Bussola Legambiente, 14 proposte ‘verdi’ per un’Italia decarbonizzata

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Innovare produzioni e prodotti, decarbonizzare l’economia italiana per moltiplicare i posti di lavoro e competere sui mercati internazionali. È questa per Legambiente la ricetta vincente per accelerare in Italia la transizione ecologica e per rendere concreto questo scenario.

In occasione del forum “L’Italia in cantiere” è stata presentata la “Bussola per la competitività” dell’economia italiana nel giorno in cui la Commissione Europea fa altrettanto, presentando il piano di legislatura incentrato proprio sul tema della competitività: 14 proposte riguardanti quattro aree di intervento – iter autorizzativi, energia, economia circolare e controlli ambientali – su cui è fondamentale lavorare per avere un’Italia davvero decarbonizzata, circolare e competitiva a livello internazionale.

Questa bussola, definita partendo dalle condivisibili istanze della parte più avanzata dell’industria, protagonista della rivoluzione energetica e circolare in Italia, va nella direzione del superamento di quegli ostacoli non tecnologici – dalle autorizzazioni troppo lente alle norme troppo complesse, fino alle mancate premialità per le produzioni più innovative – che ancora oggi ingessano il nostro Paese.

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Le storie nazionali

Una cosa però è certa, nonostante la strada in salita, l’Italia crede nella transizione ecologica come dimostrano le tante imprese che puntano sempre più su decarbonizzazione, sostenibilità ambientale ed economia circolare e che per Legambiente non devono essere lasciate sole in questo percorso. Sono 30 i “campioni nazionali” censiti dall’associazione ambientalista con un tour itinerante, partito 20 mesi fa, nell’ambito della campagna nazionale “I cantieri della transizione ecologica”, e raccontati anche con una mappa interattiva con schede, foto e video (cantieridellatransizione.legambiente.it). Storie che arrivano dal Nord al Sud e dalle Isole della Penisola e che dimostrano con concretezza la forza della transizione ecologica in diversi ambiti: rivoluzione energetica, adattamento alla crisi climatica, agroecologia, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, riconversione industriale, economia circolare, lotta alle illegalità, aree protette e biodiversità, giovani e università.

Si va dalla Cartiera Pirinoli che a Roccavione (CN) utilizza il 100% di materiale proveniente dalla raccolta differenziata al più grande impianto fotovoltaico per autoconsumo in ambito aeroportuale d’Europa a Fiumicino (RM); dal riciclo delle terre rare dai RAEE a Ceccano (FR) al recupero degli oli minerali usati e dei rifiuti pericolosi a San Giuliano Milanese (MI); dalle attività di riciclo degli pneumatici fuori uso a Balvano in Basilicata alla chiusura del cerchio dal rottame di vetro per l’imbottigliamento del vino in Sicilia; dall’acciaieria di Lonato del Garda (BS) che lavora nel forno elettrico il 99% di rottami ferrosi agli impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) in provincia di Trapani; dall’esperienza degli scarti della coltivazione degli ulivi, della raccolta e lavorazione delle olive per la produzione di oli, trasformati in biometano e compost in provincia di Foggia, alla centrale a biomassa in Veneto che utilizza il legno proveniente anche dagli schianti verificatesi con la tempesta Vaia, per fornire energia alla vetreria locale, fino alla produzione di pannelli in cartongesso, puntando su recupero degli scarti e tecniche di estrazione da cave in sotterranea a basso impatto ambientale a Calliano (AT); dall’infrastrutturazione digitale a servizio del monitoraggio antincendio nelle riserve naturali abruzzesi a un modello virtuoso di separazione e riciclo della plastica da raccolta differenziata in provincia di Caserta.

Eccellenze, problemi irrisolti e scelte miopi del Governo: La grande spinta arriva soprattutto da due settori di punta: dall’economia circolare e da quello energetico incentrato sulle fonti pulite, dove tra l’altro l’Italia fa scuola con i primati raggiunti in diverse filiere come quelle del vetro, carta, acciaio, oli minerali esausti e vantando una produzione di elettricità da rinnovabili che nel 2024 ha raggiunto il record storico del 41,2% di copertura del fabbisogno annuale (dati Terna) – nonostante i tanti ostacoli non tecnologici. Tra questi pesano le bollette esorbitanti causate dall’eccessiva dipendenza energetica dall’estero e dalle speculazioni dei produttori di gas, gli iter troppo lenti delle autorizzazioni degli impianti a fonti rinnovabili o dell’economia circolare, il problema irrisolto dei pareri delle Sovrintendenze e del Ministero della cultura, le normative mancanti come quelle relative alla premialità per le produzioni più innovative, il DL agricoltura e il decreto aree idonee che rispettivamente vieta in modo indiscriminato il fotovoltaico a terra nelle aree agricole e delega totalmente le Regioni a individuare le aree idonee allo sviluppo delle rinnovabili con criteri a volte incomprensibilmente restrittivi, come nel caso della Sardegna, solo per citarne alcune. Ci sono anche le scelte miope e anacronistiche del Governo Meloni: dal potenziamento dei gasdotti ai nuovi rigassificatori per moltiplicare le vie di ingresso del gas; dal Piano Mattei al ritorno al nucleare, la forma di energia più costosa secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia. Alla luce di ciò Legambiente chiede all’Esecutivo un’assunzione di responsabilità e interventi che puntino su rinnovabili ed economia circolare.

La posizione di Legambiente

“Il nostro Paese – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è ancor ancora oggi ostaggio del vecchio sistema produttivo fossile e inquinante. È arrivato il momento di liberarlo. Accelerare la transizione ecologica non è solo una necessità per contrastare la crisi climatica, ma rappresenta una straordinaria opportunità per garantire un futuro occupazionale a milioni di persone, per abbassare le bollette, per aumentare l’indipendenza dall’estero e dagli speculatori delle fossili. Al Governo Meloni chiediamo di archiviare la stagione delle scelte energetiche miopi basate su gas e nucleare, e dei decreti che frenano lo sviluppo delle rinnovabili, come il decreto agricoltura e quello sulle aree idonee. L’Italia ha bisogno di un vero piano industriale per la competitività sui mercati globali basato su semplificazioni, autorizzazioni più veloci, controlli più adeguati, innovazione tecnologica, fonti rinnovabili e circolarità delle produzioni. Siamo nell’era della piena maturità e della convenienza economica delle tecnologie innovative per decarbonizzare e rendere circolare tutta l’economia italiana. Non perdiamo questa occasione”.

Green jobs, Lombardia ed Emilia-Romagna in testa

Parlare di transizione ecologica significa parlare di green jobs. Stando ai dati del rapporto GreenItaly 2024 di Fondazione Symbola, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne, nel 2023 le figure professionali legate alla green economy rappresentavano il 13,4% degli occupati totali, pari a 3.163.400 unità. Inoltre, i nuovi contratti attivati nelle filiere dell’economia verde sono stati 1.918.610, pari al 34,8% del totale dei nuovi contratti in Italia attivati nel 2023. In Italia le Regioni che registrano l’incidenza più elevata di green jobs sul totale degli occupati sono la Lombardia e l’Emilia-Romagna, con il 15%, seguite da Umbria (14,7%), Piemonte (14,3%), Trentino-Alto Adige (14,3%). Nella parte centrale della classifica delle Regioni ci sono Lazio (13,7%), Toscana (13,6%), Veneto (13,6%), Friuli-Venezia Giulia (13,4%), Abruzzo (13,1%), Molise (12,6%), Marche (12,3%), Puglia (12%), Basilicata (11,7%), Liguria (11,6%), Valle d’Aosta (11,5%), Campania (11.5%) e Calabria (11,4%); chiudono la classifica Sicilia e Sardegna rispettivamente con il 10,5% e il 10%.



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