TikTok nell’era Trump: come siamo arrivati fin qui e cosa può accadere 

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Nell’aprile del 2024 il presidente americano Joe Biden firma il “Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act“, una legge che vieta l’uso di TikTok negli Stati Uniti, a meno che la società madre, ByteDance, non venda l’app entro il 19 gennaio 2025. Dopo aver tentato invano di ribaltare la decisione presso la Corte Suprema, TikTok va offline una volta scaduta la deadline. Tuttavia, il blocco dura solo poche ore. Il nuovo presidente, Donald Trump, firma infatti un ordine esecutivo lo stesso giorno del suo insediamento, concedendo altri 75 giorni a ByteDance per trovare un acquirente. Un sospiro di sollievo per i milioni di utenti americani affezionati all’app, anche se il futuro di TikTok rimane avvolto nell’incertezza. 
 
Oggi, il destino dell’app è nelle mani di colui che per primo ne aveva proposto il divieto negli Stati Uniti. Soprattutto, il futuro di TikTok è parte integrante della crescente competizione tra Stati Uniti e Cina, dove la tecnologia rappresenta uno dei principali fronti di scontro. 

 Come si è arrivati a questo punto? Quali sono stati gli effetti di questa lunga fase di incertezza sull’app e sui suoi utenti? Cosa accadrà a TikTok? 

Come siamo arrivati fino a qui?  

La storia di TikTok inizia nel 2017, quando ByteDance, azienda cinese fondata da Zhang Yiming, acquisisce per un miliardo di dollari Musical.ly, una piattaforma popolare tra i giovani per i video di lip-sync (muovere la bocca su una traccia preregistrata). Nove mesi dopo, ByteDance integra Musical.ly in TikTok, rendendo l’app una piattaforma globale, con un algoritmo che si rivela vincente nel favorire video virali e stimolare l’interazione degli utenti. Negli anni, TikTok vede un’ascesa impressionante, raggiungendo nel 2021 oltre un miliardo di utenti attivi mensili e diventando il punto di riferimento per tendenze e fenomeni culturali delle nuove generazioni.  

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Con la crescita, arrivano anche le controversie. Nel 2019, TikTok paga una multa di 5,7 milioni di dollari per aver violato le leggi statunitensi sulla privacy dei minori. Lo stesso anno, alcune inchieste sollevano dubbi sulla presunta censura di contenuti sensibili per il governo cinese, come le proteste di Hong Kong e il massacro di Piazza Tiananmen del 1989. Questi episodi spingono il governo degli Stati Uniti a indagare sui rischi legati all’acquisizione di Musical.ly e alle potenziali implicazioni per la sicurezza nazionale. Durante il suo primo mandato come presidente, Trump tenta di vietare l’app negli Stati Uniti, ma il tentativo viene successivamente annullato dalle corti federali. Sotto l’amministrazione Biden, nel 2023, la Camera dei rappresentanti approva con un sostegno bipartisan nuove misure per vietare TikTok o obbligare ByteDance a vendere l’app a un’entità non cinese. La legge passa anche al Senato e viene firmata dal presidente Biden ad aprile. Il 2025 segna il culmine di questa lunga battaglia, con la Corte Suprema che conferma all’unanimità il divieto federale sull’app.  

Perché gli Stati Uniti considerano TikTok una minaccia alla sicurezza nazionale?   

Le preoccupazioni degli Stati Uniti nei confronti di TikTok ruotano attorno ai legami tra ByteDance, la società madre che possiede l’app, e il governo cinese. Tuttavia, la minaccia che ciò potrebbe rappresentare non è stata definita concretamente dal governo americano e, anche in sessioni riservate del Congresso, i rischi legati a TikTok sono stati descritti in termini vaghi e ipotetici. L’attenzione si è spesso focalizzata su come l’enorme quantità di dati raccolta da TikTok – interessi personali, preferenze e a volte anche geolocalizzazioni – potrebbe essere usata per scopi di spionaggio, ricatti e disinformazione. Alla base di questi timori si possono identificare alcuni elementi concreti: ad esempio, le normative cinesi impongono alla maggior parte delle aziende di istituire un comitato del Partito Comunista all’interno delle loro strutture, composto da membri fedeli al partito; tutte le aziende e i cittadini cinesi sono poi legalmente obbligati a collaborare con l’intelligence nazionale. Un altro elemento rilevante è la golden share“, ovvero una quota dell’1%, acquisita dal governo cinese in una delle sussidiarie principali di ByteDance, la Beijing Douyin Information Service, che controlla la versione cinese di TikTok. Un altro tema rilevante è quello della strategia cinese di “fusione militare-civile”, che punta a integrare lo sviluppo economico, sociale e la sicurezza nazionale in un unico sistema strategico unificato. A riguardo, anche ByteDance può essere vista come un ingranaggio di questa strategia, soprattutto alla luce del suo ruolo nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, le cui applicazioni potrebbero estendersi a settori sensibili come quello militare o della sorveglianza. 

TikTok, da parte sua, nega qualsiasi influenza del governo di Pechino. Ha cercato di rassicurare il pubblico e le autorità spostando i dati degli utenti statunitensi su server gestiti da Oracle e sottolineando che la maggioranza dei suoi investitori è globale, con sedi principali a Singapore e Los Angeles. Tuttavia, lo sviluppo del codice dell’app, che gestisce i suoi algoritmi, rimane nelle mani di ByteDance. Per il governo americano, l’unica soluzione per mitigare il rischio è trasferire la scrittura del codice e lo sviluppo tecnologico completamente su suolo statunitense. La Corte Suprema sostiene la necessità di questa misura per proteggere la sicurezza nazionale e gli interessi strategici degli Stati Uniti.  

La questione di TikTok, però, va oltre i potenziali rischi per la sicurezza nazionale degli USA, ricollegandosi alla sempre più marcata competizione tra USA e Cina per chi sarà la superpotenza dominante di questo secolo e ricordando come ciò sia indissolubilmente legato alla competizione nel settore tech. Un tempo considerata la “fabbrica del mondo” per prodotti di bassa qualità, oggi la Cina è una superpotenza tecnologica in grado di competere con gli Stati Uniti. TikTok riflette questo cambiamento: per la prima volta da un paio d’anni, l’app più scaricata al mondo non è americana, ma cinese. Il primato tecnologico è ciò che ha permesso agli USA di stabilire standard globali, guidare l’innovazione e diventare la prima superpotenza. Nei social network, l’azienda americana Meta ha sempre detenuto il controllo globale, influenzando il modo in cui il mondo utilizza uno degli strumenti più rilevanti del nostro tempo. Per gli Stati Uniti, perdere il monopolio sulle app social utilizzate dai propri cittadini rappresenta una doppia minaccia: la perdita del controllo sui dati e una riduzione del proprio soft power. 

Quanto è importante TikTok per gli americani? 

Dalla sua creazione, l’app ha trasformato il mondo dei social media, influenzando la cultura popolare e affermandosi anche come una fonte di reddito per individui e aziende.  L’algoritmo dell’app, spesso definito dagli utenti come “generoso”, si è fatto conoscere per la sua capacità di promuovere contenuti nuovi, dando visibilità a creatori emergenti e utenti occasionali, piuttosto che concentrarsi solo su figure già famose. Sebbene il futuro della piattaforma rimanga incerto, la sua influenza, con un terzo degli adulti e la maggioranza degli adolescenti negli Stati Uniti presenti sulla piattaforma, è innegabile. La sua popolarità ha fatto si che TikTok stia anche ridefinendo il modo in cui le persone si informano. Oggi, secondo quanto riportato dal Pew Research Center, il 39% degli adulti americani sotto i 30 anni dichiara di informarsi regolarmente sull’app. Anche se non cercano contenuti informativi, gli utenti si imbattono frequentemente in notizie grazie alla natura fluida dell’algoritmo, che combina cultura pop, intrattenimento e informazione in un flusso costante di contenuti. Sempre più spesso, però, le notizie vengono diffuse tramite influencer e non testate giornalistiche tradizionali, contribuendo in diversi casi ad alimentare la disinformazione, un problema sempre più presente nel panorama americano. 

Come mai Trump ha cambiato idea?

Il paradosso che chi ha avviato la “guerra” contro TikTok possa ora essere colui che salverà l’app rappresenta una delle molte, profonde contraddizioni della seconda presidenza Trump. Già durante la campagna elettorale, il tycoon non aveva nascosto di aver cambiato la sua opinione sul social. A settembre aveva pubblicato un video sul suo social network, Truth Social, vantandosi di aver stabilito record sull’app e affermando di essere “una grande star su TikTok,” e dicendo “se vi piace TikTok, andate a votare per Trump.” Effettivamente, la sua figura si è dimostrata adatta all’immaginario e agli algoritmi della piattaforma. Trump conta ben 14,5 milioni di follower sull’app e dimostra di essere consapevole di come questa abbia giocato un ruolo chiave nel permettergli di far guadagnare al partito repubblicano il maggior numero di voti da parte dei giovani dal lontano 2008. Per questo, bandirla oggi si presenta come un azzardo verso l’elettorato, con più pro che contro. Diversamente da quando Trump iniziò ad agitare i timori che TikTok fosse una minaccia per la sicurezza nazionale statunitense, oggi, da presidente, è più vantaggioso non essere ricordato come colui che ha mandato offline una delle app più amate dai giovani americani, ma piuttosto come colui che l’ha salvata. 

La parentesi di Xiaohongshu e i “rifugiati di TikTok” 

A ridosso del 19 gennaio, scadenza fissata per l’oscuramento di TikTok in caso di mancata vendita di ByteDance, emerge un fenomeno curioso: molti utenti, allarmati dalla possibile chiusura, iniziano a cercare alternative, trovandole, ironicamente o per protesta, in un’altra app cinese. Sono infatti più di tre milioni, secondo i dati riportati da Reuters, i nuovi utenti statunitensi che, autodefinendosi “rifugiati di TikTok”, inondano nel giro di un paio di giorni Xiaohongshu (la cui traduzione letterale è “libretto rosso”). In pochi giorni, Xiaohongshu arriva in cima alla classifica delle app gratuite scaricate dagli store di Apple e Google non solo negli Stati Uniti, ma anche in alcuni paesi europei. Fondata nel 2013 come una comunità online focalizzata su consigli di shopping e viaggi, Xiaohongshu, con sede a Shanghai, conta più di 300 milioni di utenti, per lo più donne. Si dice che il suo valore si aggiri sui 20 miliardi di dollari. Come spesso avviene con le app cinesi, anche questa unisce più funzionalità, presentandosi come un misto tra un social network e un e-commerce. All’estero è nota come RedNote ma, al contrario di TikTok, che ha una sua versione cinese, non è pensata per un pubblico internazionale. Questa “migrazione” inaspettata di utenti occidentali su RedNote, oltre a mettere in allerta i censori cinesi incaricati di mantenere i contenuti dell’app conformi alle linee guida del partito, ha dato vita a delle simpatiche interazioni tra gli utenti social cinesi e quelli anglofoni, creando un vaso comunicante tra due ecosistemi social che normalmente non interagiscono. In un momento in cui i rapporti ufficiali tra i due paesi sono tesi, le interazioni su RedNote hanno mostrato fra la gente comune grande curiosità reciproca, contribuendo a sfidare alcune narrazioni mainstream. Molti utenti occidentali della piattaforma hanno sfidato la retorica sinofobica, diventata centrale nei dibattiti politici sul Paese. Queste dinamiche, a loro volta, hanno spinto gli utenti cinesi a riconsiderare le loro idee sull’Occidente, aprendo un dialogo più ampio su temi che spaziano dalla geopolitica alla sanità. Il tutto con una buona dose di ironia. 

Cosa potrebbe succedere ora? 

Il successo di RedNote sembra però destinato a scemare, dal momento che TikTok è di nuovo attivo e sembra avere dalla sua parte il nuovo presidente degli Stati Uniti. Difficile dire, però, quale piega prenderà il futuro dell’app. Per abrogare la legge che vieterebbe TikTok sarebbe necessario un intervento del Congresso, ma esiste un’altra possibilità: Trump potrebbe chiedere al suo nuovo procuratore generale di non farla applicare. Questo scenario, tuttavia, porterebbe grande incertezza per aziende tech come Apple e Google, che si troverebbero a fare affidamento sulle promesse instabili della nuova amministrazione di non applicare la legge. La possibilità più concreta ad oggi sembra essere che TikTok si trasformi in uno strumento di leva nelle mani dell’amministrazione Trump nella partita contro la Cina. Quando si parla di servizi, la Cina rimane un ecosistema chiuso alle aziende occidentali; tutte le app social americane, come X (ex Twitter), Facebook o YouTube, sono state bloccate dal Partito Comunista e rimpiazzate con corrispettive versioni cinesi. Difficile che ci possa essere un cambiamento da questo punto di vista, ma TikTok potrebbe diventare una merce di scambio in questo e altri campi, come quello commerciale. D’altronde, i temi su cui trattare tra Washington e Pechino non mancano. 

Microcredito

per le aziende

 

Trump ha dichiarato su Truth Social di voler una “posizione di proprietà del 50%” in TikTok tramite una joint venture, in cui ByteDance potrebbe restare coinvolta. Tuttavia, non è chiaro cosa implichi questa quota. Secondo TikTok, ByteDance è già posseduta al 60% da investitori non cinesi, tra cui BlackRock e General Atlantic. Infine, emerge il ruolo di Elon Musk come possibile ponte tra Trump e la Cina. Le indiscrezioni su un suo possibile coinvolgimento come acquirente dell’app sono state finora chiaramente smentite dalle autorità cinesi. Tuttavia, in quanto CEO di Tesla, un’azienda con una produzione fortemente radicata in Cina, Musk mantiene un buon rapporto con le autorità di Pechino, incluso il primo ministro Li Qiang, che durante uno degli incontri con Musk nel 2024 ha elogiato Tesla come un ‘modello di successo’ per la collaborazione tra Stati Uniti e Cina. Questo potrebbe favorire una mediazione anche su una questione delicata come quella di TikTok. 





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