Inps, 310mila pagate all’estero nel 2023. Sborsati 1,6 miliardi

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L’analisi della Fondazione Migrantes e dell’Inps. Il presidente Fava: “Rendere effettivo il diritto alla libera circolazione dei lavoratori”.

Roma – L’Inps nel 2023 ha pagato all’estero complessivamente oltre 310mila pensioni, per un importo di circa 1,6 miliardi di euro, verso 160 Paesi. Il dato emerge dai lavori del convegno organizzato dall’Istituto nazionale della Previdenza sociale insieme alla Fondazione Migrantes, dal titolo “@Migrazione da fenomeno sociale a fattore identitario”, che si è svolto a Roma, presso Palazzo Wedekind. Il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, ha ricordato come il tema dell’emigrazione “non possa e non debba essere analizzato solo mediante statistiche e dati numerici, perché dietro ci sono scelte personali. L’obiettivo prioritario, per l’Inps, è di consentire al lavoratore migrante di affrontare con serenità il trasferimento e l’inizio di una nuova attività lavorativa, tutela fondamentale per rendere effettivo il diritto alla libera circolazione dei lavoratori”.

Sull’immigrazione, Fava ha aggiunto che “è possibile ed auspicabile un’integrazione qualificata. Quindi, laddove oggi registriamo una richiesta o un fabbisogno del tessuto produttivo, se manca manodopera qualificata, la andiamo a intercettare e a integrare nel tessuto produttivo, in modo chiaro e regolare”. Massimo Colitti, Dirigente della Direzione centrale Pensioni INPS, ha approfondito il tema delle pensioni pagate all’estero dall’Istituto, che nel 2023 ha riguardato Paesi nella maggior parte localizzati nel continente europeo, in America settentrionale, Oceania e America meridionale. Il suo intervento è stato l’occasione anche per fare chiarezza sulla tipologia di pensioni pagate all’estero.

Ci sono sia le pensioni in regime nazionale, liquidate sulla base dei soli periodi assicurativi italiani, sia le pensioni in regime internazionale, liquidate totalizzando i periodi assicurativi italiani ed esteri, in applicazione dei Regolamenti UE o degli Accordi/Convenzioni bilaterali di sicurezza sociale stipulati dall’Italia con Paesi extra UE. Le pensioni in regime internazionale sono state nel 2023 circa 682.000, di cui circa 245.000 (pari al 36%) pagate all’estero per un importo di poco più di 562 milioni di euro.

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Mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes, ha sottolineato: “L’Inps e la Fondazione Migrantes hanno voluto, con questa terza edizione del convegno, concentrarsi su elementi nuovi. Le migrazioni non sono perdita ma guadagno a vari livelli. Quello di oggi rappresenta il terzo incontro di un percorso di collaborazione tra strutture al servizio della società, che accompagnano le persone e hanno la necessità di studiare i fenomeni sociali per meglio accompagnare e operare in loro favore“.

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Sulle pensioni in Italia invece proseguono le polemiche dei sindacati. “La realtà dei dati certifica il fallimento delle promesse del Governo. Dopo tre leggi di bilancio, ciò che emerge è ben diverso dagli slogan elettorali che assicuravano il superamento della legge Monti-Fornero e la pensione per tutti con 41 anni di contributi: oggi le pensioni anticipate sono in drastico calo e l’età pensionabile continua a crescere. Questo non è un giudizio politico, ma un fatto dimostrato dai numeri pubblicati dall’osservatorio Inps”, dichiara la segretaria confederale della Cgil nazionale Lara Ghiglione. La dirigente sindacale spiega che i dati parlano chiaro: “nel 2024 le pensioni anticipate sono diminuite del 15,7% rispetto al 2023, passando da 255.119 a 215.058, mentre i requisiti pensionistici rischiano di incrementare di tre mesi nel 2027 e ulteriori due mesi nel 2029, se osserviamo quanto pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato solo dopo la nostra denuncia”.

Ghiglione sottolinea poi che “è bene chiarire che le domande di opzione donna e quota 103 saranno ancora più basse in futuro, visto che quelle del 2024 sono prestazioni pagate con i requisiti perfezionati prima dei tagli di questo governo”. E ancora “l’Italia è l’unico paese in Europa in cui i lavoratori subiscono un doppio svantaggio: un’età pensionabile che si sposta sempre più in avanti e assegni più poveri per via del calo dei coefficienti di trasformazione, come è successo da gennaio 2025″.



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