Tenani (Schroders): “Diversificati e attivi per affrontare il 2025”

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Secondo il country head Italia della società, il nuovo anno si apre con prospettive di crescita che supporteranno i mercati ma aumenteranno la dispersione dei rendimenti. Approccio selettivo all’azionario globale e investment grade europeo le strategie da preferire, mentre in termini di business la capacità di offrire soluzioni personalizzate sulle expertise distintive (anche grazie all’intelligenza artificiale) farà sempre di più la differenza

“Lo scenario economico rimane favorevole: l’inflazione si sta muovendo nella giusta direzione, i tassi di interesse si stanno normalizzando e assisteremo molto probabilmente a un aumento degli stimoli fiscali in molte aree geografiche. È, quindi, ragionevole aspettarsi un atterraggio morbido, anzi la nostra previsione è che la crescita possa anche accelerare nuovamente nel corso del 2025”.

A fronte di una view positiva, non mancano però, secondo Luca Tenani, country head Italia di Schroders, elementi di sempre maggiore complessità che caratterizzeranno i mercati nei prossimi mesi e che imporranno agli investitori un aggiornamento, se non un riposizionamento, in termini di approccio.

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Che cosa significa questo in termini di asset class?

Tra obbligazioni e azioni saranno queste ultime a offrire maggiori rendimenti nel 2025. È necessario, però, evitare i rischi di sovraesposizione verso quei titoli che nel corso degli ultimi due anni hanno dominato la scena. L’S&P 500 non solo risulta particolarmente caro, ma la sua capitalizzazione oggi appare anche eccessivamente concentrata su un numero molto limitato di titoli. Prendiamo le prime sette società statunitensi, che rappresentano una quota del mercato azionario globale che è superiore al peso combinato di sei Paesi: Cina, Giappone, Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Canada. Quindi la strada da seguire nel corso del prossimo anno, secondo noi, sarà quella di avere un approccio certamente più selettivo per cogliere le opportunità man mano che emergeranno. E questo significa allargare il proprio orizzonte di investimento, considerando anche altre aree geografiche che non siano solo gli Stati Uniti. E significa anche guardare ad altri settori oltre a quello tecnologico. Chiaramente questa maggior selettività dei titoli che si basa sulla capacità di generazione degli utili e questa maggiore diversificazione di portafoglio si rende necessaria anche perché non possiamo ignorare i numerosi rischi a cui i mercati sono esposti nonostante un contesto economico generalmente favorevole.

Quali sono questi rischi?

Stiamo affrontando una fase di disruption senza precedenti nello scacchiere globale. Le tensioni geopolitiche non svaniranno nel breve termine, i dazi e le guerre commerciali potrebbero inasprirsi e, infine, non possiamo escludere un’escalation dei conflitti in corso. Sulla parte azionaria, quindi, pensiamo siano da favorire soluzioni globali molto diversificate in cui è il gestore a decidere su quali Paesi, settori e titoli investire.

L’obbligazionario potrà offrire una protezione dalla volatilità? Qual è la vostra view sull’asset class?

La vera buona notizia nel mondo del reddito fisso è che è tornato a generare rendimenti significativi che permetteranno all’asset class di giocare una parte importante nel corso del 2025.

Più dell’elemento di diversificazione rispetto alla componente azionaria conta, quindi, la possibilità di rappresentare una fonte di reddito per tutti quegli investitori che hanno bisogno di un flusso cedolare periodico. Anche in questo caso, però, il nostro suggerimento è quello di investire sui mercati con un approccio molto attivo, quindi non vincolato a uno specifico benchmark di riferimento.

Questo soprattutto nel 2025, perché riteniamo che la volatilità, sia sui tassi di interesse che sulle valute, sia destinata ad aumentare a seguito anche della nomina di Donald Trump come nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Bisognerà gestire la componente di duration e di posizionamento su settori e titoli in maniera molto agile. In termini di comparto ci focalizziamo ancora sull’investment grade, soprattutto europeo.

Parliamo di mercati privati. Un ambito che guadagna sempre più spazio nelle strategie degli asset manager e su cui Schroders punta già da tempo. Verranno rispettate le aspettative di crescita?

Per noi è un’opportunità importantissima. Oggi gestiamo circa 100 miliardi di dollari in asset privati e lo facciamo in maniera molto diversificata, coprendo diverse aree dal private equity al private debt, passando per il real estate e le infrastrutture. La gamma di prodotti è già molto estesa per cercare di soddisfare le esigenze e le richieste del maggior numero possibile di investitori. Anche in termini di tipologia di prodotto offriamo sia fondi chiusi, evergreen semiliquidi ed Eltif proprio per facilitare l’accesso a un numero sempre maggiore di clienti, anche individuali.

L’attuale normativa europea favorisce la creazione di prodotti evergreen, di fatto sempre disponibili, e questo agevola molto le reti distributive che devono interfacciarsi con una clientela individuale abituata alle caratteristiche dei fondi comuni che investono su mercati liquidi. La percentuale di penetrazione è destinata quindi, secondo noi, ad aumentare ma è necessario un grande lavoro culturale sia lato distribuzione che clientela.

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L’obiettivo deve essere quello di rendere possibile la creazione di portafogli che contengano sia asset quotati sia asset illiquidi per ogni tipologia di investitore. Questo mix, infatti, può generare una performance migliore. Non dimentichiamoci che le Borse oggi rappresentano solo la punta dell’iceberg del panorama economico. Oggi meno del 15% delle società statunitensi che generano più di 100 milioni di ricavi sono quotate e se guardiamo l’orizzonte temporale che va dal 1996 al 2023, il numero delle aziende quotate sulla borsa americana è diminuito del 40%.

In questo quadro, quali sono le priorità di Schroders in termini di business?

Non c’è dubbio che oggi il mercato dell’asset management sia maturo e iper-competitivo. Non esiste una ricetta univoca per rispondere alle sfide e per adattarsi ai cambiamenti. Noi abbiamo deciso di puntare su semplificazione, scalabilità ed esecuzione impeccabile. Questo significa innanzitutto focalizzarsi sulle proprie competenze distintive che generano maggiore valore per il cliente finale. Per farlo è essenziale avere un atteggiamento di ascolto nei confronti del mercato per far sì che processi e procedure si possano adattare al meglio ai bisogni della clientela.

C’è poi un tema legato alla digitalizzazione. Non c’è dubbio che la tecnologia giocherà un ruolo decisivo anche nell’industria del risparmio gestito e ha già avuto degli impatti molto forti. L’intelligenza artificiale molto probabilmente accelererà i processi di cambiamento in atto, trasformando i modelli di business e di servizio più velocemente di quanto accaduto in passato.

Per quanto ci riguarda, l’implementazione dell’IA avviene lungo tutta la catena di produzione, sia nella fase iniziale, in cui, ad esempio, l’immensa mole di informazioni che è disponibile sui mercati viene resa più immediatamente fruibile ai gestori, fino ad arrivare alla parte finale della catena della produzione, dove i reparti di marketing e di vendite utilizzano la tecnologia per una gestione più efficiente dei database clienti e soprattutto per formulare delle proposte di investimento sempre più personalizzate.

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