per il senatore e coordinatore veneto di Fratelli d’Italia, Luca De Carlo, «spiace che il presidente Zaia abbia oggi personalizzato il tema del terzo mandato. La norma che lo disciplina, il terzo mandato, esiste da tempo e non riguarda singoli casi specifici. Non è mai una buona idea adeguare le leggi alle esigenze contingenti. Riguardo la scelta del futuro candidato alle elezioni regionali del Veneto siamo sicuri che il centrodestra si farà trovare pronto all’appuntamento scegliendo, come è accaduto in passato, il miglior profilo in grado di rappresentare i Veneti».
Peccato solo che durante una comparsata nella trasmissione “Quinta colonna” di qualche anno fa che sta diventando virale sui canali social, fosse lo stesso Zaia che affermava deciso con tanto di gestualità che la legge sul divieto del terzo mandato fosse giusta, tanto da rivendicarne l’adozione proprio in quel Veneto che oggi lui vorrebbe cancellare: «uno fa due mandati e poi a casa».
La difesa del fortino delle regioni leghiste è affidata anche al capogruppo della Lega alla Camera dei deputati, Riccardo Molinari, secondo cui la «Lega è il partito dell’Autonomia, un partito che è radicato principalmente al Nord e le regioni del Nord sono quelle che hanno chiesto l’Autonomia. Io penso che il centrodestra, FdI e FI, debbano tener conto di questa specificità e quindi dare maggiore spazio alla Lega nelle regioni del Nord».
Affermazioni che si commentano da sole, anche visto l’impegno della Lega salviniana che proprio dalla sua ragione sociale ha cancellato la parola “Nord”, oltre a distinguersi in politiche quasi tutte a senso unico a favore dell’assistenzialismo al Sud.
Assist facile lanciato al segretario di “Patto per il Nord”, l’ex deputato Lega Nord, Paolo Grimoldi: “concordiamo pienamente con Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera della Salvini Premier, quando ricorda che in origine loro sono (a mio avviso erano), “il partito dell’Autonomia, un partito radicato principalmente al Nord e le regioni del Nord sono quelle che hanno chiesto l’Autonomia”. Ma chi lo spiega a Salvini e al resto della Salvini Premier – s’interroga Grimoldi – che la priorità era e sarebbe dovuta tornare il Nord?!» Proprio quel Nord che lo stesso neo segretario della Lega Lombarda, Massimiliano Romeo, nel recente congresso ha reclamato, facendo fischiare le orecchie allo stesso Salvini.
«Bei ricordi quelli evocati da Molinari– stigmatizza Grimoldi –: ma che senso ha oggi ricordare ai loro alleati che bisogna tener conto di una specificità del partito di Salvini? Sono “specifici”, anzi, specializzati nelle politiche per il Mezzogiorno, come i loro rispettivi compagni di cordata. Dunque… di cosa stanno parlando?»
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