Donald Tusk striglia l’Ue: “L’Europa si armi se vuole sopravvivere”

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Dall’inviato a Strasburgo – Quasi una chiamata alle armi, l’intervento con cui il premier polacco, Donald Tusk, ha presentato al Parlamento europeo le priorità del semestre di presidenza della Polonia al Consiglio dell’Ue. Il motto scelto da Varsavia, ‘Sicurezza, Europa!’ è tutto un programma, la “massima priorità”, declinata addirittura in sette dimensioni. La prima, prerogativa di tutte le altre, è la sicurezza contro i nemici esterni: “Se l’Europa vuole sopravvivere, deve armarsi“, ha affermato Tusk. Come fa già la sua Polonia, che spende ormai il 5 per cento del proprio Pil per la difesa.

L’appello del premier polacco è solo l’ultimo in ordine di tempo, nella giornata in cui anche l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, e il commissario europeo per la Difesa, Andrius Kubilius, hanno sottolineato l’urgenza di “mobilitare le finanze per soddisfare le nostre necessità di difesa”. Kubilius, intervenuto alla conferenza annuale dell’Agenzia europea per la difesa, ha alzato l’asticella della spesa militare in rapporto al Pil al 5-6 per cento. Sempre questa mattina, il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha insistito sulla necessità di costruire una vera “Unione della Difesa”.

Donald Tusk al Parlamento europeo di Strasburgo, 22/01/25

Tusk ha scelto un discorso meno concreto, puntando tutta sulla forza simbolica delle immagini richiamate. Dalla rivisitazione in chiave europea dell’inno polacco, in cui si afferma che “la Polonia non morirà finché noi viviamo”, alla “crisi dello spirito europeo“. Il premier polacco ha citato Cristoforo Colombo, Alessandro Magno, i vichinghi e i navigatori europei, perché l’Europa “dovrebbe sempre fare riferimento ai grandi momenti della nostra storia che hanno cambiato il mondo”.

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È questa “grandezza” che dà all’Europa “il diritto di parlare con convinzione a voce alta” di fronte agli altri attori globali, in un contesto geopolitico sempre più aggressivo e incerto. “Siamo pari ad altre potenze, è un dato di fatto, ma dobbiamo crederci!”, ha affermato un infervorato Tusk agli eurodeputati. Nessun complesso di inferiorità, a partire dal rapporto con l’alleato oltreoceano. “Se oggi Trump parla della necessità di assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza, consideriamola come una sfida positiva”, ha proseguito Tusk, evidenziando che a ben vedere “solo un alleato può augurare al proprio alleato di essere più forte“. Il premier popolare ha poi rivisitato una famosa massima di John Fitzgerald Kennedy, invitando gli eurodeputati a “non chiedersi che cosa l’America possa fare per l’Europa, ma cosa potete fare voi per l’Europa e per la vostra sicurezza”.

Le 7 dimensioni della sicurezza e la revisione del Green Deal

Varsavia ha declinato il diktat della sicurezza in sette dimensioni: oltre alla sicurezza esterna, quelle interna, delle informazioni, economica, energetica, alimentare, sanitaria. Tusk ha rivendicato l’impegno della Polonia, un Paese che “stanzia ormai il 5 per cento del Pil in sicurezza e lo fa per tutta l’Europa”, perché condivide più di 600 chilometri di confine con Russia e Bielorussia. Tusk ha chiarito: “Non è una mia scelta, non sono un militarista. Ma per evitare una tragica replica della storia, dobbiamo essere forti, armati e determinati”.

Tusk ha poi proseguito denunciando la strumentalizzazione delle migrazione e gli attacchi ibridi, chiedendo all’Eurocamera di “proporre all’Europa un grande progetto di deregolamentazione”, auspicando – in linea con la sua famiglia politica, il Ppe – passi indietro sull’impianto del Green Deal. “Vi chiedo di avere una revisione critica e oggettiva di tutte le normative, anche del Green Deal. Dobbiamo essere in grado non solamente di indicare la nuova strada, ma anche di cambiare questa normativa che può portare a una ulteriore impennata dei prezzi dell’energia”, ha affermato il premier, secondo cui in definitiva “l’indipendenza e la sovranità europea sono collegate a quella energetica” e se l’Europa dovesse fallire a livello economico, “nessuno si preoccuperà più dell’ambiente a livello mondiale”.

Le reazioni dell’Aula e lo scontro con i conservatori polacchi

Sullo sfondo, il premier polacco Donald Tusk, e in primo piano la presidente del gruppo S&d al Parlamento europeo, Iratxe Garcia Perez, 22/01/25

All’appassionato discorso del presidente di turno del Consiglio dell’Ue, l’Eurocamera ha reagito con altrettanto fervore. Osannato dai popolari, accolto con sollievo da socialisti e liberali dopo il semestre di presidenza di Viktor Orbán, aggredito duramente tanto dalla sinistra radicale quanto dai gruppi di estrema destra. Per il leader del Ppe, Manfred Weber, Tusk ha “riportato lo stato di diritto in Polonia e rimesso la Polonia al centro dell’Europa”, ed ha avuto il merito – mentre altri “ingenuamente trattavano la Russia come partner strategico“, di “chiedere un’Unione dell’energia per allontanarci da Putin”. La capogruppo dei socialdemocratici (S&d), Iratxe Garcia Perez, ha bacchettato i passi indietro sulla transizione verde, perché “Green Deal è sicurezza”, e l’invito alla deregolamentazione, che significa “fare passi indietro”. Ma ha poi teso la mano verso il premier popolare, reinterpretando le parole dell’inno polacco con cui Tusk aveva aperto: “Neanche l’Ue morirà finché le forze democratiche lavoreranno insieme e rimarranno in vita”, ha dichiarato la leader socialista.

Accuse esplicite a Tusk, oltre che da Patrioti (PfE) e Sovranisti (Esn), sono arrivate anche dai Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), il cui presidente – Mateusz Morawiecki – è leader del partito Diritto e Giustizia (PiS) ed ex premier polacco. “Abbiamo un primo ministro che mente, che usa tante belle parole ma fa il contrario di quello che predica”, lo ha attaccato Patryk Jaki, eurodeputato del PiS, prima di elencare una serie di presunte colpe del premier: il recente acquisto di gas russo, la costruzione di 49 centri per migranti, la manipolazione del concetto di stato di diritto.

Alla delegazione del PiS, alleata in Europa di Fratelli d’Italia, Tusk ha indirizzato il suo affondo finale. “Ho provato vergogna ascoltandoli – ha affermato concludendo il dibattito -, non sono abituati alle buone maniere”. Tusk ha rivendicato la propria lotta “con altre forze democratiche in Polonia proprio per togliere il potere a queste persone, perché il loro modus operandi è una minaccia per l’Unione e per i suoi valori”. Tra gli applausi dei gruppi della coalizione europeista, Tusk ha accusato l’AfD tedesca e il PiS polacco di sostenersi a vicenda “aiutati da Mosca”.

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