Come cambierà il Pnrr e come stanno le cose sugli asili

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Il governo italiano sta preparando misure severe contro i Comuni in ritardo nel Pnrr, con il rischio di perdere i finanziamenti. La revisione dei progetti, che coinvolge settori come l’edilizia sociale e gli asili nido, sta suscitando un acceso dibattito su responsabilità e obiettivi non raggiunti.

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Il potenziamento dei servizi educativi per la fascia d’età 0-6 anni era uno degli obiettivi centrali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), ma l’Italia fatica a rispettare le scadenze. Ritardi, inefficienze e una spesa ben lontana dai target rischiano infatti di compromettere un risultato fondamentale: garantire maggiore accesso agli asili nido e alle scuole dell’infanzia.

Ora, il governo italiano si prepara anche ad adottare misure severe nei confronti dei Comuni che non rispettano le scadenze del Piano, mettendo ancora una volta a rischio i finanziamenti destinati a importanti progetti pubblici. La decisione del ridimensionamento degli obiettivi, comprende anche quello inerente proprio al settore asili. Il ministero delle Infrastrutture, sotto la guida di Matteo Salvini, avvierà ora una verifica sui progetti in corso, decidendo quali potranno proseguire e quali dovranno invece essere annullati.

Pnrr, il governo pronto a ridurre i fondi per i Comuni in ritardo

Il governo si sta preparando quindi a intervenire sui progetti finanziati dal Pnrr, con particolare attenzione agli interventi di edilizia sociale, per i quali sono stati stanziati 2,8 miliardi di euro. Salvini ha già in mano un elenco delle iniziative da monitorare: così, nei prossimi giorni, verrà tracciata una “linea di demarcazione” che separerà i progetti che rispettano i tempi da quelli che, nonostante i tentativi di recupero, non riusciranno a rispettare la scadenza del 30 marzo 2026, e che quindi potrebbero essere privati dei fondi.

Questa logica guida la quarta revisione del Pnrr che sarà inviata alla Commissione europea a febbraio. L’intento del governo è quello di abbassare gli obiettivi, piuttosto che arrivare al termine con progetti incompleti. in concreto, i sindaci dei Comuni che non riusciranno a rispettare i tempi si vedranno non solo sospendere i fondi, ma potrebbero anche dover restituire quelli già ricevuti.

Questo varrà anche per quanto riguarda i programmi innovativi di qualità dell’abitare (Pinqua), cioè quelli che mirano alla riqualificazione di circa 10mila abitazioni.

Gli asili nido sotto esame

A suscitare preoccupazione è certamente il settore degli asili nido. Dopo gli allarmi lanciati dall’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha segnalato il rischio di non raggiungere l’obiettivo di 150mila nuovi posti per l’infanzia, il governo ha diffuso nuovi aggiornamenti sulla spesa: fino a novembre 2024, la previsione di spesa per i nidi è aumentata al 30%, ma la spesa effettiva, che nel 2023 ha raggiunto solo un miliardo su 1,7 miliardi previsti, è ancora lontana dalle aspettative. Il governo ha chiarito che la responsabilità di caricare i dati correttamente sulla piattaforma ReGiS ricade sui singoli Comuni, che avrebbero causato i ritardi a causa di segnalazioni tardive.

A oltre un anno e mezzo dalla scadenza dei finanziamenti, lo stato di attuazione del Pnrr appare in generale, molto preoccupante. Secondo il rapporto dell’Upb, pubblicato il 15 gennaio scorso, solo metà dei fondi previsti per il periodo 2020-2024 è stato effettivamente speso.

Dei 3,4 miliardi di euro destinati ai servizi educativi, al dicembre scorso erano stati utilizzati appena 816,7 milioni, una cifra che corrisponde al 25,2% del totale. Il progresso dei lavori è stato quindi fortemente rallentato, con appena il 3% dei progetti conclusi. La maggior parte degli interventi risulta oggi proprio ancora in fase esecutiva, con lievi differenze tra Nord, Centro e Sud Italia: al Nord e al Centro, per esempio, i progetti in corso rappresentano rispettivamente il 70,9% e il 72,7%, mentre nel Mezzogiorno si attestano al 69%.

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Oltre 26mila posti nei servizi educativi sono a rischio

L’obiettivo iniziale dichiarato dal Pnrr era certo ambizioso, così il governo Meloni lo ha rivisto al ribasso, già nel 2023, riducendo il target da 250mila a 150mila (per la precisione 150.480) posti complessivi nei servizi educativi. Una decisione ben lontana dall’importanza strategica di ampliare i servizi per l’infanzia, tema centrale per favorire il sostegno alle famiglie, incentivare le nascite e aumentare l’occupazione femminile, punti più volte dichiarati prioritari propor dalla premier Giorgia Meloni.

Ma neppure questo scenario, ipotizzato dagli stessi analisti, tuttavia, sembra garantirne il pieno raggiungimento. Nello scenario più ottimistico si prevede una riduzione marginale di circa 500 posti rispetto all’obiettivo, mentre in quello più sfavorevole il divario sale a oltre 26 mila posti mancanti. Sono numeri altissimi. Anche gli scenari intermedi delineano un quadro problematico: la perdita stimata oscilla comunque tra i 17.400 e i 26.200 posti, rendendo evidente la difficoltà nell’allinearsi agli obiettivi dichiarati.

Disuguaglianze territoriali: il divario Nord-Sud e i piccoli Comuni

Se da un lato il calo demografico potrebbe contribuire a migliorare i tassi di copertura a livello nazionale, che sono stimati tra il 36,1% e il 37,6%, le disuguaglianze regionali rischiano invece di accentuarsi. Regioni come la Campania e la Sicilia, per esempio, rimarrebbero al di sotto della soglia minima del 15% prevista dal Pnrr per gli asili nido. Vale lo stesso anche per i piccoli Comuni, soprattutto quelli con meno di 500 abitanti. Dopo l’attuazione degli interventi previsti, l’81,4% dei territori attualmente privi di strutture per bambini fino a tre anni continuerebbe a non averne.

Questi dati evidenziano quindi come il Piano, pur volendo ridurre in parte il divario Nord-Sud, potrebbe paradossalmente accentuare le disuguaglianze all’interno delle stesse Regioni. E questo è ben al di sotto delle raccomandazioni dell’Unione Europea, che ha indicato come traguardo per il 2030 una copertura del 45% in tutte le aree.





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