Nordio difende la sua riforma, toghe in trincea nelle Corti d’appello

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La presidente Cassano contraddice il ministro: «Magistratura diversa da come viene descritta». Pinelli (Csm): «Il potere giudiziario si è espanso moltissimo. Ora siamo in fase di riequilibro»

La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Corte di cassazione procede senza intoppi, ma il clima è quello rarefatto della calma prima della tempesta. Oggi, infatti, sarà il giorno delle cerimonie nelle 26 corti d’appello e anche il momento in cui la magistratura associata manifesterà il suo dissenso alla riforma costituzionale della separazione delle carriere, votata in prima lettura alla Camera e su cui il governo intende procedere dritto e spedito.

Eppure, anche tra le mura della Suprema corte, si sono scontrate almeno due diverse visioni della magistratura. Una, presentata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, nella cui direzione è andato anche il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli. L’altra, quella fotografata dalla prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano.

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Il guardasigilli – che interverrà anche in corte d’appello a Napoli dove le toghe lasceranno la sala al momento del suo discorso – ha difeso la sua riforma, descrivendola come «un dovere assunto verso gli elettori» e che «non può confliggere con la Costituzione», ribadendo però «il postulato assoluto dell’indipendenza del pm rispetto al potere esecutivo. Il ruolo del giudice uscirà difeso e rafforzato, senza indebolire l’accusa, attuando in pieno il principio liberale secondo cui la giurisdizione si attua mediante il giusto processo, dove le parti sono in condizioni di parità davanti al giudice terzo e imparziale».

Parole decisamente più lievi rispetto a quelle utilizzate appena qualche giorno fa alle camere, nella relazione sullo stato della giustizia. Eppure, l’affondo è arrivato quando ha parlato di una magistratura che ha opposto «resistenze culturali, non giustificabili ma comprensibili e, in parte, inevitabili» all’introduzione dell’applicativo per il processo penale telematico. Infine, ha confidato in una collaborazione tra ministero e uffici giudiziari «scevra da pregiudizi culturali».

Anche il vicepresidente del Csm Pinelli, pur sottolineando che «la magistratura interviene legittimamente nel dibattito e porta il proprio contributo di competenza», ha però aggiunto che «quello giudiziario è un potere che si è espanso moltissimo negli ultimi cinquant’anni. Oggi siamo in una fase di riequilibrio che ha spinto la politica a toccare anche aspetti dell’architettura costituzionale». Pur sottolineando la necessità di impedire «divisioni radicali», secondo Pinelli le riforme derivano dal ««bisogno di dare una risposta alle degenerazioni che, nel recente passato, avevano caratterizzato il fenomeno italiano del “correntismo” in magistratura», aggiungendo che «è necessario che la magistratura torni a occuparsi delle grandi questioni in termini costruttivi. Le degenerazioni, infatti, si sono determinate, talvolta, per una carenza di tensione ideale e di confronto sui grandi quesiti fondamentali».

Le divergenze

Se quella rappresentata da Nordio è una magistratura diffidente rispetto alle opere riformatrici e resistente al cambiamento, la prima presidente di Cassazione ha delineato un profilo diverso.

Lo «sforzo» dei magistrati necessita «di essere accompagnato da un contesto improntato al rispetto reciproco fra le varie istituzioni dello Stato, a razionalità, pacatezza, equilibrio», ha detto, sottolineando che i dati «restituiscono un’immagine della magistratura diversa da quella oggetto di abituale rappresentazione e posta a base di progetti riformatori» che fanno riferimento a una magistratura correntizzata, con un pm superpoliziotto irresponsabile ma con troppi poteri. La prima presidente ha descritto una «magistratura che, conscia delle sue responsabilità, cerca di assolvere al meglio i propri doveri con spirito di collaborazione, tensione ideale, impegno professionale, senso del limite e della misura, ascolto attento delle ragioni altrui nella convinzione che un confronto costruttivo costituisce un prezioso stimolo a migliorare». Insomma «una magistratura consapevole» che «in un dialogo sempre fecondo con l’avvocatura, è protesa a fornire tutela effettiva ai diritti fondamentali».

Eppure, anche Cassano ha lanciato una stilettata, con un riferimento pur indiretto alle contestazioni dell’esecutivo rispetto alle decisioni giudiziarie: «Oggi rendere giustizia si è fatto più difficile e richiede al giudice la ferma osservanza di alcuni principi basilari: la ricerca di soluzioni saldamente ancorate al diritto positivo in ossequio al principio costituzionale di soggezione esclusiva alla legge; il rispetto del riparto delle attribuzioni previsto dalla Carta fondamentale; la leale collaborazione con i vari poteri e organi dello Stato». Un timore, questo, manifestato anche dal procuratore generale di Cassazione, Luigi Salvato, che si è detto preoccupato per «una crisi di fiducia nella magistratura, preoccupante perché investe uno dei capisaldi dello Stato costituzionale di diritto. La fiducia non va confusa con il consenso sul merito dei provvedimenti. Il consenso è la fonte di legittimazione delle funzioni politiche, non del potere giudiziario, che si radica nella legalità».

Sullo sfondo, inevitabilmente, sono rimaste le grandi questioni strutturali della giustizia: la carenza di organico a cui il ministero sta tentando di porre rimedio, il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr e le sfide dell’intelligenza artificiale, l’emergenza delle carceri con «il nono suicidio dall’inizio dell’anno 2025» ricordato dal presidente del Cnf, Francesco Greco, che ha manifestato la preoccupazione dell’avvocatura per le condizioni di vita dei detenuti. 

Per misurare il vero livello di tensione tra esecutivo e toghe, però, bisognerà aspettare di saggiare l’adesione alle manifestazioni – cartelli fuori dalle aule e magistrati fuori al momento dell’intervento dei rappresentanti del governo – e il tenore del dibattito che produrranno. 

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