«Completa rottura» col nucleare del passato. Gli impianti saranno dismessi e i siti potranno essere riconvertiti. Stop a qualunque tipo di impianti di prima o seconda generazione. Per il futuro si guarderà alle migliori tecnologie disponibili, incluse quelle modulari e avanzate. E, in particolare, ai piccoli reattori modulari (Smr) che garantiscono tempi di costruzione ridotti e più flessibilità nella produzione energetica. La costruzione degli impianti, la loro messa in funzione o chiusura, la gestione dei rifiuti radioattivi e la messa in opera delle future centrali a fusione saranno disciplinati con futuri decreti legislativi ad hoc. In più, arriverà una nuova autorità che dovrà vegliare sull’intero ciclo di vita dell’impianto nucleare e sulla loro vigilanza.
I propositi del governo sono contenuti, in parte, nel disegno di legge delega sul ritorno del paese alla produzione di energia atomica, in parte nella sua relazione di accompagnamento. Entrambi i testi sono finiti giovedì, 23 gennaio 2025, sul tavolo della presidenza del consiglio, su iniziativa del capo del dicastero dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. E saranno all’esame del prossimo consiglio dei ministri.
Il mantra del ddl è uno solo: abbattere le emissioni e, a questo scopo, si legge nella relazione: «L’energia nucleare genera emissioni di gas serra prossime allo zero nella fase di produzione e vi sono numerosi elementi che dimostrano chiaramente il potenziale contributo sostanziale dell’energia nucleare agli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici». Un assunto, che il governo sposa sulla scorta dell’inserimento dell’energia nucleare tra le attività sostenibili previste dal regolamento Ue Tassonomia (2020/852 del parlamento europeo e del consiglio, del 18 giugno 2020), del relativo regolamento delegato (2022/1214 della commissione europea del 9 marzo 2022), oltre che dalla relazione finale del gruppo di esperti tecnici sulla finanza sostenibile del marzo 2020 (Taxonomy: Final report of the Technical 2 Expert Group on Sustainable Finance).
L’architettura del disegno di legge
È una classica legge delega. Il testo è suddiviso in quattro articoli che indicano, rispettivamente finalità, oggetto, principi e l’immancabile clausola di invarianza finanziaria. Entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore, il governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi contenenti la disciplina:
• per la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale, anche ai fini della produzione di idrogeno,
• per la disattivazione e lo smantellamento degli impianti esistenti,
• per la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito,
• per la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo dell’energia da fusione nucleare,
• per la riorganizzazione delle competenze e delle funzioni in materia, anche mediante riordino e modificazioni della normativa vigente.
Basta col passato. Arriva un’authority
In proposito, la relazione di accompagnamento sottolinea esplicitamente: «La completa rottura con le esperienze nucleari precedenti, in particolare con gli ex impianti nucleari installati in Italia (tutti di cosiddetta “prima” o “seconda generazione”), i quali appartengono a un passato tecnologico ormai superato».
E aggiunge: «Le soluzioni attuali e in corso di sviluppo offrono livelli elevatissimi di sicurezza intrinseca e, nel caso, ad esempio, dei piccoli reattori modulari (SMR), anche tempi di costruzione ridotti e maggiore flessibilità nella produzione energetica.»
Del resto, ogni progetto nucleare deve ormai aderire ai più elevati standard di sicurezza fissati dalle Agenzie internazionali e dalle autorità di sicurezza dei singoli Paesi. Per questo, la legge-delega, in esecuzione di precisi obblighi di derivazione europea, prevede l’istituzione di una Autorità indipendente, competente per la sicurezza nucleare, con compiti di regolazione, vigilanza e controllo sulle infrastrutture nucleari.
L’iter della delega
Una volta approvata la legge, il percorso sarà quello tipico: previa intesa con la Conferenza Unificata, gli schemi di ciascun dlgs attuativo saranno trasmessi al parlamento per i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Poi, il decreto potrà essere adottato comunque.
L’oggetto della delega
È molto ampio. In primis, viene previsto un programma nazionale, teso allo sviluppo della produzione di energia da fonte nucleare sostenibile e capace di concorrere alla strategia nazionale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica al 2050. Questo dovrebbe portare alla definizione di un quadro normativo chiaro e organico per la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile, capace di:
• attrarre investimenti privati e pubblici, nel rispetto delle esigenze di sicurezza;
• promuovere la competitività e l’efficienza del paese;
• prevedere misure di promozione e valorizzazione dei territori interessati;
• prevedere modalità di formazione di tecnici, ricercatori, ingegneri e di altre figure professionali per lo sviluppo delle competenze necessarie.
I principi del disegno di legge
Per arrivare a tutto ciò, tra i criteri d’azione indicati dal ddl viene citato il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica nella produzione di energia da fonte nucleare, nel quadro: del Trattato Euratom; del diritto dell’Ue; degli accordi internazionali vincolanti per l’ordinamento interno; dei criteri previsti dalle norme sulla tassonomia dell’Unione europea relativa alle attività sostenibili; dei parametri tecnici individuati dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), per assicurare elevati livelli di sicurezza degli impianti.
Il vincolo costituzionale
Infine, per raggiungere gli obiettivi di sicurezza e indipendenza energetica del paese e contenere i costi per i clienti finali domestici e non, i provvedimenti attuativi della delega dovranno soddisfare le esigenze di tutela della salute dei lavoratori, della popolazione e dell’ambiente (anche nell’interesse delle future generazioni), in base all’art. 9 della Costituzione sulla tutela dell’ambiente.
E i referendum svolti in materia?
Il tema viene affrontato nella relazione che qualifica il ddl come “giuridicamente legittimo”, anche in considerazione della giurisprudenza costituzionale. In sostanza, i precedenti referendari non possono costituire un ostacolo normativo all’intervento del legislatore. Questi potrebbero rilevare solo se, nel corso del tempo, non si fosse: «Determinato, successivamente all’abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circostanze di fatto» (Corte costituzionale, sent. 199/2012).
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