La porta dell’anno: a Napoli si celebra Yennayer, il Capodanno berbero.

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Una festa a palazzo Corigliano per inaugurare il 2975, giovedì 30 gennaio ore 15:00.

Francesca Vaccaro

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Una porta si schiude piano, poi si spalanca con fragore gioioso, con giubilo di musiche e canti, aprendo il passaggio verso un nuovo ciclo vitale: la porta dell’anno, in berbero tabburt usәggas, è il primo giorno dell’anno, che corrisponde al 13 gennaio del calendario gregoriano. Per celebrare Yennayer, il Capodanno amazigh, a palazzo Corigliano, una delle sedi de L’Orientale, giovedì 30 gennaio dalle 15:00, si terrà una festa, organizzata dal Centro Studi Berberi, diretto dalla professoressa Anna Maria Di Tolla. La festa rappresenta non solo un’occasione per accogliere il nuovo anno insieme alla comunità napoletana di Imazighen (più noti come Berberi), ma sarà anche un’opportunità per conoscere piatti tipici, musiche e tradizioni della cultura berbera. Attraverso canti, suoni, sapori, racconti, sarà possibile affacciarsi per qualche istante su un mondo vicinissimo eppure ancora poco conosciuto in Italia. Nell’immagine di copertina possiamo osservare il nome Yennayer scritto in tifinagh, un alfabeto dalle origini antichissime, che risalgono, secondo alcuni studiosi al VII sec. a.C.

La scelta del 13 gennaio come primo giorno dell’anno è dovuta al fatto che nei Paesi del Nord Africa, è di utilizzo comune il calendario giuliano, istituito nel 46 a.C. da Giulio Cesare, sulla base dei consigli dell’astronomo egizio Sosigene d’Alessandria, che  prende avvio con il mese chiamato Yennayer, sulla cui etimologia ci sono diverse ipotesi: secondo alcuni deriverebbe da Ianuarius, quindi da Ianus, Giano, divinità bifronte romana che presiedeva i passaggi e gli inizi.  Secondo Gabriel Camps, fondatore dell’Encyclopédie Berbère, la caratteristica essenziale dei popoli che noi definiamo Berberi e che invece chiamano sé stessi Imazighen, persone libere é proprio la capacità di essere malleabili alle culture straniere, preservando con tenacia e orgoglio la propria identità culturale, in una parola, la loro capacità di restare sé stessi.

Chi sono, dunque, gli Imazighen (gh = r alla francese), che si apprestano a varcare la soglia del 2973? Come dimostra la festa di Yennayer, una delle ricorrenze più antiche a livello mondiale, gli Imazighen sono un popolo dalle origini antichissime: se ne trovano le prime menzioni già nei papiri egizi, in cui vengono indicati con il nome di Libi. Nel corso della storia la loro identità non è stata riconosciuta e diversi invasori giunti in Nord Africa hanno cercato di assimilarli, ma invano, perché da ogni nuova conquista, prima da parte dei Romani, poi degli Arabi musulmani, poi delle potenze coloniali europee, hanno saputo trarre nuova linfa per alimentare l’amore e la fierezza per la loro cultura, che nel tempo ha saputo integrare elementi diversi, influenze molteplici, dando vita a espressioni artistiche, religiose e linguistiche, connotate da straordinaria fluidità e sincretismo. 

In ognuna di queste aree si parla una stessa lingua ma con diverse varietà: l’Università L’Orientale è l’unica in tutta la penisola a offrire la possibilità di studiare la variante nefusi, parlata nella regione del Gebel Nefusa in Tripolitania (Libia), oltre al laboratorio di Tachelhit, variante del sud-est marocchino. Nonostante la vasta estensione del loro territorio e le specificità locali, alcuni elementi culturali e pratiche sociali, accomunano questo popolo. 

L’unicità della cultura amazigh si esprime anche nei festeggiamenti di Yennayer, che coinvolgono milioni e milioni di persone, anche nei Paesi europei in cui sono presenti numerose comunità amazigh, come in Spagna, Italia e, soprattutto, in Francia, dove diverse associazioni culturali organizzano concerti ed eventi che talvolta arrivano a guadagnare palcoscenici importanti, come in occasione del concerto presso l’Hotel de ville, a Parigi, a cui ha partecipato più volte il cantautore cabilo Idir, che tra l’altro è noto anche per una collaborazione con Enzo Avitabile. In Algeria, dal 2018, Yennayer è riconosciuto come festa nazionale e per diversi giorni, dal 12 al 14 gennaio, si organizzano festival culturali, concerti, mostre artistiche, spettacoli teatrali in lingua tamazight, proiezioni di film, recitals di racconti tradizionali, mercati di artigianato (particolarmente famosi sono i tappeti, le ceramiche e l’arte dell’oreficeria amazigh). Anche in Marocco, dal 2023, o meglio dal 273, Yennayer è festa nazionale.

 I rituali di Yennayer rispondono a quattro preoccupazioni fondamentali: allontanare la fame, presagire i caratteri dell’anno che verrà, consacrare il passaggio tra una stagione e l’altra e accogliere sulla Terra le forza invisibili, rappresentate da personaggi mascherati. La vigilia di Yennayer, il 12 gennaio, è percepita come un giorno di tristezza e dolore prima della gioia della festa, pertanto si consumano pasti modesti, ad esempio ci si priva del couscous e lo si sostituisce con delle polpettine di farina cotte in un brodo leggero, oppure, altrove, si beve soltanto del latte. Il giorno dopo, invece, la tradizione vuole che si celebri con un pasto ricco e abbondante, condiviso con la famiglia, che rappresenta un auspicio di prosperità per tutto l’anno a venire.

Alcuni piatti tipici per questo giorno speciale sono: orikmen, una zuppa con grano, orzo, fave e lenticchie, tagola, a base di gherigli di mais, olio di argan, miele e burro, il piatto dei sette legumi, la harira, una zuppa a base di lenticchie, pomodori e ceci.

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Infine, immancabile è il couscous, preparato durante la notte tra il 12 e il 13, ricco di legumi e, talvolta, carne di pollo. All’interno di questo couscous viene inserito un nocciolo di dattero (ighs) o un pezzetto di mandorla: si ritiene che la persona che lo trova sia “benedetta” e che godrà per tutto l’anno di buona sorte. Così come esistono dei cibi propiziatori, considerati di buon auspicio, ci sono anche alcuni cibi che vanno evitati durante la giornata di ixf aseggas (la testa dell’anno, cioè capodanno): è preferibile non mangiare cibi acidi né piccanti, poiché si stima che siano di cattivo auspicio.

Ma le tradizioni culinarie non sono le uniche che caratterizzano tabburt usәggas, la porta dell’anno: anche la musica e le danze giocano un ruolo essenziale: ogni momento importante nella vita delle comunità amazigh, come i matrimoni e le feste comunitarie è accompagnato da canti e balli molto ritmati che esprimono la gioia della condivisione e accompagnano i momenti di passaggio. Fra gli altri, cortei  composti non solo da personaggi in maschera, ma anche da musicisti, danzatori, da una persona che ha la funzione di raccogliere le offerte ad ogni sosta presso una famiglia. Ad ogni porta, infatti, ci si ferma per raccogliere doni alimentari e il vecchio che guida il corteo, pronuncia delle benedizioni, che augurano prosperità, armonia, solidarietà e coesione familiare.

Ed è con questi auguri che siete tutti invitati a festeggiare Yennayer, venerdì pomeriggio, dalle 16:30, presso palazzo Corigliano (aula T4), in piazza San Domenico Maggiore. Non perdete l’occasione di trovare un seme di dattero portafortuna nel couscous o di ascoltare la travolgente musica amazigh!

Per leggere l’articolo completo Blog Lunja e le sue parole sommerse 



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