INTERVISTA A MICHELANGELO IOSSA, AUTORE DI “STORIA DELLA MODA ITALIANA”

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(Foto Piccirillo) Si comincia da un libro! Inizio Eccellenze made in Italy 2025 ospitando in rubrica Michelangelo Iossa, cultore della bellezza italiana, e promotore delle eccellenze nostrane anche all’estero, Iossa, è giornalista, scrittore e docente di “Teorie e Tecniche di Branding e Communication Management” all’Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa”, e dedica alla moda italiana il recente volume “ Storia della moda italiana – Tessuti, riti e miti dal Rinascimento a Valentino” (Diarkos edizioni) . Il libro celebra l’eccellenza italiana nella moda “raccontandola” con l’abilità stilistica del giornalista e la capacità divulgativa del docente e regala al lettore un excursus, un lungo viaggio in cui si intersecano storia, alto artigianato, talenti straordinari, competenza, estro, haute couture, e pret-à-porter, comunicazione e sartoria”.

Il libro da poco in libreria sarà presentato in tre prestigiosi incontri a partire da Napoli il 30 gennaio alle 17.30 negli spazi del Museo del Corallo ‘Casa Ascione’, a  Milano il 1 marzo alle 17.30 negli spazi di Palazzo Cusani, nell’ambito della Settimana della Moda milanese e a Roma il 5 marzo alle 15.00 al Senato della Repubblica / Palazzo Madama.

Michelangelo, benvenuto a eccellenze made in Italy. Celebri la moda italiana, mi racconti l’idea del libro e l’approccio con l’argomento?storia moda italiana

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Grazie a te, cara Cristina, per avermi invitato nel tuo accogliente ‘salotto’ di eccellenze, ne sono onorato. Il volume “Storia della Moda italiana” è, senza dubbio, un’opera di sintesi tra i miei tre principali ambiti professionali: la scrittura, il giornalismo e la didattica universitaria a carattere divulgativo. Il libro è nato pensando proprio alle giovani generazioni ed è concepito con uno stile che si colloca a metà strada tra la saggistica, il giornalismo di moda e la divulgazione della cultura popolare del Novecento. Ho suddiviso il percorso dando a ciascun capitolo il nome di un protagonista-chiave della storia della moda, dalla Beatrice dantesca a Leonardo Da Vinci, da Michelangelo Buonarroti ai grandi sarti italiani del Novecento, passando per i fuoriclasse della moda come “l’Imperatore” Valentino, “il Re” Giorgio Armani, la coppia d’oro Dolce & Gabbana o il grande innovatore Gianni Versace. Un lungo viaggio in cui si intersecano storia, alto artigianato, talenti straordinari, competenza, estro, haute couture, e pret-à-porter, comunicazione e sartoria. Nella moda trovano spazio, in una magnifica sintesi, interi sistemi simbolici che alimentano il dialogo tra cultura e natura. È nella moda che prende vita l’identità delle differenze.

Inizi dal Rinascimento e arrivi ai giorni nostri. Come si è svolto il tuo lavoro di ricerca?

L’abbigliamento e la moda sono quell’ideale crocevia tra creazione artistica, produzione industriale, tecnica artigianale, bisogni primari, ornamento e commercio. E se è vero che l’Italia è il supremo laboratorio dell’incontro tra culture, popoli, arti, mestieri, talenti, corporazioni e regionalismi, allora appare inevitabile che sarà l’Italia il luogo-cardine della moda mondiale.

Stoffe, abiti e calzature, nelle loro rappresentazioni scritte, figurate o materiali, sono una fonte preziosa per comprendere i dialoghi e le collisioni tra passato e presente: sono partito proprio dal dialogo tra arte e letteratura per raccontare la storia della moda del nostro Paese. A cavallo tra il XIII e il XIV secolo, ancor prima del Rinascimento, nella futura Italia si fa largo la moda come fenomeno su cui posano il loro sguardo attento il sommo Dante Alighieri, ma anche il novelliere e letterato Franco Sacchetti o lo storico Giovanni Villani.

Cuffie, fogge, copricapi, becchetti e cappucci fanno capolino nella pittura giottesca, ad esempio.

Ma non è tutto: nella Firenze cinquecentesca del Buonarroti, l’interazione tra arte e moda produce una prima forma di “fertilizzazione incrociata”, una “cross-fertilization” dalle mille direzioni che genera frutti innovativi in moltissimi i campi, grazie al trasferimento di conoscenze culturali e competenze professionali tra i differenti settori. 

Il nuovo sistema della moda, nella sua complessiva economia simbolica e rappresentativa, è per il Rinascimento tutt’altro che marginale: se nel Medioevo l’abito è raffigurazione tangibile di un ruolo sociale, in epoca rinascimentale lo sfarzo delle corti esplode in modo significativo. Da un lato, la pittura è fonte fondamentale per raccontare la storia della moda e, sull’altro fronte, la storia della moda è uno strumento altrettanto potente e utile per analizzare l’iconografia e il significato di un’opera.

storia moda italianaSe nel Rinascimento, oltre alla manifattura erano i tessuti pregiati a rendere unica e riconoscibile la moda italiana, oggi quale o quali caratteristiche identificano il Made in Italy nella moda?

Nel momento in cui “mette in scena” la moda della Firenze del Rinascimento, l’arte si fa strumento di diffusione della moda: un abito rappresentato in un quadro ben visibile diviene modello per tutti. Analogamente, anche la moda, nella misura in cui “usa l’arte” in forma pubblica, la rappresenta non soltanto qualificando i prodotti sartoriali, ma confermando il prestigio e la speciale legittimità dell’arte come sede del bello e del raffinato.

La moda si camuffa da mondo dell’arte e fa propri alcuni modelli di comportamento dell’arte, mentre quest’ultima assimila dal mondo della moda le sue strategie, le tattiche e i vezzi commerciali, come avverrà sino all’età contemporanea.

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Oggi, con il termine Made in Italy, possiamo intendere cose molto diverse tra loro e ciò vale, in particolare misura, per il sistema-moda. Un prodotto è, letteralmente, Made in Italy se viene “costruito in Italia”, ma appare ovvio che, in un tempo fatto di delocalizzazione produttiva, esistono diverse percentuali possibili di realizzazione di un prodotto in uno specifico Paese. L’espressione “Made in Italy” esplode quando i produttori italiani, soprattutto dagli anni Ottanta in poi, si oppongono alla falsificazione della produzione industriale o artigianale italiana, soprattutto in quattro settori – moda, cibo, arredamento e meccanica – noti anche come le “4A dell’Italia”: Abbigliamento, Agroalimentare, Arredamento e Automobili.

Il ruolo del grande visionario toscano Giovan Battista Giorgini è stato determinante nella costruzione simbolica del “Made in Italy” a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Le sfilate di Giorgini hanno l’enorme merito di far notare al mondo che il gusto degli italiani per l’arte ed il bello sono in grado di dar vita ad un nuovo e concreto modello di sviluppo.

Dai maestri ai sarti, passando per gli stilisti, che ruolo continuano ad avere gli artigiani della moda?

Va riconosciuto, che – accanto ad un ampio talento imprenditoriale – l’eccellenza italiana è anche un’eccellenza di filiera. La tradizione artistico/creativa dell’Italia si unisce a una costante tensione verso la qualità: la creatività, cioè, non è mai fine a sé stessa ma è sempre orientata ad una concretezza produttiva, anche grazie alla presenza di migliaia di piccole imprese, organizzate in aree di specializzazione dove prevalgono le relazioni di rete. Il baricentro del Made in Italy è, de facto, fortemente spostato sulla manifattura: l’Italia controlla – dalla materia prima al prodotto finito – le filiere produttive della maggior parte dei beni.

È dal Rinascimento, secondo molti osservatori, che nasce l’immagine – positiva – del “saper fare” italiano, basato sull’esperienza delle botteghe e delle corporazioni, esperienza che ha nella moda l’esempio più immediato in termini di continuità storica tra artisti e artigiani. L’espressione “bello e ben fatto” esprime la capacità di lavorare e nobilitare la materia, innanzitutto, in senso progettuale. È estetica del quotidiano, è bellezza innovativa ma funzionale. Quando la moda italiana insegue il costo più basso, il prodotto più furbo o la comunicazione dozzinale tradisce una reputazione, un’immagine e un’eredità di eccellenza nel fare, che affonda le sue radici a non meno di sei secoli di storia.

 

Attraverso le evoluzioni della moda italiana si racconta anche il cambiamento sociale?

Senza alcun dubbio! Basterebbe citare il caso più recente del fast fashion, in grado di raccontare ampiamente l’ultra-velocità dell’epoca contemporanea.

Mi viene in mente, in tal senso, la celebre “Venere degli Stracci” del Maestro Michelangelo Pistoletto degli anni Sessanta: una Venere collocata di spalle rispetto allo spettatore vede ergersi un cumulo di vestiti, gettati l’uno sull’altro, proprio come avviene con gli stracci. L’opera del maestro di Biella rivelava uno sguardo quasi profetico sull’esplosione dell’usa-e-getta e sui rischi del fast fashion. La caratteristica-chiave di questa strategia è la riduzione dei tempi di messa in vendita dei capi d’abbigliamento. Il comparto della moda ha mostrato grande difficoltà nell’adeguarsi a questo repentino cambiamento dell’intero fashion system, anche perché la velocità non è mai stata una prerogativa dei brand dell’high-end.

Stanco di assistere a scenari ‘estranei’ al mondo della moda, all’indomani della pandemia da Covid-19, Giorgio Armani invia una lettera al Women’s Wear Daily in cui dichiara di assistere a un autentico declino del comparto-moda, ormai scandito da calendari di collezioni pressoché inesistenti. “I don’t work like that, and I find it immoral to do so” (“Io non lavoro in questo modo e trovo immorale lavorare così”) afferma Re Giorgio nella sua lettera, che ribadisce come il fast-fashion non possa mai essere tradotto nel linguaggio dell’alta moda.

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La contemporaneità non è più ambasciatrice del solo fast fashion, ma addirittura di una forma di ultra-fast-fashion, fenomeno successivo alla ‘moda veloce’. Il sistema-moda si interroga continuamente sullo sviluppo sociale e sulla sostenibilità ambientale, anche nel rispetto delle condizioni di lavoro della manodopera impiegata.

 

 

Come hai selezionati i grandi brand presenti nel libro? 

Ho voluto raccontare le grandi storie imprenditoriali che entravano nella grande Storia e nascevano da grandi talenti e da contesti sociali molto diversi tra loro. La solenne creatività di Giorgio Armani e Valentino Garavani, la scintillante fantasia di Gianni Versace e Dolce & Gabbana, il sud che si cela nelle vicende di Salvatore Ferragamo ed Eugenio Marinella, l’alto artigianato che sfocia nell’arte delle sorelle Fontana, di Gucci e di Fendi, l’audacia di Pucci, Missoni, Biagiotti e Krizia o la forza narrativa di Gianfranco Ferrè. Tutto concorre alla costruzione di una moda profondamente ‘italiana’: non solo un’industria o un sistema di comunicazione, ma anche una gigantesca forma d’arte e un soft power della politica e della diplomazia italiana, in grado di influenzare la percezione pubblica del fascino e della forza di un intero Paese e del suo ruolo nella società e nella geopolitica internazionale.



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