Payback, le aziende presentano diffide e ricorsi contro la richiesta dell’Emilia Romagna

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#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


Contrarie anche stavolta a pagare una tassa giudicata iniqua, le aziende produttrici di dispositivi medici si oppongono alla richiesta dell’Emilia-Romagna di versare il payback entro 30 giorni. La Regione è la prima in Italia a muoversi nei confronti delle società del biomedicale, nonostante avesse chiesto l’abolizione. Inoltre è ancora in atto la sospensiva cautelare, in attesa delle prime sentenze da parte del Tar.

“Una decisione autolesionistica, giustificata attraverso motivazioni pretestuose come ‘atto dovuto’, finalizzate a prevenire eventuali contestazioni per danni erariali”,  dichiara Gennaro Broya de Lucia, presidente di Conflavoro PMI Sanità, associazione che rappresenta le principali realtà del medtech italiano, e che aveva già rappresentato i rischi per il comparto.

“Le aziende  – prosegue Broya de Lucia – sono tutt’altro che al sicuro, a partire da quelle del distretto di Mirandola, fiore all’occhiello della produttività biomedicale emiliana, primo in Italia e secondo in Europa. Con un colpo di scena, l’ultimo giorno del proprio mandato, la direzione regionale della Sanità ha infatti inviato decine di Pec con intimazioni di pagamento e preavvisi di compensazione alle nostre imprese”.

Microcredito

per le aziende

 

PMI Sanità presenta una diffida

“Una scelta quantomeno azzardata”, aggiunge Giampaolo Austa del legal team di Conflavoro PMI Sanità, in riferimento alla richiesta della Regione. Il legale sottolinea come la mossa sia “un’evidente elusione delle sospensive cautelari emanate dal Tar a favore della maggior parte delle aziende coinvolte”. E avverte: “Se la Regione Emilia Romagna decidesse di procedere con le compensazioni, sarà la magistratura penale a valutare le responsabilità per la violazione delle sospensive. Abbiamo già predisposto una diffida per le aziende che rappresentiamo e siamo pronti a difenderle fino in fondo”.

“Questo payback – conclude Broya de Lucia – è una sorta di mega patrimoniale retroattiva ideata dal governo Renzi e rischia di infliggere un colpo mortale alla maggior parte delle imprese italiane che riforniscono le strutture ospedaliere, con la perdita di migliaia di posti di lavoro e gravi danni per la salute dei cittadini. Serve trovare un equilibrio che tuteli il tessuto del medtech e salvaguardi la produttività regionale. La Regione risponda alla nostra richiesta urgente di incontro o si ritroverà sommersa da centinaia di cause”.

Nuovi ricorsi contro il provvedimento regionale

La richiesta da parte della Regione Emilia Romagna “è un atto grave e non rispetta quanto ha stabilito il legislatore”, afferma Nicola Barni, presidente di Confindustria dispositivi medici. “Riteniamo quindi opportuno procedere immediatamente per via legale con nuovi ricorsi in riferimento a questo provvedimento della Regione. Siamo convinti che il payback rappresenti una misura iniqua e ci batteremo in tutte le sedi per evitare un grave impatto sulle imprese dei dispositivi medici che, soprattutto in Emilia-Romagna, rappresentano un indotto fondamentale che genera benessere economico per il territorio”.

Gravissima ineleganza istituzionale

Di atto di “gravissima ineleganza istituzionale”, parla Sveva Belviso, presidente di Federazione italiana fornitori in sanità (Fifo) Sanità, aderente a Confcommercio. “Non attendere – scrive in una nota Belviso – la decisione del Tar significa sottoporre le aziende a uno stillicidio di azioni legali e costi aggiuntivi in un momento di estrema fragilità del sistema. È assurdo che proprio la Regione che si dichiara a favore delle imprese contribuisca ad alimentare un clima di paura e instabilità nel comparto”.

“Siamo di fronte a una situazione paradossale – prosegue la presidente Belviso – dove le istituzioni che dovrebbero tutelare il tessuto produttivo del territorio stanno attivamente contribuendo al suo indebolimento. In un momento di estremo disagio per l’intero sistema sanitario, questa decisione rappresenta un ulteriore colpo alle PMI fornitrici di dispositivi medici, già duramente provate da anni di incertezza”.

“Siamo già al lavoro con i nostri avvocati per supportare le aziende nei percorsi di impugnazione di questo nuovo provvedimento. Chiediamo all’Emilia-Romagna di ritirare urgentemente gli atti presentati e auspichiamo che le altre Regioni, anziché seguire questo esempio negativo, si adoperino per individuare soluzioni che salvaguardino il tessuto economico e occupazionale dei loro territori”.



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