Papa chiede “hopetelling” ai giornalisti

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“Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro è un lavoro che costruisce: costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. ‘Padre, io sempre dico le cose vere…’. ‘Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?’. È una prova tanto grande”. 

Così Papa Francesco, nel discorso rivolto a centinaia di giornalisti di tutto il mondo nel Giubileo della comunicazione, in Aula Paolo VI, mattina del 25 gennaio.

“ma tu Sei vero?”

Il Papa ha detto queste parole a braccio, prima di consegnare al Prefetto per la comunicazione vaticana, Paolo Ruffini, il discorso di 9 pagine che aveva preparato. Nel discorso ricorda i giornalisti che hanno sacrificato la vita nell’ultimo anno (120, secondo la Federazione internazionale dei giornalisti). Chiede “a chi ha il potere di farlo” di liberare giornalisti ingiustamente imprigionati (500, secondo Reporters senza frontiere). Parla dell’importanza dell’informazione “libera, responsabile e corretta senza la quale non distinguiamo più la verità dalla menzogna”. Dice che quella del giornalista è vocazione e missione: “Il linguaggio, l’atteggiamento, i toni, possono essere determinanti e fare la differenza tra una comunicazione che riaccende la speranza, crea ponti, apre porte, e una comunicazione che invece accresce le divisioni, le polarizzazioni, le semplificazioni della realtà”. Invita a mettersi “dalla parte di chi è emarginato, di chi non è visto né ascoltato”. E invita a “raccontare anche storie di speranza, storie che nutrono la vita. Il vostro storytelling sia anche ‘hopetelling’. Quando raccontate il male, lasciate spazio alla possibilità di ricucire ciò che è strappato”. Inoltre vorrebbe “espellere quella ‘putrefazione cerebrale’ causata dalla dipendenza dal continuo scrolling, ‘scorrimento’, sui social media”.

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uscriee da se stessi

Sempre a braccio, Papa Francesco ha detto che “comunicare è uscire un po’ da se stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza, una grande saggezza! Grazie di quello che voi fate, grazie tante!”.

Prima del Papa hanno parlato ai giornalisti la Premio Nobel Maria Ressa, giornalista filippina, lo scrittore Colum Mc Cann e Mario Calabresi, Direttore di Chora media. E ha suonato il violinista Uno Ughi.   

Nel discorso, prima di tutto, il Papa dice “grazie a tutti gli operatori della comunicazione che mettono a rischio la propria vita per cercare la verità e raccontare gli orrori della guerra”. Ricorda poi tutti coloro che sono imprigionati soltanto per essere stati fedeli alla professione di giornalista, fotografo, video operatore, per aver voluto andare a vedere con i propri occhi e aver cercato di raccontare ciò che hanno visto e invoca che sia aperta, durante questo anno di Giubileo, anche per loro una “porta” attraverso la quale possano tornare in libertà, “perché la libertà dei giornalisti fa crescere la libertà di tutti noi”. 

pregiudizi e polarizzazioni

Chiede che sia difesa e salvaguardata la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero, insieme al diritto fondamentale a essere informati: “Senza un’informazione libera, responsabile e corretta rischiamo di non distinguere più la verità dalla menzogna; senza questo, ci esponiamo a crescenti pregiudizi e polarizzazioni che distruggono i legami di convivenza civile e impediscono di ricostruire la fraternità”. 

Il vostro -dice il Papa- “è un compito prezioso. I vostri strumenti di lavoro sono le parole e le immagini. Ma prima di esse lo studio e la riflessione, la capacità di vedere e di ascoltare; di mettervi dalla parte di chi è emarginato, di chi non è visto né ascoltato e anche di far rinascere – nel cuore di chi vi legge, vi ascolta, vi guarda – il senso del bene e del male e una nostalgia per il bene che raccontate e che, raccontando, testimoniate”.

ricucire gli strappi

E poi: “Le scelte di ognuno di noi contano, ad esempio per espellere quella ‘putrefazione cerebrale’ causata dalla dipendenza dal continuo scrolling, ‘scorrimento’, sui social media, definita dal Dizionario di Oxford come parola dell’anno. Dove trovare la cura per questa malattia se non nel lavorare, tutti insieme, alla formazione, soprattutto dei giovani? Pensate a quanta forza di cambiamento si nasconde potenzialmente nel vostro lavoro ogni volta che mettete in contatto realtà che – per ignoranza o per pregiudizio – si contrappongono! Le storie rivelano il nostro essere parte di un tessuto vivo; l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri. In questo Giubileo faccio quindi un altro appello a voi qui riuniti e ai comunicatori di tutto il mondo: raccontate anche storie di speranza, storie che nutrono la vita. Il vostro storytelling sia anche ‘hopetelling’. Quando raccontate il male, lasciate spazio alla possibilità di ricucire ciò che è strappato, al dinamismo di bene che può riparare ciò che è rotto. Seminate interrogativi. Raccontare la speranza significa vedere le briciole di bene nascoste anche quando tutto sembra perduto. Significa accorgersi dei germogli che spuntano quando la terra è ancora coperta dalle ceneri. È questo il potere delle storie. Ed è questo che vi incoraggio a fare: raccontare la speranza, condividerla. Questa è – come direbbe San Paolo – la vostra ‘buona battaglia’”.



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