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I 220 gazebo della Lega per altri due week end. Il segretario preme ancora sull’acceleratore
Il «calcio d’inizio» era in programma ieri mattina, 25 gennaio, alle 10, sotto la torre di Noale, nel Veneziano, e i leghisti veneziani erano tutti schierati. Di lì a un paio d’ore il segretario regionale (e vice federale) della Lega, Alberto Stefani, annunciava che le firme raccolte in 220 gazebo sparpagliati in tutto il Veneto erano già a quota diecimila. Firme in calce a una dichiarazione d’intenti: «Il Veneto merita di continuare a crescere, con il buon governo della Lega e di Luca Zaia. Per questo sostengo l’importanza del terzo mandato e, qualora questo non fosse possibile, che la guida del Veneto rimanga a un presidente della Lega». Segue argomentazione-àncora: solo con la Lega si porterà a casa la «vitale» riforma dell’Autonomia.
La lista Zaia
«Nessuna ostilità contro FdI e FI» specifica Stefani. Ma la minaccia di usare l’arma atomica, la lista Zaia, appunto, resta sul tavolo, anzi, viene rilanciata dopo le indiscrezioni romane secondo cui Giorgia Meloni sarebbe disposta a concedere un candidato leghista a patto che il presidente non scenda in campo. La bussola che guida la Liga nella battaglia per non scomparire ormai è chiarissima: ripartire dai fondamentali (e dal nome-talismano di Zaia). Ecco allora ricomparire gli storici gazebo (lasciati a prender polvere da anni), dare la scossa alla base, far «tornare all’ovile» ai militanti disaffezionati al punto da aver votato per protesta FdI. La prima vittoria Stefani l’ha già ottenuta: ricompattare un partito dilaniato dopo l’ubriacatura di potere di quel 77% targato Zaia alle Regionali 2020. Miracoli che si manifestano fronteggiando un assedio potenzialmente letale, quello di FdI. E allora gazebo per altri due fine settimana, un’«occupazione» manu militari delle piazze venete.
«Veneto ai veneti» è lo slogan martellante che punta a un’ideale sovrapposizione fra eredità della Serenissima e Lega. Un’operazione che fa alzare un sopracciglio a FdI, forte di un 37% abbondante alle ultime Europee, il triplo dei voti leghisti. Un distacco che la Lega vuole colmare lanciando la palla alta, altissima per strappare un candidato presidente leghista. Come? Attivando l’effetto moltiplicatore della rete di oltre mille amministratori sul territorio. La matematica non è un’opinione, ogni sindaco – questo è il ragionamento – messo in lista parte già con mille voti minimo nel proprio comune. Non basta, la strategia di Stefani secondo cui «la forza sta nei numeri» si applica ad un’altra moltiplicazione, quella delle liste. Per come funziona la legge elettorale regionale, la minaccia di una «lega delle Leghe», un complesso ben orchestrato di sette-otto liste oltre a quella ufficiale rischia di rosicchiare qualche seggio in consiglio, complice anche il premio di maggioranza.
Il tutto con una premessa: l’ammiraglia lista Zaia con Luca capolista nei tre collegi consentiti. Diciamo che la Lega ha tirato a lucido strategia bellica e armamenti pesanti. Che si arrivi a tanto, appare improbabile. Nonostante le invettive zaiane della scorsa settimana, qualcuno teme che alla fine il centravanti non sarà in campo. Lui torna a toni più sguisci quando gli chiedono di una sua lista in campo: «Ormai siamo arrivati quasi alla formazione di una squadra di calcio, cercando di capire chi segnerà poi in porta». Ma, appunto, ieri è stato solo il calcio d’inizio.
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