Deepseek sfida ChatGpt con una versione (fin troppo simile) più economica e open-source

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La start-up cinese di intelligenza artificiale DeepSeek ha lanciato la scorsa settimana un modello apparentemente più potente di ChatGPT, ma a un costo significativamente inferiore. Lunedì, la sua app è diventata la principale applicazione gratuita sull’App Store di Apple negli Stati Uniti, alimentando le preoccupazioni americane sulla corsa tecnologica del decennio. OpenAI, azienda sviluppatrice di ChatGpt, afferma di aver trovato prove che suggeriscono l’uso dei suoi modelli da parte di DeepSeek per addestrare il proprio codice, sollevando dubbi su una possibile violazione della proprietà intellettuale. In Italia l’applicazione ufficiale di DeepSeek per Android e iPhone è sparita ieri dagli store, anche se la versione online del servizio è ancora accessibile tramite browser, probabilmente per un intervento del Garante della Privacy.

Come spiega Matteo Wong nell’Atlantic, la caratteristica più rilevante di DeepSeek è che è ‭«relativamente aperto‭», a differenza delle principali aziende di intelligenza artificiale americani come OpenAI, Anthropic e Google DeepMind che mantengono quasi completamente segreti i loro studi. DeepSeek ha invece deciso di rendere ‭«il codice finale del programma – e anche una spiegazione tecnica dettagliata – libero da consultare, scaricare e modificare‭». In altre parole, chiunque, proveniente da qualsiasi paese, può utilizzare, migliorare o modificare il codice per i propri scopi e proporre nuovi modelli a sua volta. Questa apertura rende DeepSeek una risorsa preziosa per tutte le start-up e i ricercatori del mondo: Jim Fan, un importante ricercatore di intelligenza artificiale presso Nvidia ed ex dipendente di OpenAI, ha commentato su X come questa sia «una ricerca veramente aperta e di frontiera che dà potere a tutti». Ma, dice Wong, rappresenta anche «una minaccia per le principali aziende statunitensi, oltre che per gli interessi di sicurezza nazionale del governo».

L’uscita al pubblico di DeepSeek – che notiamo arriva giusto dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca – coincide anche con il recente rilascio da parte di OpenAi di o1, un nuovo tipo di modello di intelligenza artificiale che, a differenza di tutti i programmi precedenti sembra essere in grado di ragionare attraverso problemi complessi. Ma il Ceo dell’azienda, Sam Altman, non ha fatto in tempo a definirlo «il modello più intelligente al mondo», suggerendo che gli Stati Uniti stessero guidando la corsa, che la Cina ha cambiato le carte in tavola, dimostrando come modelli relativamente piccoli, se addestrati correttamente, possano eguagliare o addirittura superare le prestazioni di modelli molto più grandi.

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Se OpenAI ha infatti enormi quantità di capitale, chip per computer e altre risorse, e lavora sull’IA da un decennio, DeepSeek, un team più piccolo, formato due anni fa, con un accesso molto più limitato a hardware essenziali per l’IA, anche a causa dei controlli sulle esportazioni di chip avanzati imposti dagli Stati Uniti – avrebbe usato (forse) schede grafiche Nvidia H800 rispetto alle più potenti H100 americane – avrebbe speso appena sei milioni: la start-up di Google Anthropic, per addestrare modelli di simili dimensioni, utilizzerà circa un miliardo. «Nonostante gli sforzi per limitare la diffusione di tecnologie avanzate come i chip per computer e il codice per l’intelligenza artificiale in Cina, i ricercatori e le aziende cinesi siano riusciti comunque a fare significativi progressi» racconta Wong. Sono emersi tuttavia problemi legati a sicurezza e censura.

Notizie di oggi rivelano come OpenAI, assieme a Microsoft, stiano indagando su pratiche di utilizzo e sfruttamento dei modelli di intelligenza artificiale da parte di DeepSeek nei confronti di OpenAi, per sospetta «distillazione» che viola i termini di servizio. «Esiste una tecnica nell’IA chiamata distillazione… quando un modello apprende da un altro modello [e] in un certo senso succhia la conoscenza dal modello principale», ha dichiarato David Sacks a Fox News martedì, lo «tsar» di Trump per l’IA e le criptovalute. Tuttavia, come rivela il Financial Times, OpenAI sta affrontando a sua volta accuse di violazione del copyright da parte di giornali e creatori di contenuti, incluse «le cause legali intentate dal New York Times e da autori di spicco» che attribuiscono all’azienda di aver addestrato i suoi modelli utilizzando i loro articoli e libri senza il loro consenso.

Per quanto riguarda la capacità di DeepSeek di parlare e rispondere liberamente, secondo un’inchiesta del Guardian basata su un documento ufficiale, il governo cinese ha stabilito che l’intelligenza artificiale generativa non deve produrre contenuti che violano i «valori socialisti fondamentali» del Paese e temi che «incitano a sovvertire il potere statale». L’app cinese si rifiuta quindi di rispondere a domande su, ad esempio, le proteste di Tiananmen e il massacro del 1989. Tuttavia, come hanno dimostrato degli utenti di Reddit, la censura parrebbe facilmente eludibile.

Nonostante provenga da un regime autoritario in cui i cittadini non possono nemmeno utilizzare liberamente il web, la trasparenza e l’accessibilità del suo modello di intelligenza artificiale si stanno muovendo esattamente nella direzione opposta rispetto a quella verso cui si sta dirigendo l’industria tecnologica americana, sempre più concentrata in una oligarchia di poche Big Tech. Come si interroga Kevin Roose nel New York Times, «se una compagnia cinese è in grado di costruire modelli economici e open-source che eguagliano le prestazioni dei costosi modelli americani, perché qualcuno dovrebbe pagare per i nostri? …e cosa impedisce a DeepSeek o a un’altra start-up di prendere semplicemente i tuoi modelli, sui quali hai speso miliardi di dollari, e distillarli in modelli più piccoli ed economici che possono offrire per pochi centesimi?». 



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