Lo scorso 22 gennaio, una ragazza di 24 anni è stata molestata nella metro di Milano in direzione stadio San Siro. Scendendo dalla metro, si è accorta che qualcuno aveva compiuto un atto sessuale contro di lei, motivo per il quale aveva i pantaloni sporchi. La mancanza di tutela per alcune categorie è drammaticamente evidente: un’esperienza che in molte di noi provano e che nuovamente, qualche giorno fa, ho provato anche io
Mercoledì 22 gennaio 2025, Lara Rapelli si stava semplicemente dirigendo allo stadio con degli amici. Essendo questi ultimi in ritardo, è entrata nella metropolitana, per trovarsi, poi, in una situazione disgustosa e violenta. Vagoni strabordanti, lei accerchiata da uomini che la toccavano ovunque: prova a divincolarsi, tramite spinte e gomitate. Esce dalla metro e due turisti spagnoli le fanno notare il pantalone sporco di sperma. Nei giorni seguenti, ha così dichiarato sui suoi profili social: «Mi chiedo come sia possibile, ancora mi sento lo sporco addosso e vorrei veramente eliminare questa cosa. Spero che non vi capiti mai». Un altro episodio che dimostra quanto sia urgente affrontare il problema della sicurezza delle donne sui mezzi pubblici.
Donne e sicurezza sui mezzi pubblici: un fattore decisivo
Un recente rapporto ISTAT del 2024, ha evidenziato che il 29,6% delle donne tra i 14 e i 70 anni ha subito molestie fisiche sui mezzi pubblici. Essere una donna vuol dire non dare per scontato nulla: anche uscire di casa e andare a lavoro può diventare problematico. Numeri drammatici sono ovviamente presenti anche nella comunità LGBTQIA+.
Quando decidiamo se prendere un qualunque mezzo di trasporto, oltre a considerare la logistica dello spostamento e i tempi di attesa, per moltə di noi un punto non trascurabile è la sicurezza
Eppure, l’utilizzo di mezzi pubblici in sostituzione dell’auto è uno dei fattori che contribuirebbe non solo a ridurre le emissioni all’interno delle nostre città, incidendo positivamente sulla qualità dell’aria, ma anche a migliorare il benessere della cittadinanza. È necessario però a tal fine che la politica metta in atto tutta una serie di misure volte a rendere questa esperienza sicura e accessibile.
La violenza di genere nella vita quotidiana
Martedì mattina sono stata molestata ben due volte nel giro di venti minuti. Abito a Porta Portese, in una zona frequentata e molto viva di Roma, eppure, in pieno giorno, due individui mi hanno messo le mani addosso: il primo usando la tattica della folla, il secondo quello della frenata. Ovviamente sono inciampati casualmente entrambi sul mio fondoschiena e i miei genitali.
Il problema è che il nostro sistema di trasporti è progettato prevalentemente sulle esigenze degli uomini: anche in questo caso, la violenza maschile sulle donne in tutte le sue forme rimane un aspetto spesso ignorato nella pianificazione della mobilità urbana
Nel report Closing gender gaps in transport, la Banca Mondiale evidenzia come le donne abbiano il 10% di probabilità in più rispetto agli uomini di sentirsi non al sicuro nelle metropolitane e sottolineano come la paura non riguardi solo il tragitto sui mezzi, ma anche i percorsi per raggiungerli e le fermate scarsamente illuminate. Si tratta di una concatenazione drammatica, che influisce pesantemente sulle nostre vite.
Dopo l’accaduto di ieri, ho dovuto cambiare più tram, perdendo quindi anche del tempo prezioso e accumulando minuti di ritardo per l’appuntamento di lavoro verso il quale mi stavo dirigendo.
Barriere e soluzioni
La mancanza di trasporti sicuri riduce diffusamente la probabilità che le donne partecipino alla forza lavoro, in ogni parte del pianeta. Inoltre, la difficoltà nell’accedere a trasporti serali influenza anche la disponibilità a lavorare su turni notturni, uno dei motivi per il quale le donne sono sottorappresentate nel settore dei trasporti. In Italia, in questi anni sono nate diverse iniziative per supportare le persone socializzate come donne nei loro spostamenti, come le dirette Instagram di DonneXstrada, Scrivi quando arrivi, la campagna #mezzipertutte di Road 50% e Viola Walk Home. Deve essere quindi la società civile a occuparsi di tale situazione? Ovviamente no.
La superficialità del nostro sistema di protezione
Nonostante tutte le iniziative lodevoli sopra citate, non possiamo non notare la mancanza di responsabilizzazione da parte delle istituzioni.
Dopo essere scesa dai mezzi sui quali sono stata molestata l’altro giorno, ho incontrato alcuni controllori dell’ATAC a cui ho segnalato l’accaduto. Ciò che mi è stato detto è che proprio sul medesimo tram (l’8) si aggira un signore in leggings bianchi che tocca le ragazze e che è stato più volte segnalato. Nel mio caso non si trattava della medesima persona, ma, allo stesso tempo, il fatto che tali segnalazioni fossero totalmente inefficaci a meno che “la persona in questione non fosse colta in flagrante”, mi ha decisamente sconfortata. Ma non solo: ammesso che la persona in questione venisse colta in flagrante, riceverebbe più una forma di “richiamo” che una sanzione vera e propria.
Sicurezza delle donne sui mezzi pubblici: tiriamo le somme
Si può lavorare sulla prevenzione, si può lavorare sulla sensibilizzazione e sulle campagne di iniziativa popolare, ma fin quando non verrà ripensato totalmente il sistema di trasporti nell’ottica di una piena sicurezza e tutela, non saremo mai davvero liberə. Vogliamo che i nostri diritti vengano riconosciuti ora.
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