Vedo il Napoli di Antonio Conte in testa e da tifoso romanista ho molti rimpianti

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di Eugenio Lanza

Due giornate dopo il giro di boa di questo campionato, credo i tempi siano maturi per tirare le prime somme circa lo stato di salute di alcune squadre della nostra Serie A. In particolare, penso possa essere interessante fare un confronto fra due club: quello per cui da sempre faccio il tifo, la Roma, e quello attualmente capolista, il Napoli. Ho ragionato sui rispettivi passati recenti e su ciò che essi hanno prodotto, non senza una discreta amarezza.

I partenopei, dopo lo storico Scudetto del 2023, hanno vissuto una stagione estremamente deludente, conclusa al decimo posto. È stato però proprio in quei mesi che ADL deve essersi reso conto di aver peccato di hybris, e che per restare stabilmente nei primi posti del campionato avrebbe dovuto archiviare per sempre la logica del “sono io il vostro Cavani”. E così è stato. La squadra è stata messa in mano a uno dei più grandi allenatori del nostro tempo, Antonio Conte, e la campagna acquisti si è fondata su solide certezze: Buongiorno, McTominay, Lukaku e Neres. Il Napoli guida oggi la classifica con 50 punti in 21 partite.

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La Roma, dal canto suo, in estate ha tentato di mescolare l’inserimento di una serie di scommesse e l’ingaggio di qualche usato sicuro. Il risultato si è mostrato però insoddisfacente, fatta eccezione per Hummels e Koné. I giallorossi, a metà di una stagione che definire burrascosa è un eufemismo, si ritrovano noni in classifica, a 23 lunghezze dalla vetta. Ma dove sono cominciati i problemi di questa Roma americana?

La storia dei Friedkin nell’Urbe non è stata solo fallimenti e contestazioni; ed anzi, non molto tempo fa, c’è stato anche spazio per la gloria. Questa parentesi di grandezza si è chiamata Mourinho. Arrivato nell’estate 2021, ha dichiarato sin da subito quale fosse il suo obiettivo: vincere. Detto, fatto. Prima di Mourinho la Roma aveva giocato solo tre finali europee in tutta la sua storia, vincendone una. Con Mourinho, in due anni ne sono state raggiunte altre due, trionfando nella prima e vedendosi poi sottratto il bis a causa di un arbitraggio pessimo. Un dato che parla da sé. Purtroppo, il 16 gennaio 2024, i magnati texani hanno deciso comunque di esonerarlo a sorpresa. Licenziato in tronco, dalla sera alla mattina, come se il pallone fosse una puntata di “The Apprentice”. Da lì in poi, il caos che tutti conosciamo.

Oggi, Sir Claudio Ranieri ha riportato un po’ di serenità nell’ambiente, e un evidente miglioramento nei risultati. Tuttavia, la classifica continua a languire a causa dei punti persi prima del suo arrivo. E così, il pensiero va all’anno solare appena concluso, e a tutti gli errori commessi dalla società. Dan e Ryan si sono illusi che i successi europei fossero ascrivibili direttamente a loro, e hanno ritenuto che una squadra di calcio potesse essere gestita col telecomando, attraverso iniezioni di liquidità e deleghe improbabili. Ma Roma non funziona così. Roma è da sempre vittima di una pesante allergia alla vittoria, e salvo rare eccezioni sotto la guida di leader carismatici, essa si è spesso limitata al ruolo di infelice seconda. Avvolta da una melassa di malinconia e frenata da un ostentato fatalismo. Lo Special One ci aveva sottratto a questa trappola, poi si è tornati alle vecchie abitudini.

Pur conservando l’auspicio che questo 2025 possa portarci gioie inattese, sabato sera ho provato un forte senso di rimpianto nel vedere Antonio Conte espugnare Bergamo e caricare la folla dalla vetta della classifica. Sono certo che egli sarebbe potuto essere il nostro condottiero, degno successore di Mourinho, e invece è altrove. Per avventure di questo tipo, serve un particolare coraggio: quello di ingaggiare un personaggio più grande di te.

Cosa chiedo dunque al futuro prossimo? Max Allegri, Carlo Ancelotti, Roberto Mancini. Mi vengono in mente pochissimi altri nomi, tra quelli disponibili. Ma è da uno di loro che bisogna ripartire, e riprendere quell’ardito discorso che è stato brutalmente interrotto un anno fa.

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