Caso Toti, i gemelli Testa senza più restrizioni: «Ora basta politica»

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di
Maddalena Berbenni

I due fratelli di Boltiere, indagati nel caso che ha travolto il governatore ligure, non hanno più il divieto di andare in Liguria. «Siamo una famiglia perbene, vogliamo uscirne puliti. Sorte e Forza Italia? Ci siamo fatti gli auguri a Natale»

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«Se torneremo a fare politica non lo so. Io e mio fratello abbiamo ormai 65 anni e sinceramente, in questo momento, quello che ci interessa è uscire una volta per tutte da questa faccenda puliti, come siamo».
Arturo Testa risponde dalla «sua» Boltiere con il «suo» accento ineluttabilmente siciliano. Riesi-Bergamo, un gemellaggio per nulla sgradito alla politica locale, specialmente al centrodestra nel territorio di riferimento, da Verdello in giù, tra gazebo e comizi, vassoi di cannoli e muffulittate. Il fortunato gemellaggio dei gemelli: Arturo Angelo, negli ultimi tempi con un lavoro nella segreteria del gruppo di Forza Italia in Regione, e Italo Maurizio, ex sindacalista della Fim Cisl nello stabilimento Marcegaglia, proprio a Boltiere. Gemellaggio fortunato finché non s’è voluto esportarlo in Liguria, a sostegno dell’ex governatore Giovanni Toti, alle elezioni di settembre 2020. Ecco, è a quel punto che i Testa irrompono sulla scena che la Guardia di finanza sta decifrando, finendo nell’inchiesta che a maggio ha travolto tutti, Toti e loro due, addirittura adombrata da collegamenti mafiosi, per le conoscenze, manco a dirlo, riesine.

No a riti alternativi

Sono passati otto mesi. Giovanni Toti ci ha scritto un libro e ha chiuso i conti patteggiando 2 anni e 3 mesi tramutati in 1.620 ore di lavori socialmente utili alla sede di Genova della Lega italiana per la lotta contro i tumori. Per i Testa, invece, la vicenda è ancora tutta da definire. I pm non hanno ancora chiuso l’inchiesta e loro stanno alla finestra. Anzi, ora posso spostarsi liberamente, perché da fine anno, per entrambi, sono scaduti i termini della misura cautelare che era rimasta loro appiccicata addosso, quella del divieto di dimora in Liguria (inizialmente era l’obbligo di dimora in Boltiere).
Né Arturo Testa, con l’avvocato Stefano Vivi, né il fratello, con Maurizio Mascia del Foro di Genova, sembrano intenzionati a lanciarsi in riti alternativi, a maggior ragione nel caso in cui il capo d’imputazione dovesse includere l’aggravante di avere favorito il clan dei Cammarata, contestata al momento del blitz.




















































L’accusa di corruzione

L’accusa è di corruzione elettorale. «Ho una persona che conosco da vent’anni, tra l’altro ha collaborato anche con me e in questo momento addirittura lavora in Regione Lombardia, fa l’assistente». È il 14 luglio 2020 quando il deputato e coordinatore regionale di Forza Italia, Alessandro Sorte, durante la parentesi di Cambiamo!, telefona al braccio destro di Toti, Matteo Cozzani, intercettato, e gli propone di ingaggiare Arturo Testa per dare una mano a racimolare voti. In quella fase si pensa pure di metterlo in lista, ma poi ci si ricorda della storia del saluto romano con maglietta nera, nel 2011: una fotografia scattata a Predappio con i gemelli in posa fascista, che a Maurizio era costata l’incarico da vicesindaco a Boltiere, con l’attuale primo cittadino Osvaldo Palazzini.
Il dietrofront è inevitabile, ma i Testa accettano comunque di partecipare attivamente alla campagna elettorale, secondo i pm, in cambio di favori per gli amici di Riesi. Che è anche il nome dell’associazione, Amici di Riesi, appunto, in cui si intrecciano le strade con l’ex sindacalista di Genova, loro coetaneo, Venanzio Maurici. Anche lui del paese della provincia di Caltanissetta, è considerato dagli inquirenti il referente del clan Cammarata nel capoluogo ligure, con relazioni che ai tempi delle intercettazioni apparivano tutt’altro che sopite. È destinato al genero uno dei posti di lavoro che, nella tesi accusatoria, i Testa avrebbero preteso in cambio dell’impegno in sostegno di Toti. Assunzioni che poi, però, non arrivarono mai.

«Tanta solidarietà»

Scoppiato lo scandalo, a maggio, i gemelli sono stati subito sospesi da Forza Italia, l’ultimo partito in cui erano approdati partendo da An e seguendo poi il loro «leader» Alessandro Sorte fin dai tempi del Pdl. Con l’inchiesta, Maurizio ci ha rimesso anche l’incarico di delegato del collegio di Dalmine, Arturo il contratto in Regione a pochi mesi dalla pensione. «Siamo stati un po’ travolti all’inizio», risponde quest’ultimo al telefono. Su Facebook Arturo Testa è un vulcano di fotografie, pensieri e buongiorno agli amici. Dice che con il fratello si vedono tutti i giorni: «Sia a Bergamo, sia in Sicilia abbiamo avuto tanta solidarietà. La gente sa che siamo una famiglia perbene e che non siamo con la mafia, ma contro».
Sull’indagine, invece, preferisce glissare, per ora: «Vi chiameremo noi quando sarà finita». A differenza del gemello, che si era avvalso della facoltà di non rispondere, Arturo aveva risposto a tutte le domande del gip, assicurando che, in 50 anni di campagne elettorali «in tutta Italia e anche all’estero», non hanno mai barattato nulla. È stato fatto solo per passione. Ma li sente ancora Sorte e gli altri? «Gli auguri a Natale ce li siamo scambiati».

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19 gennaio 2025 ( modifica il 19 gennaio 2025 | 12:34)

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