Mali, cosa aspettarsi nel 2025

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AnalisiQuali sono le prospettive, le speranze e gli scenari possibili all’alba di questo nuovo anno in Mali. Elezioni politiche libere, crescita della rappresentatività e della democraticità all’interno delle Istituzioni parlamentari, possono davvero condurre a un cambio di rotta nella vita del Paese, dei suoi rapporti diplomatici e porre fine al conflitto civile che attanaglia il Paese da oltre un decennio? Il 2025 sarà un anno cruciale per il Mali e per il suo Presidente Assimi Goïta.

IL REPORT DI FINE ANNO DELLA LOTTA AL TERRORISMO E LE SCELTE DEL GOVERNO DI BAMAKO

Dopo la serie di attacchi che la città di Bamako ha subito lo scorso settembre da parte dello JNIM (Jamaʿat Nuṣrat al-Islām wa-l muslimīn) e la violenta risposta da parte dell’esercito maliano, la lotta al terrorismo interno è continuata e non sembra avere una fine ben definita. Il conflitto civile in Mali che, dal 2012, ha inondato le regioni settentrionali e poi centrali del Paese, ha assunto connotazioni sempre differenti nel tempo, sfociando in sanguinosi attentati terroristici e sollecitando reazioni aspre da parte delle truppe maliane guidate dal Presidente ad interim Assimi Goïta. L’ultima operazione ufficiale dello scorso anno, condotta dalle FAMa (Forze armate del Mali) risale al 1° dicembre 2024, presso la cittadina di Tinzaouatène, situata nel circondario di Abéïbara, nella regione di Kidal, prossima al confine algerino. Un’area strategica di vitale importanza, già luogo di aspri combattimenti durante l’ultimo luglio, che ha visto un’operazione militare su larga scala: il 25 luglio 2024 ribelli dello Strategic Framework for the Defense of the People of Azawad (CSP-DPA) con il supporto dello JNIM hanno condotto un attacco a un convoglio militare dell’esercito maliano nei pressi della città di Tinzaouatène. All’interno del convoglio, composto da oltre venti veicoli, era presente anche personale militare del Gruppo Wagner, al seguito del comandante Sergei Shevchenko. Ma, l’imboscata del 25 luglio, fu una reazione al risultato delle operazioni con cui l’esercito maliano e il Gruppo Wagner, qualche giorno prima, avevano preso la cittadina di Inafarak, appena a dieci chilometri dal confine algerino, proseguendo poi per Boghassa. Di quei terribili giorni, la narrazione dei combattimenti fu particolare: da un lato, il portavoce della coalizione dello CSP-DPA Mohamed Elmaouloud Ramadane parlava di una cocente vittoria sull’esercito maliano, costretto alla fuga, dall’altro lo stesso Stato Maggiore delle Forze Armate maliane rivendicava la presa delle città a confine con l’Algeria e lo sterminio dei terroristi. Il Gruppo Wagner si avvalse di Telegram, che in termini di narrazione portò per le prime volte alla pubblica ribalta l’impegno russo nel continente africano. Lo stesso Shevchenko perse la vita nei combattimenti di quei giorni.

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Fig. 1 – Un veicolo militare della MINUSMA, la missione ONU in Mali, colpito da un ordigno posizionato dalle forze jihadiste, novembre 2021

L’ELIMINAZIONE DEI VERTICI SEPARATISTI

L’ultima operazione dell’esercito del Mali nell’area di Tinzaouatène risale allo scorso 1° dicembre, quando verso le 8 del mattino un attacco mirato di nuovissimi droni Akinci, acquisiti dall’esercito maliano giusto qualche settimana prima, aveva portato alla morte i leader dei movimenti separatisti. La sera precedente era in seno la discussione di unire tutti i gruppi e portare il conflitto civile a un nuovo livello di forza e violenza, come testimoniato dall’annuncio di Fahd Ag Almahmoud sul proprio profilo X. Le vittime sono state otto, tra cui lo stesso Almahmoud, oltre a Choghib Ag Attahar, Albaraka Ag Alfaki, Moussa Ag Baye Diknane, Bachara Ag Ahmed,  Mohamed Ag Acherif (alias Mafik), Sidi Ag Bay, and Jamal Ag Albaraka, su cui pendevano mandati di arresto internazionale per terrorismo. Il fresco ricordo della battaglia di Tinzaouatène dello scorso luglio, bruciava ancora, ma, al di là del significato del conflitto in sé, Tinzaouatène rappresenta un’importante tappa delle relazioni diplomatiche del Mali, da quel momento in poi, per meglio comprendere la via che il Governo di Bamako sta perseguendo in questi primi giorni del 2025.  

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Fig. 2 – Combattenti separatisti del Movimento di Liberazione dell’Azawad, agosto 2022

LA BATTAGLIA DI TINZAOUATENE NELLA POLITICA DIPLOMATICA DEL MALI

La battaglia di Tinzaouatène del luglio 2024 ha pesantemente influito nelle relazioni diplomatiche del Mali, esasperando, fino a livelli piuttosto preoccupanti, i rapporti con la comunità internazionale e con alcuni Paesi confinanti, primo fra tutti l’Algeria. Ma non solo. Attraverso la narrazione di quei giorni, soprattutto attraverso i canali Telegram da parte del Gruppo Wagner, sappiamo che i separatisti mostrarono la bandiera ucraina. L’atto ha suscitato l’interesse di Kiev, che ha mostrato una timida simpatia, dettata più forse dalla ovvia avversione nei confronti del Gruppo Wagner che per la causa, per la quale i separatisti, comunque fiancheggiati dallo JNIM, si battevano. Le conseguenze diplomatiche sono state piuttosto forti: il Mali ha annunciato l’immediata interruzione delle sue relazioni diplomatiche con l’Ucraina, dopo che un suo alto funzionario ha ammesso, secondo il Governo di Bamako, un coinvolgimento nella battaglia di Tinzaouatèn. Naturalmente Kiev ha negato con forza e convinzione tale coinvolgimento, ribadendo la piena osservanza e rispetto del diritto internazionale. Le relazioni diplomatiche, da quel momento in poi, soprattutto con gli Stati occidentali, sono diventate piuttosto problematiche. Anche l’ambasciatrice svedese Kristina Kuhnel è stata invitata a lasciare il Mali dopo le dichiarazioni ostili da parte del suo Governo. La Svezia è stato uno dei Paesi più attivi in termini assistenziali e per lo sviluppo del Mali, al quale sono stati versati, in un decennio, aiuti per circa 330 milioni di dollari. Un’altra vittima diplomatica della battaglia di Tinzaouatène.
Ad essere rafforzata resta solo l’Alleanza degli Stati del Sahel: il Niger ha seguito l’esempio del Mali, interrompendo le relazioni con l’Ucraina e ribadendo insieme al Burkina Faso la sovranità nazionale all’interno del proprio Paese e la politica anti-occidentale. E ad oggi, sembra l’unico appiglio diplomatico certo dei tre Paesi che ne fanno parte. A destare preoccupazioni sono le crescenti tensioni che si stanno accumulando tra Algeria e Mali. L’ambasciata algerina a Bamako è sede di manifestazioni quotidiane, nelle quali si condanna la presunta ingerenza dell’Algeria nella guerra civile che sovvenzionerebbe i gruppi separatisti e terroristi di quell’area. Voci alimentati dalle parole di Younouss Soumaré, membro del Collective for the Defense of the Military in Mali, che ha ricordato che l’Alleanza degli Stati del Sahel è nata proprio per mettere in sicurezza i propri territori e che l’Algeria deve smettere di provocare in tal senso. Dalla battaglia di Tinzaouatène dello scorso luglio, a confine proprio con l’Algeria, la situazione sembra aver portato il Mali, dal punto di vista diplomatico, verso un pericoloso punto di isolamento che potrebbe condurre il conflitto civile a un’escalation di violenza ancora più elevata e mettere in ginocchio la popolazione civile, stremata da anni di guerra e di dittatura militare.

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Fig. 3 – Un manifestante mostra le bandiere di Mali, Burkina Faso, Algeria, Niger e Russia, Niamey, Niger

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RIFORMA COSTITUZIONALE, PARLAMENTO ED ELEZIONI. UN PUNTO DI PARTENZA?

La riforma costituzionale del giugno 2023, approvata dal 97% dei votanti in Mali, ha portato delle modifiche al testo di notevole importanza. Queste modifiche, proposte dal Presidente  Assimi Goïta, hanno decisamente rafforzato i poteri presidenziali, compresa la discrezionalità per quanto concerne la nomina e la revoca del Primo Ministro e dei componenti del gabinetto. Tra le modifiche approvate – elemento interessante – è stato promosso un rafforzamento della laicità dello Stato, cercando di arginare le ingerenze religiose forti e presenti nella comunità. Ma soprattutto, è stata istituita una nuova Camera per allargare la base e la rappresentatività del popolo maliano, ovvero il Senato, composto da membri che rappresentano le regioni del Paese, con particolare attenzione alle aree settentrionali meno popolate ma più estese. I senatori sono eletti indirettamente dalle Autorità locali, mentre un quarto dei membri, è nominato dal Presidente. L’efficacia del processo legislativo in Mali, in concomitanza con una rappresentanza regionale attiva, porterebbe a un rafforzamento istituzionale dello stesso. Questa riforma costituzionale avrebbe dovuto portare il Mali verso nuove elezioni presidenziali, previste per lo scorso febbraio, ma puntualmente rimandate, per i motivi più disparati, come ad esempio i problemi relativi al censimento della popolazione. Il senso di una democrazia incompiuta e di una dittatura militare non ha abbandonato il Mali, stretto ancora e a tempo indeterminato nella morsa del regime militare del suo Presidente.

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Fig. 4 – Il Presidente russo Vladimir Putin incontra il Presidente ad interim del Mali Assimi Goita, San Pietroburgo, 29 luglio 2023

2025: ORIZZONTI E PROSPETTIVE DEL MALI

Il nuovo anno parte con difficoltà interne e diplomatiche per il Mali, come abbiamo visto, piuttosto evidenti: l’ex Primo Ministro Moussa Mara ha parlato qualche settimana fa, sottolineando che il regime di Goïta ha portato solo rovina e paura nel Paese e che il rinvio delle elezioni, altro non fa che sedimentare il suo potere assoluto all’interno del Mali. Le libere elezioni sono il primo passo verso la pacificazione del Paese che potrebbe contare su un assestamento del Parlamento. L’introduzione del Senato, in tal senso, diviene cruciale al fine di garantire una rappresentatività giusta e commisurata alle etnie diverse e spostare i conflitti in seno allo stesso. Ma il rapimento di Ibrahim Nabi Togola, leader del partito d’opposizione Nuova Visione per il Mali (NVPM) dello scorso 29 dicembre, nel cuore di Bamako, scongiura le speranze di inizio anno: un commando lo ha prelevato nel cuore della capitale maliana e, ad oggi, non si hanno ancora sue notizie. Il regime continua, così come il conflitto civile, così come le tensioni diplomatiche, specie con l’Algeria. Finché non ci saranno libere elezioni, una base e una rappresentatività parlamentare, per il Mali, un nuovo e vero anno non ci sarà mai.

Fabio D’Agostino

Al-Qaeda allies destroy sacred Timbuktu shrine | حلفاء القاعدة يدمرون ضريحا في تمبكتو | Les alliés d’al-Qaida détruisent un tombeau sacré à Tombouctou” by Magharebia is licensed under CC BY



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