A Bari calci e pugni ai migranti, indagini sulla baby gang: dieci ragazzi accusati di 8 episodi

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BARI – «Dagli ai bengalini!». Noi i ragazzi del Libertà vestiti come scarafaggi, che per ammazzare la noia giochiamo ad aggredire quegli stranieri che vengono dal Golfo del Bengala. Il branco dei picchiatori dei bangladesi stava a bivacco dal pomeriggio fino a tarda ora nel cuore nero del Libertà, esibendosi in numeri da circo, volgarità, lanciando uova e bestemmie, trangugiando Peroncini, emettendo suoni gutturali, provocando e menando le mani a quegli del Bagladesh. I capibranco, poco più che diciottenni, portavano al pascolo i «carusi», ragazzini dai 13 ai 16, 17 anni, per svezzarli, dentro quella specie di quadrilatero i cui confini sono tracciati da via Manzoni, via Nicolai, via generale de Bernardis e Corso Italia.

Dentro c’è un fitto reticolo di stradine, atrii condominiali, crocevia, vecchie palazzine, palazzi Anni ‘70, che sembra disegnato intorno alla piazza del Redentore.

Gli agenti della Squadra Volante dell’Ufficio di prevenzione generale e soccorso pubblico (diretti dal primo dirigente Davide Corazzini), della Squadra Mobile (guidati dal primo dirigente Filippo Portoghese) e della Divisione investigazioni generali e operazioni speciali (sotto il comando del primo dirigente Pasquale Testini) della Questura, l’altro giorno sono andati a bussare alle case di dieci componenti (identificati) del branco su mandati di perquisizione emessi dalla Procura ordinaria (3) e quella presso il Tribunale per i Minorenni (7).

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La metà di questi «carusi» pare appartenga per diritto di sangue alla paranza del Libertà legata al clan degli Strisciuglio, nelle loro famiglie ci sono picciotti d’onore e camorristi di sgarro. L’altra metà invece sono figli e nipoti di quelli che la mafia chiama «avvicinati» la ‘ndrangheta «contrasti» ossia gente organica ai clan, che spera di venire arruolata. Ci sono poi i figli «di nessuno», ragazzi puliti ma traviati dalle cattive compagnie.

Gli agenti delle Volanti ed i detective della Mobile sono riusciti a identificarli esaminando le registrazioni delle telecamere della rete pubblica di videosorveglianza e delle videocamere private. Gli agenti li hanno riconosciuti grazie al prezioso bagaglio di conoscenze maturato lavorando sulla strada anche per merito delle vittime che hanno fornito dei loro aggressori delle descrizioni molto dettagliate, in alcuni casi individuandoli in fotografia o per strada.

Sono otto le aggressioni documentate in ragione delle quali sono stati disposte le perquisizioni presso i domicili dei dieci presunti componenti del branco di picchiatori. I cittadini del Bangladesh sono stati minacciati, aggrediti, picchiati con calci e pugni e in alcune circostanze scaraventati per terra. La baby gang ha infierito su di loro mentre erano rannicchiati su un fianco per proteggersi dai colpi, oppure con la faccia schiacciata sul marciapiede. Sono finiti in ospedale, pieni di lividi e di sangue per venire poi rimandati a casa con prognosi non superiori ai 10 giorni.

L’indagine aperta dopo le denunce delle parti offese ha accertato la sottrazione a tre delle vittime, rispettivamente, di un telefono cellulare, di una bicicletta e un monopattino elettrico. La bici e lo smartphone, pesantemente danneggiati, sono stati recuperati il monopattino no. I rapinatori li hanno portati via ai proprietari non per necessità o reale interesse ma per arrecare loro una ulteriore umiliazione. Ci hanno giocato e se ne sono disfatti.

L’arrivo in forze degli agenti della Polizia per le perquisizioni ha suscitato impressione e allarme nel quartierino che sorge intorno al Redentore dove vivono i dieci ragazzi del branco ora indagati a piede libero e a vario titolo per rapina e lesioni. Non è stata contestata l’aggravante razziale.

Da quello che si è saputo, completate le perquisizioni, gli agenti sono tornati in Questura portando con loro una decina (o poco più) di smartphone più un numero imprecisato di giubbini corti modello bomber, berrettini con la visiera da baseball, felpe e indumenti vari nella speranza di poter fare un confronto con l’outfit da pestaggio esibito nelle registrazioni video e descritto nelle testimonianze delle vittime dai componenti della banda.

La comunità bangladese, finita nel mirino di questa gang di giovani guappi, ha tirato un sospiro di sollievo.

La paura e l’allarme all’interno della comunità straniera di Bari sono stati grandi. Da settembre a dicembre le denunce o le semplici segnalazioni per pestaggi e aggressioni anche con l’uso di coltellini e bastoni, sono state una ventina. L’allarme sociale è cresciuto insieme alla protesta dei migranti che hanno organizzato un corteo e una manifestazione pubblica. Lo stesso Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha dedicato al fenomeno una riunione, pianificando una serie di attività di prevenzione e indagine che hanno portato, grazie all’azione della Questura, frutti concreti.

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