Presunti abusi. Insegnante arrestata. Toro (psicoterapeuta): “Se i fatti fossero confermati, gli alunni avrebbero bisogno di uno spazio sicuro per ricostruire il confine violato”

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Alleggerire nelle vittime la percezione di vergogna, e offrire loro uno spazio sicuro per aiutarle ad elaborare il trauma dell’abuso subito e a “ricostruire il confine che è stato violato”. Questo, per la psicoterapeuta Maria Beatrice Toro, è in estrema sintesi il percorso di cui potrebbero avere bisogno le sette presunte vittime – tutte tra gli 11 e i 14 anni – dell’insegnate di sostegno arrestata a Castellamare di Stabia. Secondo l’esperta, abusi di questo tipo generano in chi li subisce un vero e proprio “trauma” ma, assicura, la mente umana ha le risorse “per ricostruire e reagire alle ferite”

(Foto: ANSA/SIR)

L’arresto della quarantenne insegnante di sostegno della scuola media di Castellammare di Stabia (Napoli) accusata di aver molestato alcuni studenti, al di là del clamore mediatico, riaccende l’attenzione sulla piaga degli abusi. La donna, ora in carcere dietro provvedimento emesso dal tribunale di Torre Annunziata su richiesta della Procura, dovrà rispondere di maltrattamenti, violenza sessuale, induzione al compimento di atti sessuali e corruzione di minorenne. Mentre sono in corso le indagini, è opportuno chiedersi cosa provocano simili atti nella psiche di chi li subisce in età così giovanile. Quali impatti e conseguenze? E come si potrebbero aiutare le vittime? Ne parliamo con Maria Beatrice Toro, psicoterapeuta e direttrice della Scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo interpersonale (Scint).

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Foto Giovanna Pasqualin/SIR

Professoressa, al di là della vicenda in questione – ancora al vaglio della magistratura – che cosa provocano questi atti nella mente e nel cuore di un minore?
Si tratta senza dubbio di eventi di tipo traumatico: atti di abuso, e quindi di violenza, che dal punto di vista psichico si tramutano in traumi, ossia in vissuti e poi in ricordi che torneranno alla mente anche fuori contesto provocando insonnia, tensione e stato di allarme.

L’esposizione di un minore a materiale pornografico si configura già come un abuso sessuale perché è qualcosa che la sua mente non è assolutamente preparata a decodificare.

Questo processo di decodifica non rientra infatti nell’orizzonte esperienziale, mentale, emozionale e relazionale di un minorenne, in particolare se si tratta di un soggetto “fragile”. Per questi ragazzi si tratta di immagini non elaborabili, che rimangono come memorie traumatiche in grado di generare forti stati di tensione.

Come intervenire per evitare che un trauma così devastante si traduca in danno permanente?
Occorre certamente un aiuto professionale appropriato per tirare fuori le memorie traumatiche ed elaborarle. I ragazzi abusati hanno bisogno di un contesto protetto in cui farlo, di un approccio di tipo psicologico per poter narrare quello che magari si vergognano di raccontare ai genitori. Occorre uno spazio in cui ricollocare quanto accaduto e rielaborarlo;

uno spazio sicuro che ricostruisca il confine che è stato violato.

Negli ultimi 20 anni, da quando la psicotraumatologia è stata studiata in maniera più sistematica, per questi traumi esistono approcci terapeutici specifici molto efficaci.

Al di là dell’indispensabile intervento professionale, quando si verificano fatti di questo tipo, cosa possono fare i genitori e i familiari, gli educatori e gli amici?
Possono certamente

alleggerire nella vittima la percezione di vergogna, che è fortissima.

In chi ha subito abusi sessuali si attiva purtroppo un processo di interiorizzazione di quanto accaduto come qualcosa di “sporco” per cui la vittima si auto-svaluta, si colpevolizza, e in alcuni casi può arrivare addirittura a ritenersi “complice” dell’abusante. E’ un processo complesso e delicato che può portare a gravi danni sull’autostima, sull’immagine di sé e del proprio corpo sessuato, e “apre” in modo negativo e disfunzionale al tema della sessualità. Per questo è importante aiutare questi ragazzi a parlarne, chiarendo ripetutamente che non sono loro a doversi vergognare, ma l’abusatore. C’è sicuramente bisogno di un intervento professionale ma, accanto a questo, anche un contesto familiare e amicale di supporto fa la differenza.

E’ importante spiegare che da queste ferite si può guarire…
Occorre avere fiducia. E’ vero che la mente umana ha delle fragilità, e quindi dopo un’esperienza di abuso possono scatenarsi dinamiche di memorie dissociative che mettono il soggetto in uno stato d’allarme, però

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la stessa mente umana possiede anche risorse adeguate per ricostruire e reagire alle ferite.

Certamente i ragazzini più fragili vanno aiutati e sostenuti con particolare sensibilità perché queste esperienze li rendono ancora più vulnerabili.

Se i fatti verranno dimostrati, ci sarà da “curare” anche il senso di tradimento…
In quel caso si chiederanno perché la loro insegnante abbia fatto loro questo. Al di là degli episodi sessuali, qui è in gioco anche la sfiducia legata al tradimento di una figura che doveva essere protettiva. I ragazzi dovranno quindi essere aiutati anche a

ripristinare la consapevolezza che esiste l’adulto sano di cui possono fidarsi,

anche se, purtroppo, se i fatti verranno provati, avranno fatto esperienza di un adulto disturbato e violento che ha messo in atto un comportamento da pedofilo, legato sia a temi di disturbo mentale di parafilia, sia ad aspetti criminali.

 





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