Il report annuale di Human Rights Watch svela un’Africa divisa tra battute d’arresto e forti segnali di resistenza, per sé e per il panorama internazionale
17 Gennaio 2025
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 5 minuti
C’è ben poco di cui gioire, verrebbe da pensare leggendo il nuovo Report annuale di Human Rights Watch. Il 2024 è stato un anno di tragedie ad ogni latitudine: con 120 milioni di persone, si è raggiunto il record assoluto di sfollati e rifugiati nel mondo per il secondo anno di fila, mentre sono migliaia decine di migliaia le vittime dei conflitti armati. Un collasso delle condizioni dei diritti umani che non risparmia nessun continente (e per quanto riguarda l’Europa, è utile sapere che l’Italia non ne esce proprio benissimo).
Non da meno è il continente africano. Eppure, leggendo il rapporto e approfondendo le storie dei singoli paesi, si può notare come nonostante le difficoltà, l’Africa abbia saputo produrre anche esempi notevoli di resistenza, grazie a riforme locali e mobilitazioni popolari.
La catastrofe sudanese
Partendo dagli aspetti negativi, sul podio dei paesi con il più drastico peggioramento si trova sicuramente il Sudan, con quasi 11 milioni di sfollati e più di 17 milioni di bambini che non frequentano la scuola. Non si contano, inoltre, gli ostacoli all’assistenza umanitaria, causati anche da restrizioni governative e dall’intelligence militare, che hanno tagliato fuori dagli aiuti almeno 7 milioni di persone, dei 25 che soffrono di insicurezza alimentare. Per non parlare dei continui attacchi anche agli ospedali e al personale sanitario. Il prolungamento del conflitto tra le Forze Armate Sudanesi e le Forze di Supporto Rapido (RSF) ha portato a diffuse atrocità contro i civili, tra le quali spiccano violenze sessuali a tappeto e svariati crimini di guerra e crimini contro l’umanità nell’ambito della campagna di pulizia etnica delle RSF nel Darfur Occidentale, tanto che di recente gli Stati Uniti hanno accusato le Rsf di genocidio. Il rapporto però denuncia come gravemente insufficiente la risposta della comunità internazionale.
Rd Congo: il ritorno della pena di morte
La Repubblica Democratica del Congo segue questo andamento, tra conflitti, sfollamenti, violenze, aiuti che non arrivano. Secondo i dati di HRW, sono attivi più di 100 gruppi armati, mentre nei campi profughi di Goma, Medici senza frontiere stima che più di 1 donna su 10 abbia subito violenza sessuale. In tutto ciò, lo scorso luglio il governo del presidente Tshisekedi ha ripristinato la pena morte, azione duramente contestata dalla comunità internazionale.
Repressioni saheliane
Note dolenti anche per il Sahel e l’Africa occidentale. Tirana Hassan, direttrice esecutiva di Human Rights Watch, scrive nel saggio introduttivo che i governi golpisti hanno “represso e arrestato e imprigionato ingiustamente oppositori politici, attivisti e giornalisti”. Parallelamente, sia i gruppi armati che le forze governative hanno ucciso illegalmente civili. Si segnala inoltre la dura risposta della Nigeria alle proteste contro le riforme economiche: le autorità hanno ucciso diversi dimostranti e risposto con arresti a tappeto, tra i quali si contano anche diversi minori.
Tunisia: società civile nel mirino
In Nordafrica, la Tunisia offre un quadro particolarmente critico, a causa dell’intensificata repressione da parte delle forze dell’ordine che hanno effettuato arresti di massa, prendendo di mira giornalisti, avvocati ed esponenti della società civile. A novembre, erano più di 80 le persone imprigionate per motivi politici o per aver difeso i diritti umani.
L’Africa australe: nelle difficoltà, segnali positivi
Più sfaccettata invece la situazione dell’Africa australe. In Mozambico, negli ultimi scosso dai disordini post-elettorali, ad agosto 2024 contava oltre 850mila sfollati a causa dei conflitti armati di matrice terroristica nella provincia di Cabo Delgado. Si segnala però qualche progresso da parte delle autorità nei rapimenti a scopo di riscatto.
Altri paesi dell’area, però, rappresentano esempi positivi importanti. E qui veniamo alle notizie positive. In Zambia, ad esempio, il rapporto evidenzia buoni passi in avanti nella governance democratica. Il presidente Hakainde Hichilema ha introdotto riforme volte a garantire maggiore trasparenza e protezione dei diritti umani, tra cui la depenalizzazione di alcuni reati legati alla libertà di espressione e di stampa. Nonostante ciò, persistono sfide economiche che limitano i progressi nei diritti sociali.
Il ruolo del Sudafrica nel panorama internazionale
Ma il ruolo di maggiore rilievo lo ha giocato il Sudafrica. La sua denuncia alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) per presunte violazioni da parte di Israele della Convenzione sul genocidio a Gaza ha avuto effetti positivi sull’intera comunità internazionale. La serie di misure provvisorie della ICJ, nonostante non abbia ridotto le sofferenze del popolo palestinese, ha contribuito a un maggiore controllo sui governi che forniscono armi a Israele. È il caso del Regno Unito, che ha sospeso alcune licenze di esportazione di armi a seguito di una revisione secondo cui alcune esportazioni presentavano un chiaro rischio di essere utilizzate per commettere o agevolare abusi.
L’iniziativa non manca
Al di fuori dell’Africa australe, altri paesi hanno agito per portare un cambiamento positivo non soltanto all’interno dei propri confini, ma nel panorama globale. Come il Gambia, piccolo paese dell’Africa occidentale che insieme al Messico ha guidato l’iniziativa presso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per portare avanti un progetto di convenzione sui crimini contro l’umanità. Si tratterebbe di un cambiamento importante per sostenere i procedimenti giudiziari nazionali contro crimini diffusi e sistematici contro le popolazioni civili, anche al di fuori dei conflitti armati.
La Sierra Leone e la Repubblica Dominicana, invece, hanno unito le forze insieme al Lussemburgo per appoggiare un nuovo trattato multinazionale volto a rafforzare il diritto all’istruzione per garantire l’istruzione gratuita a livello primario e secondario per tutti i bambini.
Sono piccoli passi che portano però la testimonianza di un continente che si ritaglia sempre più il proprio spazio nel panorama internazionale e che, nonostante le profonde difficoltà interne, vede nelle nuove generazioni una solida resistenza e determinazione a migliorare il rispetto dei diritti umani, non soltanto all’interno dei propri confini. (AB)
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