Pensiero unico e cultura dell’emergenza: il grande inganno dell’informazione moderna

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Sarà semplicistico, ma credo sia spontaneo cercare la verità negli avvenimenti e nelle notizie. Sarà altrettanto semplicistico, ma credo che ricercare la verità in ciò che ci ribalta addosso l’informazione, sedicente “ufficiale”, sia diventato un esercizio impossibile, soprattutto se, distrattamente, ci si ferma a quanto viene scritto e detto dai grandi media nazionali, ai quali la politica ha ormai affidato il compito di sbrogliare le matasse più ingarbugliate e di commentare e spiegare, ad uso e consumo di lettori e ascoltatori, le questioni più complesse.

Ci si trova così a leggere firme “autorevoli” e ad ascoltare “grandi giornalisti”, commedianti più che conduttori, specialisti nell’adombrarsi alla bisogna; nel ragionare freddamente sulle “prospettive”; nel  coinvolgere il pubblico, sempre plaudente, presente negli studi televisivi; nell’indignarsi per contratto; nel fare i moralisti a cottimo; nel regalare sempre l’ultima parola agli ospiti più importanti; nell’essere maestri dell’ovvio, docenti della banalità, completamente senza il senso del limite, della relatività e delle cose umane.

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Veri anchorman, ma anche anchorwoman, che imperversano a tutte le ore sugli schermi delle Tv pubbliche e private, impegnatissimi a celebrare i fatti compiuti, a imporre l’egemonia culturale e civile, che ci vuole tutti obbedienti; tutti contenti che per tutto ci sia, già pronto, un miracoloso vaccino; tutti felici del nuovo codice della strada targato Salvini; tutti smaniosi di pagare nuove tasse, necessarie a fornire armi e denari all’Ucraina e tutti eccitati, ogni qual volta i TG comunicano che Israele ha bombardato una nuova scuola, un nuovo campo profughi o un nuovo ospedale.

Tutti impegnati a raccontarci quanto siamo fortunati a vivere liberi in questo mondo libero, al calduccio, fra “mamma Europa” e “mamma America”, ovviamente da pargoli adottati, due mamme non possono concepire senza l’aiuto diretto o indiretto di un “patriarca”, ma comunque siamo liberi, pensate, senza l’Europa e senza l’America, senza il loro “disinteressato” amore, saremo rimasti italiani e tutti, proprio tutti, seppur con sfumature diverse, scrivono e dicono che sarebbe stato un grosso guaio. 

E allora via con il “pensiero dominante”, quello che deve essere di tutti, quello destinato ad elevarci ad un più alto grado di libertà. No, state tranquilli, nessun riferimento al Leopardi, nessuno vuole parlare dell’amore come di un sogno che ci eleva e ci distacca dalla realtà, di un pensiero dominante che è passione bruciante per una donna.

Nel pensiero dominante made in U.S.A., esportato in tutta Europa e Paesi N.A.T.O., non è previsto l’abbandono alla dolcezza dell’immaginazione di leopardiana memoria; non è prevista cultura che non sia quella riconosciuta dal mainstream, né tantomeno amore o libertà decisionale. 

Dopo quattro anni di gestazione, passando dall’emergenza sanitaria a quella bellica; dall’emergenza climatica a quella economica; dall’emergenza immigrazione a quella politica e chi più ne ha più ne metta, è sbocciata la “cultura dell’emergenza”, una “cultura” che non solo ostacola la nostra capacità di prosperare come individui e come ecosistema, ma che compromettere significativamente il benessere delle famiglie e dell’intero Paese.

I “giornaloni” , quelli di cui si leggono prime pagine, già a tarda notte, nelle rassegne stampa televisive e le TV, quelle mantenute col canone e quelle che si mantengono di pubblicità, ormai hanno assunto il ruolo dei funzionari, precettori e ripetitori dell’ideologia globale, quella che vuole, ad esempio, i ricchi russi, essere sempre dei cattivi oligarchi ed i miliardari americani, essere sempre dei virtuosi filantropi, non esiste, secondo la libera informazione occidentale, un oligarca americano, né tantomeno un filantropo russo.

Siamo liberi, cosa vogliamo di più?

I media ce lo ripetono tutti i giorni e in tutte le salse. Ci aiutano a capirlo non riconoscendo opinioni diverse da quelle già confezionate e imbellettate nei Palazzi del potere, non ammettendo idee, progetti e pensieri, ritenuti forme d’insolenza, d’infrazione e di eversione, addirittura, cose bollate, dallo “scienziato” di turno, come una forma di patologia regressiva. 

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Che dire, sarà forse perché si vive ormai sotto il dominio del “politicamente corretto”, quello che mischia in un tutto indistinto l’alto col basso, l’uomo ragno con Omero, la politica col “genere fluido”, il massacro dei palestinesi con la shoah, o il diritto alle cure sanitarie con l’obbligo vaccinale, che ormai solo più le minchiate vengono trattate come cose serie.

Come non accorgersi che viviamo in un’epoca che inneggia alla libertà illimitata, elogia la trasgressione, denigra e denuncia ogni forma di autoritarismo, di pudore, di costrizione proveniente dal passato, dalla religione e dalla tradizione, ma che, stranamente, è piena di censure e di aspiranti “filosofi” e “pensatori” del nuovo millennio, pronti ad imporre ciò che non si può dire, quello non si può fare, ciò che è vietato e quello che è proibito.

Come non accorgersi del trionfo del bigottismo dell’ipocrisia!

Nascondere la realtà, omettere la verità, usare un linguaggio falso e fariseo, adottare la finzione come galateo e catechismo, cioè come norma etica ed estetica è ormai qualcosa di più di una semplice prassi consolidata, è un obbligo, l’alternativa è il silenzio, ovviamente imposto, di fatto e in buona parte per legge.

La televisione ci imbottisce di promo turistici e si è da tempo ritagliata la dimensione di “influencer” di farmaci e integratori, buoni per tutto, quando non addirittura miracolosi. I giornali, non il nostro, da tempo hanno anticipato i censori, quelli del “politicamente corretto”, della “dittatura democratica”, infatti, hanno quasi tutti scelto di mettersi la museruola da soli, forse, in base al principio che “un bel tacere non fu mai scritto”.

Certo, non ci siamo solo noi, ma quanti distinguo penosi e quante ipocrisie; quanti cortigiani, maestri nell’arte di strisciare ci è toccato vedere e quante genialate ci è toccato leggere.

Ancora, fra chi denuncia l’agguato alla libertà d’informazione ad opera dei “fascisti” o dei “comunisti” del momento, c’è chi scrive che “non si può fare di ogni erba un fascio”, che comunque “l’Italia è la patria del diritto” o, ancora, che “è fatta salva la dignità dell’uomo” e, perché no, ci sono anche quelli, sedicenti guerrieri a difesa della libertà di stampa, che ricorrono a più dotte giaculatorie per dare una mano al potere, arrivando a tirare in ballo il “dubio pro reo”.

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Di fatto, nuotare contro corrente, soprattutto quando l’acqua è così sporca, non è cosa facile e se a questo punto siamo arrivati è perché l’esasperata lottizzazione dell’informazione ha riempito le redazioni di aspiranti Demostene, tutti in fila, ansiosi di farsi mettere i “sassolini in bocca”, ma anche di molte bocche, che chiedono a gran voce di essere libere di poter leccare e di promuovere la beatificazione del comandante di turno.

Non è un caso se ad ogni scossone elettorale si è costretti ad assistere al rimescolamento delle nomine nel mondo radiotelevisivo; al riposizionamento di personaggi rappresentativi dei partiti, delle loro correnti interne o delle lobby che hanno finanziato le campagne elettorali. Nessuna novità, semmai una conferma, ormai i padroni della politica sono anche i padroni dell’informazione ed oggi, molto di più rispetto al passato, la cosa è oltremodo visibile. 

Il mondo ci sta crollando addosso, lavorare ed essere pagati è ormai cosa sempre più difficile; la N.A.T.O. sta posizionando 10 navi da guerra nel mar Baltico; la C.G.I.A. di Mestre annuncia che nel 2025 le bollette potrebbero arrivare a costare al sistema imprenditoriale italiano 13,7 miliardi in più rispetto al 2024; gli U.S.A. hanno addirittura disposto sanzioni contro la Corte

Minchiate per tutti, grandi minchiate per pochi dotti, ma minchiate dal risvolto pensoso, capaci di penetrare i cervelli più indifesi e di far capire quanto sia importante mantenere e far crescere questa “libertà”, quella delle minchiate!

dell’AjA, rea, secondo i nipotini dello Zio Sam, di aver emesso un mandato internazionale di cattura per Netanyahu e Gallant, accusati di crimini di guerra contro l’umanità; Israele, non più contenta di sterminare palestinesi, si sta da tempo dedicando al bombardamento di Cisgiordania, Yemen, Siria e Libano; gli Stati Uniti e l’Unione Europea continuano a distribuire sanzioni ai “Paesi canaglia”, l’ultima al Sudan, come se fossero indulgenze; nella nostra democratica Italia, dove si rischia il ritiro della patente dopo aver bevuto uno spritz, dopo Firenze, Bologna, Milano e Napoli, vengono introdotte le “zone rosse” anche a Roma, ovviamente, il tutto per la nostra sicurezza; la Sardegna, in barba ai diritti costituzionali della sua gente, ha dichiarato inammissibile il referendum popolare contro la speculazione eolica; la “transizione digitale”, nonostante le tante rassicurazioni governative, non pare essere così sicura, infatti, la Polizia postale, impegnata nella lotta al crimine informatico, ha segnalato oltre 18.000 casi di truffe online, costate ai malcapitati 181 milioni di euro; gli investimenti nella sanità pubblica, ormai inesistenti, hanno fatto decollare la spesa sanitaria privata dei cittadini italiani che, costretti sempre più spesso ad aprire il portafogli per ottenere visite e cure, hanno speso più di 43 miliardi nel 2023 ed è stimato possano aver superato abbondantemente la spesa di 60 miliardi nel 2024; il settore auto in Europa, grazie alla “transizione ecologica”, che vorrebbe tutti alla guida di pericolose e inadatte auto elettriche, ha perso oltre 40.000 posti di lavoro, più del doppio rispetto all’anno precedente; Christine Lagarde ha annunciato che la B.C.E sta preparando l’euro digitale; è nata la “MAP-Union, nuova organizzazione che rivendica diritti per le persone adulte attratte sessualmente dai minori e in ultimo, ma solo per non continuare sino allo sfinimento, lo scorso anno sono stati rubati dal “forziere” dall’inattaccabile InfoCert, fra le principali aziende italiane fornitrici dello Spid e di servizi di identità digitale, i dati di oltre 5 milioni di italiani. Insomma, davvero niente male, peccato che tutte queste cose, così come i privilegi e le immunità dei Parlamentari e dei Senatori, anche di quelli a vita, dei magistrati e di tutti quelli che si foraggiano infilando il muso nella grande greppia pubblica, continuamente riempita con i denari delle tasse e delle multe, non siano attenzionate dalla “libera” informazione italiana. Eppure sono cose che offendono il comune sentire, che vanno oltre il limite della più sfacciata indecenza, che insultano la povertà e la parità di diritti. Ormai i media, tanto le televisioni quanto le principali testate giornalistiche, tutto offrono, ma certamente non la garanzia di pluralismo, piuttosto, a ben vedere l’accuratezza con la quale cercano di coltivare l’astio e l’odio fra centro-destra e centro-sinistra, schieramenti politici dalle differenze impercettibili, sembrano unicamente e disperatamente impegnati a suscitare interesse in una platea sonnecchiante, sempre più estranea, partecipazione al voto docet, al teatrino della politica romanocentrica.

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A tener banco, a far da premessa e conclusione, nei TG, nei programmi dedicati alla politica, ormai divenuti di semplice intrattenimento, di mercimonio televisivo, valvola di spurgo di una società malata e allo stremo, sono le minchiate, divenute in un brevissimo periodo, dai tempi della censura pandemica, il genere imperante.

Più sono grandi e più fanno ascolto, più sono grottesche e più riempiono le pagine dei grandi giornali, quelli costantemente preoccupati di apparire autoriali e autoritari.

Minchiate per tutti, grandi minchiate per pochi dotti, ma minchiate dal risvolto pensoso, capaci di penetrare i cervelli più indifesi e di far capire quanto sia importante mantenere e far crescere questa “libertà”, quella delle minchiate!





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