Analisi impietosa del consigliere Talerico sulla giustizia in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario

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Antonello Talerico

CATANZARO – Antonello Talerico, consigliere nazionale Forense e Consigliere Regionale è intervenuto n occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, tenuta presso la Corte di Appello di Catanzaro.

Nel portare i saluti del Plenum del Consiglio Nazionale Forense, saluto la Presidente della Corte di Appello, il Procuratore Generale, i Capi degli Uffici Giudiziari, i rappresentanti del CSM, del Ministero della Giustizia, il sottosegretario di  Stato, Wanda Ferro e le Forze dell’Ordine.

Saluto i Colleghi Avvocati, i Presidenti degli Ordini del Distretto e le Camere Penali, civili e minorili, il Presidente della Regione Calabria, l’Avvocatura distrettuale dello Stato, tutte le autorità politiche, civili, religiose e militari intervenute e gli operatori delle cancellerie e segreterie degli Uffici Giudiziari. Tutti i magistrati, anche quelli onorari.

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Nonostante l’esposizione ottimistica per quanto suggestiva dei risultati illustrati dai rappresentanti del Ministero, le recenti riforme del sistema giudiziario (dalla Cartabia alla Legge di Bilancio del 2025) hanno al momento confermato che l’obiettivo non è già quello di rendere più efficiente e più efficace la giurisdizione ed il processo, bensì è quello di lentamente far sparire il processo, ciò è dimostrato dall’uso inflazionato dei processi senza udienze, senza avvocati, senza contraddittorio.

Difatti, i processi continuano a subire rinvii a distanza di anni e anni (in Corte di appello abbiamo rinvii anche al 2028/2029), molti reati continuano a prescriversi (e non per colpa dell’Avvocatura come a qualcuno piace sostenere), molte udienze nel processo penale sono divenute assolutamente inutili, come quelle dinnanzi al Giudice dell’Udienza Preliminare, al pari delle udienze predibattimentali.

Tutte le riforme degli ultimi hanno affievolito sempre più il principio del giusto processo, rendendolo sempre meno giusto e, facendo perdere di vista il vero obiettivo della giustizia, ridotta oramai ad una scellerata corsa per lo smaltimento dei giudizi ad ogni costo.

Oramai l’obiettivo è scoraggiare l’accesso alla giustizia, renderlo a tratti anche punitivo con la previsione di ammende o del pagamento di un doppio contributo.

Il Legislatore ha fatto di tutto negli anni per ridimensionare il ruolo della difesa, eliminando la rinnovazione dibattimentale, le liste dei testi, l’effettiva oralità del processo penale, la presenza in aula degli Avvocati ed introducendo sempre ulteriori cavilli e decadenze, trasformando anche i procedimenti d’urgenza in ordinari processi senza fine e senza senso.

Lo stesso Giudice delle misure cautelari personali – perde di credibilità anche agli occhi del cittadino della strada – poichè dovrebbe decidere sulla libertà dei malcapitati con l’illusione di far credere al sistema che in poche ore sia possibile leggere le migliaia e migliaia di pagine versate dagli inquirenti nei vari processi, impedendo di fatto anche la lettura degli atti difensivi.

Si tratta di un processo che chiede ai magistrati di lavorare sempre di più, all’Avvocatura di adattarsi alle riforme e miniriforme introdotte a colpi di decreti d’urgenza o di qualche milleproroghe, ed ai cittadini di rinunciare ai propri diritti o comunque di accettare un accesso sempre più complicato e costoso, a volte inaccessibile.

Non può essere giusta ed equa una giurisdizione che colpisce con molta più facilità chi neanche può difendersi in ragione del proprio status economico.

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Ma tale quadro è ancora più drammatico se osserviamo ciò che accade in molti Tribunali del nostro distretto, dove l’avvicendamento ciclico di giovani giudici, per lo più di prima nomina, una volta maturato il periodo minimo di attività in sede, avanzano istanza di trasferimento per avvicinarsi alle città di provenienza o a sedi lavorative meno disagiate.

In Calabria sono pochi quei magistrati che decidono di venire e poi di rimanere, tant’è che lo stesso Ministero della Giustizia lo scorso anno è stato costretto in passato a sopprimere la sede catanzarese della Procura Distrettuale Europea in quanto nessun magistrato aveva presentato domanda.

Basta quindi anche ai troppi magistrati fuori ruolo che rappresentano una grave anomalia in una situazione di scopertura di organico e, che spesso ottengono tale collocazione per ragioni politiche o per rapporti personali e non già per ragioni funzionali all’apparato Stato.

Ma questo non è lo Stato di diritto che dobbiamo offrire al Paese e purtroppo è assai lontano rispetto a quello che ci raccontano durante queste cerimonie. Non lo possiamo accettare, specie nel Meridione dove i presidi di legalità sono sempre meno attrezzati ed il crimine è sempre più diffuso.

Una riflessione va fatta anche con riferimento al ruolo fondamentale delle forze dell’ordine nella società e le difficoltà che possono affrontare nell’esercizio del loro dovere. Il loro operato influisce direttamente sulla giustizia e sulla sicurezza pubblica, e pertanto la loro onestà intellettuale e correttezza del loro agire può ridurre drasticamente anche gli errori giudiziari.

Parliamo comunque di uomini e donne che spesso si trovano in situazioni in cui devono prendere decisioni difficili in pochi istanti, dove il confine tra rischiare la propria vita e vedersi aperto un procedimento penale per omicidio colposo è troppo labile, esponendoli in maniera ingiusta.

D’altra parte, il dibattito sulla responsabilità e sull’uso della forza è sempre acceso, proprio perché bilanciare la tutela dell’ordine pubblico con il rispetto dei diritti fondamentali è una sfida continua. La questione della violenza contro le forze dell’ordine è seria, così come è fondamentale garantire che il loro operato sia sempre improntato alla legalità e alla trasparenza e che questo loro ruolo sia riconosciuto dai cittadini ed in particolare dai giovani che spesso osano sfidare oltremodo lo Stato.

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Sul sovraffollamento delle carceri, poi, si continua solo a parlare, senza purtroppo concretamente intervenire neanche sul tragico fenomeno dei suicidi dei tanti detenuti a volte reclusi per reati quasi bagatellari, ecco perchè  necessita una rivisitazione reale della carcerazione preventiva, un effettivo avvio della giustizia riparativa e della depenalizzazione di alcuni reati, che invece sono sempre in forte aumento, unitamente alle aggravanti speciali o ad effetto speciale, l’ultimo DL Sicurezza ha addirittura introdotto ben 39 nuove fattispecie di reato !.

Altro dato allarmante è quello dei suicidi in carcere, oramai incalcolabili, nel silenzio assordante dei media, della politica e di tutti coloro che sovraintendono l’esecuzione della pena e che dovrebbero trovare delle soluzioni poiché pagati per farlo !

Un tema centrale è certamente quello dei numerosi errori giudiziari che annualmente in Calabria conducono ingiustamente in carcere, ancora, troppe persone innocenti, distruggendo la loro vita e quella delle loro famiglie.

E questo senza naturalmente tener conto di quell’esercito di innocenti invisibili che sfuggono alle statistiche, poiché a prescindere dalla loro assoluzione non viene riconosciuto alcun indennizzo, poiché lo Stato trova cavilli ed insidie formali per negare il risarcimento anche dinnanzi alle sentenze assolutorie!

In tema di indennizzi versati per ingiusta detenzione il report del Ministero della Giustizia evidenzia ancora il primato della Calabria: difatti restiamo la regione costretta ai maggiori risarcimenti per ingiuste detenzioni (quasi la metà del totale nazionale).

Ecco perchè i cittadini devono pretendere una Giustizia che si regga sull’indipendenza, sulla autorevolezza e coraggio di quei Magistrati che usano con sapienza ed equilibrio quel loro potere a volte terribile ed a volte irreversibile di cambiare la vita ed il destino del condannato e delle loro famiglie, attraverso il semplice esercizio della loro funzione giurisdizionale.

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Il rispetto verso la vita altrui è la precondizione per rendere Giustizia con quel grado di umanità che manca spesso anche nelle Aule di udienza. Siamo tutti convinti che occorra procedere allo smantellamento degli apparati deviati, di quelli collusi e di quelli che con la ndrangheta fanno affari.

Ma è anche necessario che la magistratura non subisca pressioni mediatiche o peggio ancora condizionamenti ambientali, anche indiretti e/o indotti da fattori contingenti, come la politica e la fame di potere o peggio ancora dal morbo del carrierismo cinico che mette in conto anche il sacrificio degli innocenti, che diventano dei miserabili per la società.

Occorre anche che il potere giudiziario con il gioco delle correnti interne non si confonda con gli altri poteri dello Stato, o peggio ancora che non ne influenzi le scelte facendo pressioni sull’esecutivo per impedire ad esempio la separazione delle carriere o la riforma del CSM, compreso il suo sistema elettorale. La Magistratura deve andare avanti sulla strada segnata dalla Costituzione senza essere collaterale con i governi e le maggioranze di turno.

Resta poi il ruolo dell’Avvocatura che deve ritrovare autorevolezza e coraggio, oltre che pretendere e conquistarsi il rispetto da parte della Magistratura, ed in particolare da quella magistratura che pensa di essere la sola protagonista del processo, negando a tal proposito financo il ruolo dell’Avvocatura  anche in seno ai Consigli giudiziari, considerando costoro immeritevoli ed inaffidabili per poter valutare il lavoro dei magistrati, sino ad affermare che sarebbe una grave ingerenza tale ruolo dell’Avvocatura, come se quest’ultima nel sistema giudiziario fosse una semplice ospite, neanche tanto gradita.

Ma è proprio questa visione autoreferenziale ed anacronistica di una parte della magistratura ad aver determinato le incalcolabili ed ingiuste detenzioni, e ad enfatizzare sempre più quel populismo giudiziario che riflette perfettamente quanto Aristotele chiamava «demagogia», ossia quella «forma degenerata di democrazia» in cui «sovrana è la massa e, non la legge».

Ecco perché sono troppi quei cittadini che sono stati mortificati ed esposti ingiustamente alla gogna mediatica e, più alto sarà il loro ruolo sociale maggiore sarà il risalto che verrà dato del loro coinvolgimento, come se il fine fosse più la notizia e non la ricerca della verità.

Questo “pregiudizio” ha spesso travolto la vita di un elenco infinito di imputati anche eccellenti, ovviamente tutti assolti purtroppo a distanza di anni, di troppi anni, che spesso lasciano solo il ricordo spettacolare dell’arresto e privano di ogni significato sociale e giuridico financo l’assoluzione.

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Ecco perché voglio concludere con una metafora l’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Gli uomini condannano l’ingiustizia perché temono di poterne essere vittime e, non perché escludono di commetterla. Ecco perché non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto. Buon anno giudiziario a tutti



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