Il Giubileo e la guerra l’antitesi del nostro presente

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«Il Giubileo ha un valore teologico molto importante e tutto il mondo dovrebbe rendersene conto. Cambierebbe molto se la gente aprisse il cuore, anche coloro che hanno scatenato la guerra» dice Padre Gabriele Bejenaru, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Migranti della Diocesi di Prato dal 2022.

Arrivato in Italia dalla Romania, inizialmente per un periodo determinato, è poi rimasto accettando l’invito del vescovo. Don Gabriele ha 37 anni e sta svolgendo il ministero sacerdotale alla parrocchia della Resurrezione, a Prato. Lavora a stretto contatto con una realtà multiculturale avendo in carico le comunità cittadine di nazionalità rumena, cinese, pakistana, nigeriana, albanese e filippina. La sua generosità ha varcato i confini nazionali poiché dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, insieme alla Caritas diocesana di Prato e a associazioni del territorio, ha contribuito all’invio di beni umanitari per i rifugiati anche grazie agli scatoloni donati con generosità dalla cittadinanza.

«C’era tanto bisogno, abbiamo visto una disponibilità di aiutare molto grande dei pratesi, così abbiamo fatto una piccola campagna di raccolta fondi per i rifugiati e non pensavamo che così tante persone avrebbero partecipato». Nel marzo 2022 è stato mandato il primo furgone con alimenti come il cibo in scatola, prodotti di cura personale non in Ucraina perché «non potevamo, ma alla frontiera in Romania e in collaborazione con un’associazione rumena» chiamata Asociația Donează Gura Humorului. Da quasi tre anni Padre Gabriele lavora con Fysiuk Yaroslav e sua cugina Anya Mitiugaieva, due persone ucraine che portano pacchi con aiuti di ogni genere nel loro Paese d’origine e sono riusciti ad arrivare dove si trovano i rifugiati.

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«Questa coppia ci manda sempre foto e video con le persone che ringraziano, anche i soldati ucraini», racconta il religioso. Ogni venerdì dalla parrocchia della Resurrezione vengono infatti spediti alimenti di base come la pasta, medicine e vestiti per aiutare le persone nei villaggi ucraini alla frontiera con la Romania, come Verenchanka e Kitsman, nella regione (oblast) di Chernivtsi. «Abbiamo ricevuto diverse lettere dai sindaci che accoglievano i rifugiati dalle zone bombardate e abbiamo aiutato fino ad ora un centinaio di famiglie, anche con vestiti per ogni stagione e medicine in sinergia con l’istituto diagnostico Santo Stefano di Prato, dove c’è un posto in cui la gente può portare le medicine».

Un ringraziamento speciale è per i cittadini pratesi, «che hanno un cuore molto grande in questa situazione che purtroppo sembra non avere fine». Padre Gabriele non è mai stato in Ucraina dallo scoppio delle ostilità ma ha in programma di vedere in prima persona lo svolgimento del progetto che promuove, magari nel prossimo mese di febbraio.

La realtà si scontra con lo spirito giubilare e i tavoli delle negoziazioni politiche hanno prodotto finora solo speranze di cessate il fuoco nel caso russo-ucraino. Secondo Luigi Accattoli, vaticanista per molti anni, il Giubileo «ha un grande valore testimoniale ma una verosimile scarsa efficacia pratica, come accade abitualmente con la predicazione papale della pace. Avvenne quando Benedetto XV invitò alla pace nel mezzo della Prima guerra mondiale, che profeticamente definì «inutile strage» – continua il giornalista passato per la Repubblica e il Corriere della Sera – e con gli appelli di pace di Giovanni Paolo II in occasione delle due guerre del Golfo» combattute negli anni Novanta e Duemila in Medio Oriente.

Il messaggio di pace trasmesso dal Giubileo è l’antitesi del presente di conflitti, non solo alle porte dell’Europa, ma anche nell’Africa orientale, nel dimenticato Sudan.

Kiev e Khartoum sono due capitali animate da culture, costumi, storie e tradizioni diverse. La prima è bagnata dal fiume Dnepr, nella seconda scorre invece il Nilo. Simbolo culinario di Kiev è il borscht, una zuppa di barbabietole rosse, carne e verdure. A Khartoum il piatto nazionale è il Ful medames, pietanza a base di fave da consumare con il pane. Ciò che accomuna due territori così differenti tra loro è l’atmosfera di una guerra che pare interminabile. Ucraina e Sudan, ma non solo, perché la Siria, dove è appena caduto il regime di Bashar al-Assad, non si è mai rialzata dalla guerra civile scoppiata nel 2011.

Su tutti i fronti del globo infiammati dalle armi, i diritti fondamentali non esistono più e i civili pagano il prezzo più alto: andare a scuola, avere un tetto sopra la testa e le cure necessarie sono legittime aspirazioni distrutte dalle bombe. Il Pontefice vorrebbe che il Giubileo fosse «l’occasione propizia per un cessate il fuoco in tutti i Paesi dove si combatte» perché «la guerra è una sconfitta umana, non risolve i problemi e porta solo distruzione».

Lo vediamo negli ospedali rasi al suolo a Gaza, nelle fosse comuni di Bucha, negli occhi dei bambini costretti a lasciare la propria casa a el-Fasher, in Darfur, regione del Sudan occidentale. Per Padre Gabriele sarebbe un miracolo che nel 2025 – con il Giubileo – le guerre si fermassero poiché «non sono la soluzione per fermare i conflitti».

In tempi incerti, in cui esseri umani muoiono ogni giorno, Accattoli crede che tra i cattolici siano tanti i disponibili a farsi pellegrini di speranza «come suggerisce Papa Francesco». Infine esprime un personale auspicio: «Quanto mai oggi la Chiesa ha bisogno di speranza e più ancora ne ha bisogno il mondo». Parole di fede che ricalcano quelle di Padre Gabriele, per cui «siamo solo strumenti nelle mani di Dio». Il suo desiderio è che «potremo fare tutto ciò che è a nostra disposizione per fermare le guerre che non hanno portato a nessun risultato». 

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