“Bisogna ripristinare il tetto al prezzo dell’energia rinnovabile”

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Ripristinare il tetto al prezzo dell’energia rinnovabile introdotto dal governo Draghi, utilizzando però i circa 8 miliardi di proventi per stipulare contratti di fornitura di energia a prezzo più basso alle imprese. È una delle proposte avanzate dal segretario di Azione, Carlo Calenda. “Il sistema industriale italiano – spiega l’ex ministro al ‘Sole 24 Ore’ – è a un punto di rottura. E lo è perché contemporaneamente c’è una crisi interna all’Europa, con mercati di sbocco in difficoltà come la Germania e la Francia, e ci sarà l’imposizione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump, che sarà molto più violenta di quello che si pensa. Anche in Cina c’è una crisi che colpisce il nostro tessile. A questo – osserva Calenda – si aggiunge la crisi del settore automotive. Stiamo cercando di identificare soluzioni per sostenere gli investimenti”. Un tema fondamentale è il costo dell’energia: “Proponiamo di riutilizzare il decreto varato dal governo Draghi sui cosiddetti extraprofitti delle rinnovabili (il provvedimento allora prevedeva un tetto al prezzo dell’energia green. Questo settore è stato sostenuto negli anni con 220 miliardi di incentivi, ai quali si aggiunge il riconoscimento della remunerazione del capitale e l’indicizzazione al prezzo unico nazionale che è molto influenzato dal prezzo del gas”.

E’ poi necessario “limitare l’indicizzazione al Pun fissando un tetto al prezzo al quale questa energia può essere remunerata, che tenga conto dell’andamento dei prezzi nei 10 anni precedenti. Questa misura deve diventare permanente. La differenza rispetto al meccanismo varato dal governo Draghi è che i circa 8 miliardi di gettito che può determinare questo tetto dovrebbero essere usati per fare contratti di lungo periodo a costo contenuto al di fuori dal prezzo di Borsa, con aziende energivore o consorzi di aziende”. Calenda chiede al governo di “far stipulare questi Ppa usando il Gse, conferendogli una funzione nuova. È necessario poi ottenere dalla Ue una deroga per ampliare gli sconti agli energivori, finanziati con i fondi provenienti dalle aste sugli Etf, ad alcuni settori industriali oggi esclusi, a partire dall’automotive. Questa è la manovra che presentiamo e che non ha impatto sui conti pubblici. Tra l’altro su questa proposta abbiamo avuto un’apertura da parte del ministro per l’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin”. Le utility non saranno molto contente: “È normale che le utility vogliano difendere una rendita di posizione, ma dobbiamo decidere se vogliamo far restare l’Italia un paese manifatturiero. Di Energy release si parla dal governo Draghi. Ora servono soluzioni più efficaci in tempi veloci. Peraltro accanto a queste misure di emergenza per difendere le imprese sarebbe necessario riavviare subito il nucleare in Italia”.

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Il leader di Azione spiega che “abbiamo fatto una proposta di ripristino del nucleare riutilizzando i siti delle centrali che sono state smantellate in Italia. Ricordo che la centrale di Trino Vercellese era la più potente del mondo ed è stata fatta in tre anni. Dobbiamo chiederci come fare a consentire all’industria nazionale di andare avanti. Quello che farà Trump sarà un combinato di dazi e di attrazione delle aziende a produrre negli Usa a fronte di sconti fiscali, oltre a fornire energia a costi molto bassi. Come lo controbilanciamo questo?”. Secondo l’ex ministro “il governo Meloni non credo voglia davvero assumersi la responsabilità di far ripartire il nucleare, sta per varare un decreto quadro nel quale si dice che tra due anni ci sarà il decreto legislativo che consentirà davvero di ripartire. A quel punto la legislatura sarà finita. Il nucleare con la tecnologia disponibile ha tempi lunghi di realizzazione e costi che non sono così competitivi. La produzione nucleare è oggi l’unica che ti garantisce l’indipendenza e la certezza del prezzo”. Quanto a Transizione 5.0: “Non possiamo restare su un meccanismo che non funziona. È necessario tornare al modello di industria 4.0 e, se questo implica una negoziazione con la Commissione europea, lo si faccia. Credo che stiamo entrando in una fase in cui Bruxelles alla fine, poiché non ha la forza di pianificare una politica industriale usando il debito comune, tornerà a ripensare di allentare di nuovo le regole sugli aiuti di Stato. A livello europeo, d’altro canto, si pensa di affrontare le crisi creando gruppi di lavoro su temi già affrontati dal rapporto Draghi”. “Di questo passo – conclude Calenda – l’industria non ci sarà più. È auspicabile che il governo riesca a dirottare una quota dei fondi del Pnrr per rifinanziare Industria 4.0. Per l’automotive, poi, andrebbero introdotte garanzie parziali dello Stato sugli investimenti: per far ripartire un settore che si è fermato”.

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