Violenza operatori sanitari. Regione Lombardia rafforza il supporto a medici e infermieri per la sicurezza

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L’assessore Bertolaso: “Investiamo risorse e competenze per tutelare tutto il personale”

“Destineremo 3 milioni di euro per la videosorveglianza negli ospedali”, aggiunge l’assessore La Russa

MILANO – Regione Lombardia ha avviato una serie di iniziative finalizzate a ridurre il fenomeno della violenza agli operatori sanitari negli ospedali. Ne hanno parlato l’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso, e l’assessore regionale alla Sicurezza, Romano La Russa, nell’ambito dell’evento sulla violenza agli operatori sanitari, il convegno organizzato da ONSIP, Organismo Nazionale Professionisti Sicurezza & Privacy in collaborazione con il sindacato UGL Salute alla presenza anche di Federico Romani, Presidente del Consiglio Regionale, del Segretario Generale UGL Francesco Paolo Capone, consiglieri regionali e parlamentari.

In particolare, con l’approvazione di una delibera in Giunta regionale, lo scorso dicembre è stato definito un documento di indirizzo per la prevenzione e la gestione degli atti di violenza verso gli operatori sanitari. Questo documento include misure strutturali, tecnologiche e organizzative per garantire ambienti di lavoro più sicuri.

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Dal 2 gennaio, l’ASST di Pavia è la prima in Lombardia a utilizzare smartwatch antiaggressione nell’Ospedale Civile di Vigevano. In caso di emergenza, un pulsante SOS consente il contatto diretto con la centrale operativa e, se necessario, l’intervento immediato delle Forze dell’ordine.

Ed ancora, Regione Lombardia e Ministero dell’Interno stanno lavorando a un accordo per potenziare i sistemi di videosorveglianza e introdurre ulteriori strumenti innovativi per la sicurezza presso i presidi sanitari.

Infine, una recente circolare della direzione Welfare della Regione fornisce indicazioni sulla tutela dei lavoratori vittime di aggressioni. L’atto prevede che gli enti sanitari devono denunciare alla Procura della Repubblica gli episodi di aggressione o in altri casi, per le aggressioni non rientranti in queste fattispecie ma procedibili solo a querela, gli enti devono supportare il lavoratore nella denuncia e in caso di conclusione delle indagini penali gli enti devono valutare se costituirsi parte civile garantendo il massimo supporto legale e istituzionale ai professionisti aggrediti.

“Regione Lombardia – ha detto l’assessore Bertolaso – sta investendo risorse e competenze per tutelare medici, infermieri e tutto il personale sanitario, che ogni giorno garantisce cure e assistenza ai cittadini. Le misure adottate, come gli smartwatch antiaggressione e i protocolli di sicurezza, rappresentano un passo importante verso la costruzione di un ambiente di lavoro sicuro e sereno. Tuttavia, è fondamentale continuare a lavorare insieme, rafforzando la collaborazione tra istituzioni e enti sanitari, per affrontare le sfide ancora aperte.”

“Aggredire chi sta lavorando per curare e spesso salvare vite – ha aggiunto l’assessore La Russa – è davvero un atto meschino e vigliacco. Come assessorato, insieme al ministero degli Interni, stiamo lavorando per destinare 3 milioni di euro per la videosorveglianza negli ospedali. Un progetto importante che è un primo passo per rafforzare la sicurezza degli operatori sanitari e dei pazienti stessi”.

L’intervista agli assessori regionali Bertolaso e La Russa

I dati

Nel 2024 la Lombardia è stata la regione italiana che ha segnato l’incremento percentuale maggiore di violenze e aggressioni contro medici e infermieri registrando un +25% rispetto all’anno precedente. Un’emergenza che è stata al centro del convegno “Violenza sugli operatori sanitari. Un bollettino di guerra”, promosso da Onsip (Organismo Nazionale Professionisti Sicurezza & privacy) e Ugl Salute in collaborazione con il Consiglio regionale della Lombardia.

“Medici e infermieri sono il vero valore aggiunto della sanità lombarda, sono il ‘motore’ dei nostri ospedali e delle nostre strutture assistenziali- ha sottolineato il Presidente del Consiglio regionale Federico Romani-. La Lombardia vanta primati sul piano nazionale nella medicina, con centri all’avanguardia. Risultati ottenuti grazie a investimenti costanti in strutture, tecnologie e competenze. Ma tutto ciò sarebbe impossibile senza il cuore, l’impegno, la passione e il lavoro dei nostri operatori sanitari, capaci di mettere sempre al centro il rapporto umano con i pazienti. Per questo gli episodi di violenza non possono e non devono essere tollerati e le istituzioni devono mettere in campo misure sempre più efficaci per la tutela del personale sanitario”.

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Le cronache hanno frequentemente riportato devastazioni nei Pronto Soccorso e atti di aggressione fisica e verbale, evidenziando una problematica ormai diffusa. Secondo i dati Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), Umem (Unione Medica Euromediterranea) e del Movimento Internazionale Uniti per Unire, le aggressioni al personale sanitario in Italia hanno raggiunto livelli critici nel 2024, con un aumento medio del 33% rispetto all’anno precedente. Si tratta di 25.940 episodi di aggressioni al personale sanitario nel 2024. Lombardia, Campania, Puglia, Lazio e Sicilia hanno fatto registrare i maggiori incrementi nell’anno appena concluso. Il Nord Italia risulta essere l’area più colpita, con il 63% degli episodi di violenza, mentre il Sud registra il 26% e il Centro l’11%.

Le vittime di queste aggressioni sono principalmente le donne (73%), con infermieri e fisioterapisti tra le categorie più colpite. Gli episodi non riguardano solo le grandi città, ma anche le aree periferiche, dove la carenza di risorse si fa sentire con maggiore intensità. Gli aggressori, nella maggior parte dei casi, sono pazienti o familiari esasperati dalla lentezza o dalla mancanza di risposte adeguate da parte del sistema sanitario.

Nello specifico in Lombardia nel 2023 sono state segnalate 4.836 aggressioni agli operatori sanitari, dagli insulti alla violenza. Di queste il 30,9% si sono verificate in Pronto Soccorso, in aumento rispetto al 2022 quando la percentuale arrivò al 25,4%. Dopo il calo nel biennio 2020-2021- dovuto ad un accesso fortemente limitato alle strutture ospedaliere a causa dell’emergenza Covid 19- le violenze e le aggressioni contro medici e infermieri sono tornate a salire. A fronte di questi dati in crescita, l’anno scorso solo il 6% delle aggressioni sono state denunciate in Procura. Un segnale di profondo disagio da parte degli operatori sanitari.

“Occorre interrogarsi sul perché sempre più spesso vengono colpite categorie che svolgono attività a beneficio della comunità- ha sottolineato il Segretario Generale UGL Francesco Paolo Capone -. Gli ospedali, e soprattutto i Pronto Soccorso, ma in generale tutte le strutture dove lavorano medici, infermieri e operatori sociosanitari sono, purtroppo, diventati teatro di violenze da parte degli stessi pazienti e dei loro familiari. Un bollettino di guerra drammatico, che deve essere assolutamente arginato. Le misure messe in campo dal Governo stanno dando risultati importanti, occorre continuare su questa strada, attuando interventi mirati alle singole realtà territoriali. Bisogna poi coinvolgere attivamente anche i dirigenti delle strutture, in una battaglia che deve garantire ai lavoratori la massima sicurezza personale”, ha proseguito Capone. “Oltre agli operatori sanitari, entrati nel mirino di una intolleranza che spesso diventa violenza, anche le forze dell’ordine sono bersaglio, negli ultimi mesi, di attacchi spesso violenti. Temo che questi episodi siano le avanguardie di uno scollamento ll’interno della società ma direi, più propriamente, della comunità. Infine, sul fronte sanitario va resa più efficiente la medicina di prossimità che potrebbe alleggerire nei Pronti Soccorsi il flusso di persone”.

Dopo i saluti istituzionali i lavori si sono sviluppati in due panel. Nel primo panel sono intervenuti Claudio Durigon (Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), Carlo Fidanza (Capodelegazione Fdl al Parlamento Europeo), Pierfrancesco Majorino (Capogruppo PD in Consiglio regionale), Gianluca Giuliano (Segretario Nazionale Ugl Salute), Vincenzo Abbrescia (Responsabile delle Politiche di sviluppo ai Servizi dell’Ugl) e Paolo Provino (Presidente Enbital e Presidente del Comitato di Garanzia e Controllo Onsip). Secondo Paolo Provino “le aggressioni al personale sanitario, sia fisiche che verbali, sono un problema crescente, che impone interventi sistematici. Gli Enti Bilaterali hanno un ruolo strategico in diversi monitoraggio e analisi dei rischi legati alla sicurezza sul lavoro. E supporto alle aziende sanitarie nell’elaborazione di protocolli specifici contro le aggressioni. Ed è proprio per questa funzione che gli enti bilaterali sono una risorsa strategica per i Safety Manager”.

Nel secondo panel hanno portato il loro contributo Mario Mantovani (Eurodeputato), Christian Garavaglia (Capogruppo Fratelli d’Italia in Consiglio regionale), Giulio Gallera (Presidente Commissione Speciale PNRR), Samuele Astuti (Presidente Commissione d’inchiesta Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro), Emanuele Monti (Presidente Commissione Sostenibilità sociale), Nicolas Gallizzi (Capogruppo Noi Moderati in Consiglio regionale), Paolo Colitti (Presidente TNV) e Marco Bianchi (Dirigente Sindacale). Sono seguite le testimonianze di Elisa Colzani, Coordinatrice Gruppo Lavoro Aggressioni; Anna Gandino, Direttrice Medicina interna di Pronto Soccorso; Ilaria Favata, Coordinatrice Infermiera Pronto Soccorso Ospedale Bassini; Barbara Pinna, Direttrice Dapss.

“C’è stata una prima rottura tra prima del Covid e dopo il Covid. Una parte di popolazione adesso, in maniera immotivata o con i loro motivi, ha considerato tutta la partita del Covid una forzatura, un intervento di medici e di infermieri come coercizione sulla propria salute e questo è un tema sul quale va fatta chiarezza – afferma il leader dell’Ugl Paolo Capone, – Sicuramente si deve fare chiarezza a partire da ciò che il Parlamento sta facendo: ha istituito una commissione d’inchiesta ed è fondamentale comprendere quali saranno i risultati”. Secondo il sindacalista c’è anche un altro aspetto, legato alla “logistica dei pronti soccorsi: spesso sono messi, diciamo così, nella parte più scomoda dell’ospedale, più accessibile dai mezzi del soccorso ma meno funzionale”. Ossia “si fa attenzione più alla residenzialità che non ai luoghi di passaggio. Ecco, quei luoghi di passaggio dovrebbero essere resi più comodi, probabilmente più accoglienti e anche magari con del personale che spiega all’esterno quello che sta succedendo al proprio caro, al proprio congiunto, al proprio parente”.

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