La rinuncia alle cure e il diritto alla salute razionato

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ROMA Nel suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica ha richiamato l’attenzione su un tema sempre più urgente: la povertà sanitaria. Si tratta di un fenomeno che sta dilagando in Italia, aggravato dalle lunghe liste d’attesa del Servizio sanitario nazionale (SSN) e dalla difficoltà, per molti, di accedere a cure mediche anche attraverso il settore privato, a causa di motivi economici. Una condizione che colpisce soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione e che solleva gravi interrogativi sull’equità.
Come evidenziato dal quotidiano Avvenire, secondo i dati forniti dall’Istat e dal Censis, sono circa 4,5 milioni gli italiani che nel 2023 hanno rinunciato a prestazioni sanitarie necessarie, come visite specialistiche ed esami diagnostici. Le ragioni di questa rinuncia sono molteplici: in primo luogo, le difficoltà economiche (che hanno impedito il 4,2% della popolazione di accedere alle cure), e in secondo luogo, i lunghi tempi di attesa, che hanno riguardato il 4,5 % degli intervistati. Questi dati evidenziano un problema grave: un sistema sanitario che, pur essendo pubblico, non riesce a garantire a tutti i cittadini pari opportunità di accesso alle cure.
Il fenomeno assume connotati ancora più preoccupanti quando si osserva che, in un terzo dei casi in cui i cittadini hanno tentato di prenotare una prestazione sanitaria, si sono trovati costretti a rivolgersi al settore privato, sostenendo personalmente il costo della prestazione. Si tratta di un dato che sottolinea quanto il sistema pubblico non sia in grado di rispondere alle necessità di tutti, spingendo molte persone verso il privato per poter ricevere assistenza. La conseguenza di ciò è che, pur di ottenere le cure, il 36,9% degli italiani ha dovuto ridurre altre spese quotidiane, un fenomeno che colpisce in particolare le famiglie con redditi più bassi.

L’impatto della pandemia e le differenze economiche

La pandemia ha avuto un impatto significativo sull’accesso alle prestazioni sanitarie in Italia, con un aumento delle persone che hanno dovuto rinunciare a cure necessarie: dal 6,3% nel 2019 all’11,1% nel 2021, per scendere al 7, 6% nel 2023. La difficoltà di accesso, secondo gli esperti, è principalmente di natura economica. Le lunghe liste d’attesa e la mancanza di risorse economiche costringono molti a rinunciare a rivolgersi al privato, creando un sistema sanitario che rischia di diventare “per censo”, dove chi ha più denaro bypassa le attese. Nonostante i tentativi di intervento da parte della politica, come il Piano Nazionale delle Liste d’Attesa 2019-2021, la situazione non è migliorata. Le misure adottate, incluso il decreto legge del giugno scorso, non hanno portato a soluzioni concrete. Al contrario, la spesa sanitaria privata è aumentata del 20,2% tra il 2013 e il 2023, mentre quella pubblica è cresciuta solo del 5,2%. Nel 2023, la spesa sanitaria privata ha rappresentato il 25,2% della spesa totale, segnando un trend preoccupante che alimenta le disuguaglianze.

Le disuguaglianze sanitarie in Italia: un sistema diviso tra Nord e Sud

Va detto che il Servizio sanitario nazionale italiano ha subito un lungo processo di vincoli economici, iniziato con i decreti legislativi 502/92 e 517/93, che hanno privilegiato il controllo dei costi a discapito della qualità delle cure. Questo approccio ha, in molti casi, incentivato una forma di privatizzazione del rischio sanitario. A ciò si aggiunge la disparità nella qualità dei servizi sanitari tra le diverse Regioni, che crea disuguaglianze e iniquità. Durante la pandemia, ad esempio, le Regioni con una rete territoriale più sviluppata hanno potuto offrire una migliore assistenza a domicilio ai pazienti Covid. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ha cercato di colmare questo diverso investendo nella sanità territoriale, ma le differenze regionali rimangono evidenti. Secondo i dati dell’Agenas, le performance delle Regioni italiane sui Livelli essenziali di assistenza (Lea) evidenziano un chiaro gradiente tra Nord e Sud. Alcune Regioni del Nord (come Piemonte, Lombardia, e Veneto) superano ampiamente la soglia di sufficienza, mentre altre, come Calabria, Sicilia e Sardegna, faticano a raggiungere i livelli minimi di assistenza, soprattutto nelle aree di prevenzione e assistenza distrettuale. Inoltre, la soddisfazione dei cittadini rispetto alla sanità regionale varia notevolmente, con il 58,8% di soddisfatti nel Nord-Est e solo il 29,2% nel Sud e nelle Isole, confermando le disuguaglianze esistenti.

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