DeepSeek a rischio blocco in Italia? Il Garante privacy chiede conto sul trattamento dei dati

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Il Garante per la protezione dei dati personali ha recentemente inviato una richiesta di informazioni a Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e Beijing DeepSeek Artificial Intelligence, due società che offrono il servizio di chatbot DeepSeek, utilizzato sia tramite piattaforma web che tramite applicazione mobile.

L’Autorità italiana ha espresso preoccupazioni riguardo a un potenziale alto rischio per i dati personali di milioni di cittadini italiani, sollecitando le due aziende a fornire dettagli cruciali sulla gestione dei dati in merito alla tipologia di dati personali raccolti, le fonti da cui provengono, le finalità per cui vengono trattati, e la base giuridica di tale trattamento.

Un altro elemento cruciale riguarda la localizzazione dei server, con il Garante che ha chiesto di confermare se i dati siano conservati in Cina.

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Il comunicato del Garante solleva anche una questione fondamentale: come vengono utilizzati i dati per addestrare l’intelligenza artificiale? In particolare, se il trattamento dei dati avviene attraverso web scraping, è necessario che le società chiariscano come informano gli utenti riguardo al trattamento dei loro dati, soprattutto per chi non si è iscritto esplicitamente ai servizi.

Le società hanno venti giorni di tempo per rispondere e fornire tutte le informazioni richieste. Una richiesta che si inserisce nel crescente interesse del Garante per i rischi legati alla protezione dei dati nell’ambito dell’IA, in particolare per i modelli sviluppati e commercializzati provenienti da paesi non appartenenti all’Unione Europea.

Analisi giuridica del provvedimento contro DeepSeek

Dal punto di vista giuridico, la richiesta del Garante riflette un’applicazione rigorosa del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), che impone alle aziende di rispondere in modo trasparente riguardo al trattamento dei dati personali degli utenti.

In particolare, l’articolo 6 del GDPR stabilisce che il trattamento dei dati debba avvenire utilizzando una adeguata base giuridica. Il Garante ha chiesto chiarimenti su quale di queste basi giuridiche venga invocata dalle società cinesi per giustificare la raccolta e l’elaborazione dei dati personali.

Inoltre, l’articolo 5 del GDPR stabilisce i principi di trasparenza, limitazione della finalità e minimizzazione dei dati, che impongono alle aziende di raccogliere solo i dati strettamente necessari per lo scopo dichiarato.

Il Garante sta quindi cercando di verificare che DeepSeek rispetti questi principi fondamentali, che sono essenziali per proteggere i dati degli utenti. Le società devono inoltre chiarire come gestiscono eventuali dati particolari (ad esempio, quelli relativi alla salute o alla vita sessuale), che richiedono trattamenti ancora più rigorosi sotto il GDPR.

Un altro punto sollevato dal comunicato riguarda il web scraping, che potrebbe comportare la raccolta di dati da fonti pubbliche o da altre piattaforme senza il consenso esplicito degli utenti. In questo caso, l’azienda sarebbe tenuta a rispettare l’obbligo di informare gli utenti, come stabilito dall’articolo 13 del GDPR, e a garantire che il trattamento dei dati avvenga nel rispetto dei diritti degli utenti, tra cui il diritto di accesso, rettifica e cancellazione.

Il precedente: ChatGPT

Questo intervento del Garante, sebbene legato a una singola azienda, fa eco a un contesto più ampio, che vede sempre più spesso l’Europa impegnata nella regolamentazione dei giganti tecnologici globali.

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Un caso emblematico è stato quello di ChatGPT, che nel 2023 ha dovuto affrontare una sospensione temporanea in Italia per non aver rispettato i requisiti di protezione dei dati previsti dal GDPR.

In risposta, OpenAI ha intrapreso una serie di azioni correttive per rispondere alle critiche. Ha aggiornato le politiche di privacy, ha introdotto un sistema di verifica dell’età per prevenire l’accesso dei minori, e ha migliorato le informazioni sui diritti degli utenti. Inoltre, è stata introdotta una maggiore trasparenza riguardo ai dati raccolti durante le conversazioni con il chatbot.

Questi interventi hanno permesso a ChatGPT di tornare operativa in Italia, dopo aver soddisfatto le richieste del Garante.

La possibilità di un blocco di DeepSeek in Italia, alla luce della nuova indagine avviata dal Garante, non è da escludere. Se le richieste dell’Autorità non dovessero essere soddisfatte, infatti, anche questo servizio potrebbe essere bloccato o limitato, come accaduto per ChatGPT.

L’eventuale blocco dimostrerebbe ancora una volta la determinazione dell’Europa nel proteggere i dati personali degli utenti e la privacy digitale, anche a costo di mettere in discussione l’accesso di grandi attori non europei al mercato.

Tuttavia, l’incidente con ChatGPT ha sollevato una questione ben più ampia: l’influenza crescente delle tecnologie cinesi, come DeepSeek, sul panorama mondiale, in particolare in ambito IA, a fronte del predominio storico delle Big Tech americane.

Sullo sfondo la geopolitica digitale

Gli Stati Uniti, storicamente leader nel settore digitale, continuano a dominare la scena grazie alle Big Tech come Google, Amazon, Facebook e Microsoft, che intrattengono stretti legami con il governo federale, inclusi rapporti solidi con la Casa Bianca.

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Questo legame tra le Big Tech e il governo degli Stati Uniti è un elemento cruciale, poiché permette agli Stati Uniti di esercitare un’influenza diretta sulle normative internazionali e sulla gestione delle risorse digitali globali, compreso il controllo delle informazioni.

Internet è una delle espressioni della potenza americana, un fenomeno che nasce nel ventre militare degli USA e che ha avuto un impatto profondo sulla globalizzazione, offrendo un accesso senza precedenti all’informazione, al commercio e alla comunicazione.

La rete ha contribuito a plasmare l’ordine mondiale, ma la crescente concorrenza da parte della Cina sta mettendo alla prova questo sistema. Le aziende cinesi come TikTok e DeepSeek, infatti, non solo hanno conquistato mercati globali, ma sfidano direttamente l’influenza americana nel cyberspazio, creando nuove dinamiche di potere.

Internet, fenomeno nato negli Stati Uniti, ha rappresentato finora il perno della globalizzazione digitale, un’estensione della potenza americana nel cyberspazio. Ed in questa corsa tecnologica, non possiamo ignorare l’influenza crescente della Cina.

Se nel 2018 aziende come Baidu (1,37% delle ricerche globali) e WeChat (26% della messaggistica in Cina) dominavano parzialmente solo il mercato interno cinese, oggi il panorama è cambiato radicalmente. TikTok, ad esempio, ha rivoluzionato l’intrattenimento globale, e la Cina ha mosso passi importanti anche nel settore dell’IA, come testimonia proprio il successo di DeepSeek.

Questa competizione non è solo economica, ma anche geopolitica. Gli Stati Uniti e la Cina sono impegnati in una lotta per il dominio tecnologico, con il cyberspazio che diventa uno dei principali terreni di battaglia. Mentre gli USA continuano a mantenere una leadership grazie alle Big Tech, la Cina cerca di emergere come potenza tecnologica, utilizzando le proprie aziende per contrastare l’influenza occidentale.

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Le tecnologie non sono più solo strumenti di sviluppo economico, ma elementi strategici fondamentali per la sicurezza nazionale. Questo scontro tecnologico tra Stati Uniti e Cina va ben oltre il dominio del mercato digitale.

La guerra cibernetica è ormai una componente cruciale delle rivalità geopolitiche, con paesi come Russia, Iran, Cina e Corea del Nord che tentano di disfare l’architettura internazionale americanocentrica, mirando a destabilizzare la supremazia statunitense nel cyberspazio. L’IA rappresenta uno dei fronti principali su cui si combatte questa guerra invisibile, e l’architettura globale di Internet è sempre più un campo di battaglia.

Il GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) ha creato un freno in Europa per l’espansione incontrollata di tecnologie che minacciano la privacy dei cittadini. Tuttavia, la sua applicazione a entità non europee, come nel caso di DeepSeek, solleva questioni legali complesse, poiché l’IA ACT, almeno finora, non ha prodotto alcun Bruxelles effect, cioè di riproduzione negli ordinamenti extra UE così come avvenuto per il GDPR.

Il Great firewall cinese

Un altro aspetto centrale riguarda il tema della libertà d’informazione. Nei regimi autoritari, l’accesso a informazioni non controllate è visto come una minaccia. La Cina, ad esempio, ha implementato un sistema di controllo rigoroso su internet, con il cosiddetto “Great Firewall”, per monitorare e censurare l’informazione.

Questo controllo non si limita solo alla protezione dei dati, ma si estende alla manipolazione dell’opinione pubblica, un potere che i regimi autoritari esercitano per mantenere il controllo sociale.

In un mondo dove la democrazia digitale sta cercando di affermarsi, la libertà di informazione è uno degli strumenti più potenti per contrastare le tendenze autoritarie. La protezione della privacy e dei diritti degli utenti è quindi una questione di libertà individuale, ma anche di sicurezza collettiva.

DeepSeek e le sfide dell’intelligenza artificiale

La vicenda DeepSeek è stata anche analizzata nel recente convegno “Le sfide dell’IA – La protezione dei dati nell’era del cambiamento“.

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I rischi per la manipolazione delle informazioni

Tra gli interventi, quello della vicepresidente della Camera Anna Ascani: “Viviamo infatti un’epoca in cui le tecnologie digitali stanno ridefinendo il rapporto tra cittadini, istituzioni e mercato, un’opportunità straordinaria, ma anche rischi significativi in termini di manipolazione delle informazioni e violazione della privacy”.

“In questi giorni”, ha continuato la Ascani riceviamo notizie di nuove applicazioni di intelligenza artificiale che arrivano da altre aree è arrivata la notizia che DeepSeek l’applicazione sarebbe scomparsa dagli store più utilizzati dagli utenti e del resto il garante della privacy aveva già sollevato questioni relative proprio alla protezione dei dati. La recente approvazione del regolamento sull’intelligenza artificiali, cosiddetto e AI ACT, rappresenta un passo avanti importante in tal senso e ribadisce un principio essenziale. La tecnologia deve essere al servizio della persona e non il contrario, non possiamo trasformarci in semplici fornitori di dati rispetto a queste piattaforme. Tra le norme non possiamo ovviamente omettere di ricordare il GDPR, il regolamento europeo sulla protezione e libera circolazione dei dati personali che a partire dal 2018 è presidio di libertà per tutti i cittadini dell’Unione e argine contro tutti i modelli di business predatori del cosiddetto capitalismo della sorveglianza”.

“Ma la protezione dei dati personali non è una questione meramente tecnica”, ha concluso la vicepresidente della Camera. “È una sfida etica e politica che richiede una visione integrata e lungimirante. Richiede di costruire un ecosistema digitale che metta al centro la trasparenza, la responsabilità e la parla di cittadini, la partecipazione democratica”.

È necessario identificare una “frontiera” per l’AI

Sul tema delle sfide poste dall’intelligenza artificiale è intervenuta anche Ginevra Cerrina Ferroni, vicepresidente del Garante: “Una tecnologia come l’intelligenza artificiale che rischia di non avere confini necessita di limiti e di obiettivi”.

Necessita, cioè, di una frontiera, proprio perché come ricordava Stefano Rodotà, non tutto ciò che è tecnicamente possibile è per ciò solo eticamente ammissibile, giuridicamente lecito socialmente accettabile”, ha concluso la vicepresidente del Garante privacy.

Guido Scorza: è una corsa agli armamenti

Durante il suo intervento al convegno “Le sfide dell’IA – La protezione dei dati nell’era del cambiamento“, Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali, ha sottolineato l’importanza del fattore tempo: “Ci sono voluti 62 anni perché 50 milioni di persone utilizzassero un’automobile per spostarsi. Ce n’erano voluti 60 perché avessero un telefono a casa, 48 perché disponessero dell’elettricità, 22 perché potessero avere un televisore. Il computer, per conquistare 50 milioni di utilizzatori in giro per il mondo, ha impiegato 14 anni e il telefonino 12, Internet 7 anni”.

“Poi è arrivato a ChatGPT”, ha continuato Scorza, “un servizio online basato su algoritmi di intelligenza artificiale generativa di OpenAI. In meno di due mesi, GPT ha raggiunto 100 milioni di utenti attivi mensili. Il doppio di quelli che è YouTube, poco tempo prima, aveva raggiunto in quattro anni. Ora, naturalmente, vedremo quanto impiegherà DeepSeek per raggiungere lo stesso traguardo dei 50 milioni di utenti. Sono numeri che a me sembrano assolutamente sufficienti a raccontare la costante e inarrestabile accelerazione del ritmo di diffusione di prodotti e servizi che hanno indiscutibilmente cambiato in maniera significativa”.

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“Probabilmente”, ha concluso Guido Scorza, “non abbiamo ancora visto nulla perché a me pare piuttosto evidente che la nuova corsa agli “armamenti” dell’intelligenza artificiale, non saprei definirla diversamente, tra America e Cina imprimerà un ulteriore accelerazione al ritmo dell’innovazione”.

Conclusioni

Il Garante privacy italiano ha sollevato importanti questioni giuridiche riguardo al trattamento dei dati personali da parte di DeepSeek.

La protezione dei dati e la trasparenza sono tematiche centrali, soprattutto quando si tratta di attori non europei.

La crescente competizione tra USA e Cina nel campo delle tecnologie digitali e delle intelligenze artificiali sta trasformando il cyberspazio in uno dei principali fronti di una guerra geopolitica e digitale.

In questo contesto, l’Europa deve continuare a difendere il proprio modello di protezione dei dati, tutelando i diritti dei cittadini contro la crescente potenza di attori globali che, come DeepSeek, potrebbero rappresentare un rischio per la privacy e la sicurezza delle informazioni personali.



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