Appunti Divini: Donna Donatella Cinelli Colombini e l’evoluzione dell’enoturismo italiano – WineFood

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Conoscere Donna Donatella Cinelli Colombini, è stata una folgorazione perché la sua Persona, il suo Intelletto, la sua Lucidità, nel definire i punti su quello che “funziona” e su quello che “dovrebbe funzionare meglio” nell’ambito dell’enoturismo, è stata illuminante e continua ad esserlo.

Ha inventato tutta una serie di grandi opportunità che riguardavano il vino come cantine aperte, l’enoturismo, il trekking urbano e scritto una quantità di libri sull’argomento…

Donatella Cinelli Colombini: Sono produttrice di vino in Toscana, ho due cantine che sono le prime in Italia con un organico di sole donne. È partita come una sfida, diciamo così, in un momento vent’anni fa, venticinque anni fa, in cui le donne avevano pochi spazi nei ruoli di cantina della produzione del vino e poi si è rivelata invece una scelta vincente perché adesso esportiamo in 44 mercati esteri e abbiamo per ora 10 vini, ma stanno diventando 12, siamo sopra i 90 centesimi nei punteggi, nei rating della stampa internazionale. Quindi abbiamo, diciamo, affermato che essere donna nel mondo del vino non è un handicap, forse addirittura è un vantaggio. E oltre a questo ho promosso in Italia, in un momento in cui nel 1993, c’erano solo pochissime cantine aperte al pubblico, il turismo del vino e inventai la giornata Cantine Aperte.

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Oggi le cantine aperte al pubblico sono circa 20.000 in Italia, quindi la stragrande maggioranza delle aziende di produzione che arrivano fino alla bottiglia e al consumatore finale con il loro marchio. E il segmento del turismo del vino è diventato importante non tanto come volumi di fatturato, ma quanto come percentuali di redditività perché è un tipo di canale commerciale che permette un incasso immediato e ha dei margini di guadagno per le cantine molto più alti rispetto a quelli dei canali commerciali normali. Quindi soprattutto per le zone d’Italia dove c’è già turismo o c’è già turismo del vino è diventato molto importante il turismo del vino e in generale può essere una prospettiva importante per tutte le cantine italiane.

 

Susanna Basile: Qual è la differenza tra un uomo e una donna nell’ambito del vino? Lo dico dal punto di vista psicologico: noi siamo abituate all’accoglienza quindi essendo abituate all’accoglienza essendo abituate a imbastire pranzi cene e organizzare anche piccoli alberghi. Sento di storie di vignaioli maschi che non sono così ricettivi. Nel senso che lo fanno perché lo devono fare perché comunque sia come dici tu, sono anche introiti diretti che arrivano che non devono aspettare necessariamente tutto il circuito della produzione della vigna della bottiglia e quindi diventa un discorso anche soprattutto economico. Mentre le donne che hanno iniziato non l’hanno fatto per questione di economia l’hanno fatto proprio perché ce l’hanno nel loro DNA così come tu hai dimostrato nel podcast nella storia delle “Donne, Vino e Segreti” . Di quella bellissima esperienza che avete fatto insieme a tutte le altre signore che sono state intervistate che proprio è nel DNA della donna il discorso dell’accoglienza che non ha a che fare con la passività o comunque con il fatto di essere chiuse a casa. (Qui c’è il link per poter accedere al podcast “Donne, Vino e Segreti”: https://tinyurl.com/553mpp2m) Ecco cioè non è la donna che fa la casa e la cucina e fa quello e quell’altro c’è un discorso ancora più profondo ancora più antico a che fare con la dea Estia com’è c’è una dea la Dea del focolare ma stiamo parlando di Grandi Madri.

 

D.C.C.: Ma diciamo se si va a vedere i grandi numeri, questa differenza si vede anche nei fatti, perché gli uomini sono più forti nella parte produttiva in cantina e nella vendita. Le donne sono molto forti nel commerciale, nel marketing, nella comunicazione e nell’accoglienza turistica. Quindi presidiano nelle cantine la parte dove il vino dalla produzione arriva alla vendita. Si trasforma in euro, in dollari, in sterline inglesi, in yen cioè diventa commercializzabile. E questa è la parte principale perché è inutile produrre se non vendi.

 

S.B.: Certo, assolutamente. Ma senti a proposito dei libri così parliamo anche perché abbiamo deciso di fare questa puntata sulla parte creativa della Donatella  mentre un’altra puntata la faremo proprio sui vini dedicandoci proprio alla zona in cui lei risiede e lavora. Come ti è venuta l’idea? Cosa è che mancava?  Nel 2003 ha pubblicato il manuale del turismo del vino, nel 2007 il secondo libro marketing del turismo del vino e poi nel 2016 marketing delle cantine aperte, poi turismo del vino in Italia scritti a più mani e viaggio nell’Italia del vino e uno sul turismo 4.0. Quindi sono tantissimi libri e tantissime idee, no? Come ti è venuta questa voglia? Cosa è successo?

 

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D.C.C.: Perché io ho avuto anche un’esperienza di Assessore al Turismo a Siena e a quell’epoca mi resi conto che anche nelle strutture pubbliche non c’era la percezione che il turismo del vino o il turismo in generale fosse una disciplina a sè da studiare come si studia l’ingegneria, la meccanica, la medicina, la contabilità, ecco, che fosse una materia piuttosto intuitiva. Basandosi sulle formazione umanistica si arrivasse a sviluppare il turismo. Invece il turismo è una materia economica che ha delle leggi e che ha delle dinamiche per cui non è una barca senza timone.

 

Il timone c’è, però non si può pensare di guidare una nave vera o un compatto turismo senza avere delle competenze tecniche. E queste competenze non sono moltissime, ma bisogna averne. Bisogna avere un’idea dello scenario mondiale dei flussi turistici verso l’Italia e anche dei bisogni, perché il turista non si muove per destinazione, si muove per motivazione, capito? Quindi, se noi costruiamo un’offerta turistica, o nel caso nostro è una turistica che corrisponde ai bisogni del turismo o dei turisti, noi avremo successo, altrimenti dovremo competere sul prezzo.

 

Non c’è altra strada. Ecco, così come bisogna imparare a usare meglio delle risorse a nostra disposizione, perché il nostro Paese è quello che ha il potenziale più alto, più alto di tutti. Perché mentre, per esempio, le cantine australiane, sudafricane, californiane, sono tutte moderne, tutte molto simili, perché guardate, io mi diverto quando faccio i convegni a far vedere delle foto di una cantina e chiedere alle persone che mi ascoltano, dico, secondo voi dov’è questa cantina? Non riescono a capirlo, perché le botti o i tini sono tutti uguali, in qualunque parte del mondo.

 

Quindi, cosa ci distingue noi italiani? Che noi abbiamo le cantine nei trulli, nei castelli medievali, nelle ville palladiane, abbiamo una moltitudine di situazioni e soprattutto tante cantine a conduzione familiare dove c’è un vissuto fortemente radicato nel territorio che si associa anche a una gastronomia locale, che è un’altra forza enorme, che noi abbiamo tre elementi di forza enorme, delle cantine molto diversificate, in territori con scenari naturali molto diversi e molto belli. Il secondo elemento è una gastronomia tipica, ancora vivente, conservata, che può essere abbinata al vino. Il terzo elemento forte è che siamo il paese del mondo con più vitigni autoctoni, quindi abbiamo un potenziale nel turismo del vino imbattibile, però bisogna imparare a usarlo.

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E questo significa che l’esperienza che dobbiamo proporre al visitatore deve essere solo nostra. Non bisogna vergognarsi a uscire dal coro e non bisogna nemmeno vergognarsi delle scarpe sporche di terra, perché è quello che affascina il visitatore: è una civiltà a contatto con la natura diversa da quella che lui vive a Francoforte, a Londra, a New York, a Toronto, cioè in ambienti urbani. Quello l’affascina e quindi quella ritrosia che abbiamo sempre un po’ noi del mondo agricolo, che ci sentiamo sempre un po’ gli ultimi della fila, i cittadini un po’ più meno considerati. Ecco, questo è un errore ed è stato dimostrato nei mesi scorsi. Ve li ricordate i trattori che andavano verso Roma con la gente che applaudiva? Ecco, perché il mondo rurale, agli occhi della popolazione normale, oggi ha un valore molto alto e va capito, va ricordato.

 

S.B.: Ma infatti è proprio di quest’anno, mi sembra, anche l’apertura alla raccolta dell’uva durante la vendemmia e quindi all’apertura turistica. Cosa che prima si faceva più tra amici, fra conoscenti, cioè non c’era questo tipo di divulgazione, per cui anzi ora è diventato cool, andare a fare la vendemmia e tagliare l’uva, no?

 

D.C.C.: La vendemmia turistica era una richiesta costante delle agenzie turistiche di tutto il mondo. Cioè poter dire, “ah questa bottiglia di Brunello, di Barolo, di Amarone, di Nero d’Avola è fatta con le mie mani, con l’uva che ho colto io”, era un’esperienza molto richiesta. Poi le Città del Vino sono riuscite a far firmare un protocollo all’Ufficio, al Ministero del Lavoro, alle autorità che presidiano appunto il lavoro, un protocollo che regola la presenza dei turisti nella vigna. Perché proprio da noi a Montalcino c’è stato il caso di tre medici belgi, un dentista e due chirurghi, credo, che sono andati a fare la vendemmia turistica da un loro amico e parente e sono stati pescati lì dall’Ufficio del Lavoro e hanno bloccato l’azienda. Hanno fatto una multa gigantesca. Finché poi questo proprietario dell’azienda è andato a fare il confronto in tribunale e il magistrato si è messo a ridere. Ma è decisamente evidente che sono turisti.  Sono arrivati in bicicletta, erano vestiti da turisti. Sono tre medici belgi. Mi dice, ma scusate, ma secondo voi avete visto operai? E quindi li ha assolti, però questa azienda ha avuto dei problemi per più di un anno per questo fatto. Allora, è stata regolamentata, ci sono delle norme da seguire, bisogna avvertire prima l’Ufficio del Lavoro, mettere dei cartelli, i turisti devono essere riconoscibili con un badge. Ci sono dei limiti, ecco, non si possono fare vendemmia turistica insieme a quelle vere.

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S.B.: La maggior parte di aziende di cui noi parliamo sono sempre aziende, familiari: cosa succede nel passaggio tra genitori e figli? Soprattutto genitori, in questo caso maschi, perché è un progetto su cui vorrei lavorare. Genitore maschio, uomo, che deve lasciare l’azienda alla donna, alla figlia.

 

D.C.C.: Io ho avuto l’esperienza di una genitrice femmina, donna, mia madre, e devo dire la tendenza è quella di puntare sul maschio. Se le cantine sono importanti, soprattutto nel passato c’era quasi una scelta obbligata, ecco, di puntare sul maschio. Cosa succede? Vediamo delle grandissime professioniste donne nel mondo del vino, sono sempre di più per fortuna. Però non è vinta la battaglia, ecco, questo va capito. Tuttora c’è da sbloccare una serie proprio di tradizioni e anche di consuetudini, ecco, fra un figlio e una figlia. Quello che tuttora viene indirizzato alla facoltà di enologia o agraria è il figlio maschio, non certo la figlia femmina.

S.B.: Bisognerebbe fare sempre di più divulgazione perché all’interno dell’associazione delle Donne del Vino ci sono enologhe, ci sono agronome, ci sono una serie di donne che fanno un’attività che veramente ancora la prerogativa è quella maschile, da questo punto di vista. Però è un discorso che va comunque sdoganato, è anche spesso farcito di pregiudizi, mi è capitato appunto di conoscere delle enologhe, delle agronome favolose, fantastiche, anche molto femminili, diciamocelo, perché a volte si pensa che questi lavori in qualche modo, come si dice, ti mascolinizzano, no? Essendo lavori che comunque dove c’è una prerogativa maschile fondamentale, io ho conosciuto delle donne affascinanti, bellissime, che facevano questo lavoro e lo facevano con grande femminilità, lo raccontiamo per invitare chi ci segue a contemplare queste professioni come confacenti all’universo femminile per amore nei confronti della terra.

 

D.C.C.: In effetti quello che vediamo, le cantine più famose in Italia, Sassicaia, ha un’enologa donna che è una persona minuta, molto graziosa, molto femminile, così come la Ornellaia. Ecco, si tratta di donne che hanno avuto anche grandi esperienze all’estero e non hanno caratteristiche maschili, non mascolinizza come lavoro. Certo, va detto, come tu giustamente dicevi all’inizio, che la donna è più predisposta, proprio il cervello femminile, per i lavori di relazione, quindi in linea di massima, nella maggior parte dei casi, la maggiore potenzialità delle donne si esprime nella parte commerciale, nella parte di marketing, di comunicazione, di wine hospitality, di accoglienza in cantina. Per la parte produttiva forse gli uomini hanno quella leggera predisposizione in più, in linea generale.

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S.B.: A proposito delle cantine toscane riguardo le ristrettezze che ci sono state per i controlli alla guida. Mi piacerebbe che ci raccontassi di quest’ultima soluzione creativa da parte vostra.

 

D.C.C.:  Le nuove sanzioni introdotte dal ministro Salvini sui controlli a seguito di Alcoltest fanno sì che la quantità di vino che si può bere è piuttosto limitata, non tantissima. Quindi, le cose che purtroppo succedono nelle cantine, che dopo la visita guidata c’è un assaggio, ecco, la persona che guida deve limitarsi a un calice. Questo perché in generale, diciamo, il turista non è abituato come il professionista che assaggia il vino ma poi lo sputa, non lo deglutisce. Anche io stessa ho impiegato anni per farlo in pubblico, prima  non ci riuscivo. Le cose che sono da consigliare sono prima di tutto di abbinare l’assaggio con del cibo tipico, perché a stomaco pieno la quantità di vino che si può bere cresce un pochettino. E poi di limitare la persona che guida a un solo assaggio, oppure a un sorso di più vini, ma un sorso, in modo tale che poi la quantità non superi quei 10-15 centilitri che sono poi la quantità che lo fa stare tranquillo sull’Alcoltest. Ecco, perché nell’arco dai 15 minuti alle due ore successiva all’assaggio, l’Alcoltest risente del vino o dell’alcol che uno ha bevuto.

Quindi il consiglio, la tecnica che noi abbiamo adottato in azienda è di dire alla persona che deve fare delle rinunce nell’assaggio, gli diamo uno sconto, uno sconticino, in modo tale che gli si allevia un po’ la sofferenza della rinuncia che deve fare. Perché obiettivamente quegli assaggi che normalmente si fanno, che sono dalle tre vini in su, lui li deve un po’ contenere.

 

S.B.: In questo modo, secondo me, si amplificherà il discorso dell’accoglienza, bevo quanto voglio e poi dormo sul posto. Oppure prima di partire si fa come fanno negli Stati Uniti, oppure come hai detto tu, come fanno negli altri paesi.

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D.C.C.: Per gli stranieri è una cosa diversa. Come succede per esempio a Montalcino, soprattutto ai visitatori stranieri, perché queste stesse norme che abbiamo in Italia all’estero sono già applicate da anni, per cui sono già abituati. Sanno già chi guida, beve o sputa il vino o beve solo un sorso o ne beve uno solo, insomma prende delle precauzioni. Poi c’è il turismo americano, quello nord americano, cioè canadese e statunitense soprattutto, ma anche un po’ di brasiliani, che arrivano con le agenzie che hanno la macchina con conducente e loro sono avvantaggiati indubbiamente. E il turismo italiano, che viaggia con auto propria, e lì soprattutto nelle coppie bisogna che uno dei due faccia un pochino un sacrificio.

 

S.B.: Noi facciamo così, io bevo e mio marito guida. Quindi è così. Non abbiamo avuto nemmeno discussioni, cioè sai quando tu dici ah ma forse io, niente è così, io bevo e tu guidi e abbiamo risolto il problema.

Concludiamo con una meravigliosa risata corale e ci diamo un arrivederci con Donna Donatella al prossimo appuntamento dove ci racconterà dei vini delle sue aziende…

 

 

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