Sicilia, la siccità e il paradosso della diga «bucata»: così l’acqua della «Trinità» si disperde e finisce in mare

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di
Salvo Fallica

In Sicilia, nonostante diversi territori siano alle prese con il dramma della più lunga fase di siccità degli ultimi 80 anni, l’acqua che dovrebbe essere raccolta nella diga Trinità viene dispersa in mare. E scoppia la polemica politica

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I nuovi paradossi della Sicilia. 

Dopo la più lunga fase di siccità degli ultimi 80 anni – e mentre a fine gennaio le temperature in Sicilia hanno già toccato quota 24 gradi – erano giunte le piogge ma adesso emergono casi di dighe e fiumi la cui acqua si disperde o finisce in mare




















































Il nuovo caso della diga Trinità, a Castelvetrano (nel Trapanese, una delle zone più colpite da siccità e crisi idrica della regione) è emblematico: l’acqua finisce direttamente in mare. È stato calcolato che ogni secondo viene «buttato» in mare un metro cubo e mezzo di acqua

Molte centinaia di agricoltori che finalmente speravano di irrigare campi e giardini, sono disperati e vedono sfumare tutti i loro sacrifici. E considerano quello che sta avvenendo come uno spreco della preziosa risorsa idrica. 

L’infrastruttura è infatti strategica, riesce a fornire il servizio di irrigazione in situazioni ordinarie a un territorio agricolo di 6 mila ettari. Produttori agricoli e contadini della famosa area del Belìce e della provincia di Trapani sono molto preoccupati per la decisione del Ministero delle Infrastrutture di mettere fuori esercizio la diga che – costruita 70 anni fa e mai collaudata – secondo gli esperti tecnici non risponde ai requisiti di sicurezza antisismica richiesti dalla normativa. Dunque, i tecnici del Ministero attenendosi alla normativa hanno dovuto imporre il limite di invaso a 50 metri sul livello del mare. 

Le polemiche non mancano anche sul piano politico: il caso della diga Trinità è giunto infatti anche in Parlamento, nel corso di un question time alla Camera. Il parlamentare di Italia Viva Davide Faraone ha lanciato l’allarme su più ambiti: «La rete idrica disperde il 50% dell’acqua, i dissalatori sono inefficaci, e ora le dighe sversano acqua in mare. Cosa succederà quando le aziende agricole rimarranno senza riserve? La Sicilia si avvia verso un disastro annunciato». 

Il ministro della Protezione civile e le Politiche del Mare, ed ex presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, è intervenuto sull’argomento sostenendo che la responsabilità della gestione dell’invaso è di competenza della Regione Siciliana: «Le carenze della diga sono note da tempo e derivano da anni di mancata manutenzione e di adeguamenti mai effettuati. Il Ministero, già nell’aprile 2024, ha avviato le procedure per limitare ulteriormente l’accumulo idrico, vista la grave carenza di sicurezza statica, sismica e di piena». Ha inoltre messo in evidenza l’importanza dello stanziamento di 48 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza idrica in Sicilia ma ha sottolineato che la gestione operativa spetta al concessionario regionale. In buona sostanza, con diplomazia politica sembra aver lanciato un messaggio sul non adeguato tempismo da parte della Regione

Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha prontamente espresso il suo pensiero, affermando di aver «già avviato le procedure per adeguarsi alle richieste del Ministero delle Infrastrutture». «Stiamo facendo il possibile per salvaguardare le esigenze degli agricoltori e dell’intero territorio, ma è fondamentale che la messa in sicurezza venga realizzata nei tempi più brevi possibili». Schifani ha più volte comunicato all’opinione pubblica tutte le sue iniziative per affrontare la siccità e la crisi idrica, e anche in questo caso ha respinto le accuse di immobilismo. E per meglio far comprendere la sua posizione ha detto che il suo governo «ha ereditato una situazione già compromessa da anni di ritardi e inefficienze, e la Regione è impegnata a trovare soluzioni concrete». 

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La vicenda dunque agita anche le diverse componenti del centrodestra che si sono alternate al governo della Regione. 

La diga Trinità potenzialmente sarebbe in grado di accumulare 18 milioni di metri cubi d’acqua. La questione dell’acqua dispersa non riguarda solo le dighe ma anche i fiumi, grandi e piccoli, come quello dell’Oasi di Ponte Barca (nella zona del comune di Paternò, nel Catanese). A causa della mancanza delle paratoie in quest’area etnea del più grande fiume isolano, il Simeto, le acque non raccolte finiscono parecchi chilometri più avanti nel mar Ionio. E ancora, il caso del fiume Verdura nell’Agrigentino, la cui acqua finisce direttamente in mare. 

Il presidente Renato Schifani, appresa la notizia della mancata attivazione delle pompe di sollevamento nel fiume Verdura, ha definito la situazione come «scandalosa». Ha dato mandato all’assessore regionale all’Agricoltura Salvatore Barbagallo e al dirigente generale della Protezione civile Salvatore Cocina – che coordina anche la cabina di regia per l’emergenza idrica in Sicilia – di avviare immediatamente tutte le iniziative necessarie per rimuovere questa situazione. Schifani ha affermato che occorre intervenire con «la massima celerità perché non è accettabile che l’acqua possa continuare a essere dispersa in mare mentre cittadini, agricoltori e imprese della zona patiscono le conseguenze della siccità».

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26 gennaio 2025 ( modifica il 26 gennaio 2025 | 16:39)

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