Energia al Sud, la sfida passa per il Mediterraneo: Mezzogiorno cruciale

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«La regione Euro-Mediterranea è centrale per le sfide di competitività energetica dell’Europa e dell’Italia». È la chiave di lettura più coerente e immediata del “Med & Italian Energy Report”, curato da Srm (il Centro di ricerca collegato a Intesa Sanpaolo) e dal Politecnico di Torino, giunto alla sesta edizione e presentato ieri all’Europarlamento. Dalla ricognizione puntuale e meticolosa dello scenario geopolitico mondiale, focalizzata sull’energia, emerge il ruolo chiave del nostro Paese e del Mezzogiorno in particolare per l futuro dell’intera area: la ribadita centralità della produzione da fonti rinnovabili sulle sponde del Mediterraneo e il peso sempre più strategico dei porti che vi si affacciano, tra i quali in primo piano quelli meridionali, disegnano una prospettiva che in attesa dell’idrogeno verde e più in là del nucleare sembra incoraggiare un certo ottimismo.

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L’idea di fondo del lavoro, illustrato per Srm dal Direttore Massimo Deandreis, è che si deve intensificare la produzione di energia rinnovabile nel Nord Africa e importarla in Europa, affidando sostanzialmente all’Italia il compito di fungere da “ponte verde” per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e ridurre strutturalmente la dipendenza energetica.

Gli obiettivi

È, non a caso, uno degli obiettivi alla base del Piano Mattei, e va di pari passo all’aumento della capacità di rigassificazione che in questa fase molti Paesi del Mediterraneo hanno pianificato (l’Italia, ad esempio, ha incrementato lo sfruttamento dei tre terminali GNL già esistenti (Rovigo, Livorno e La Spezia ai quali si aggiungerà Ravenna). Ma sono eolico e solare la grande opportunità da sfruttare al massimo per la sponda Sud del Mediterraneo, spiega il Report: «Considerando la generazione di elettricità da fotovoltaico, basterebbe meno dell’1% della superficie dei Paesi della costa meridionale per generare elettricità sufficiente non solo a soddisfare la loro futura domanda di energia elettrica ma anche per produrre elettricità in eccesso che potrebbe essere esportata verso le altre sponde». Non a caso, «la maggior parte della capacità installata di energie rinnovabili è attualmente concentrata nella costa europea del Mediterraneo».

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Nel frattempo, però, sono le interconnessioni la strada da seguire. E l’esempio del recentissimo patto strategico tra l’Italia, l’Albania e gli Emirati Arabi Uniti, firmato dalla premier Giorgia Meloni, calza a pennello: il report lo definisce infatti come «la chiave per una nuova diplomazia energetica, che puntando sulle interconnessioni costituisca un modo concreto e sostenibile di affrontare la transizione energetica. Un asse di intesa sull’energia che consolidi il dialogo tra le sponde del Mediterraneo e che sia un tassello ulteriore nella strategia per rendere l’Italia hub energetico per i flussi fra Europa e Africa».

Decisivo sarà sicuramente il contributo dei porti come «nuove vie dell’energia» e qui il peso del Mezzogiorno sembra essere destinato a crescere ancora. Scrivono Srm e Politecnico di Torino: «Nello scenario energetico vanno sempre più assumendo valenza strategica le infrastrutture portuali e logistiche. Si configurano nuovi modelli di gestione dei porti che stanno diventando hub energetici, i cosiddetti green port». Ovvero, «nodi cruciali nella catena di approvvigionamento energetico, consentendo l’importazione e l’esportazione di petrolio, prodotti petroliferi raffinati e GNL». Ora devono perfezionarsi, per così dire, soprattutto, come «luoghi strategici per la transizione green e per favorire il “ponte energetico” tra Europa e Nord Africa. Non a caso, nei porti vanno sempre più diffondendosi grandi progetti inerenti le energie rinnovabili, in particolare solare fotovoltaico ed eolico anche offshore».

Già adesso più del 90% dei porti ha piani di investimento in infrastrutture e in sostenibilità e circa un terzo di quelli esaminati dallo studio «destinerà spazi alla produzione di energia rinnovabile, mentre il 13% espanderà gli impianti di produzione energetica esistenti». La buona notizia è che l’Italia è in prima fila nello sviluppo del nuovo modello del porto come polo di sviluppo energetico: nella top 10 dei principali porti energy dell’area Med, figurano infatti per il greggio Trieste con 38 milioni di tonnellate movimentate, Augusta e Sarroch (12 milioni di tonnellate; Napoli per il gas (1 milione di tonnellate); Porto Levante-Rovigo (6,4 milioni di tonnellate) e Piombino (2,4 milioni di tonnellate) per il GNL.

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Va ricordato che per i porti italiani il segmento energy vale il 35% del totale movimentato: «Essi stanno affrontando e sempre più saranno protagonisti di una rivoluzione energetica. La nuova sfida è quella di diventare hub della transizione energetica, impegnandosi a rendere più ecologiche le proprie attività» si legge nel report. Del resto, i primi 5 Energy port italiani concentrano il 69% del traffico e sono Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova. Tre meridionali, dunque, a riprova del fatto che il Mezzogiorno con un peso specifico di circa il 50% della movimentazione portuale italiana, «ha un ruolo chiave nel percorso verso la transizione “green” contribuendo a generare sinergie tra le due sponde del Mediterraneo e valorizzando la presenza in Nord Africa di grandi fonti di energia rinnovabile». E l’altro aspetto chiave del ragionamento: grazie alla vicinanza a potenziali aree di produzione rinnovabile in Nord Africa, gli investimenti nelle infrastrutture e nella logistica in chiave sostenibile «contribuiscono a rendere i nostri porti attori chiave, rafforzando la posizione geostrategica dell’Italia e del Mezzogiorno nel Mediterraneo».





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