Il giorno dopo Giorgia Meloni ribadisce la parola d’ordine data subito nel video dell’altro ieri: “Avanti a testa alta, senza paura”. In un post sui social il premier afferma: “Il nostro impegno per difendere l’Italia proseguirà, come sempre, con determinazione e senza esitazioni. Quando sono in gioco la sicurezza della Nazione e l’interesse degli italiani, non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada”. Poi, a conferma dei risultati positivi del lavoro del governo, in un altro post Meloni annuncia: “Il 2024 segna un altro importante traguardo per l’Italia: con oltre 305 miliardi di export, raggiungiamo il valore più alto degli ultimi dieci anni. Un segno positivo della forza del nostro sistema produttivo e della competitività globale. Un’Italia sempre più forte e protagonista nel mondo”.
Scene completamente diverse sul fronte delle opposizioni. Come da vecchio rituale, la sinistra, divisa su formule e contenuti per diventare una vera alternativa di governo, ritrova compattezza cavalcando l’onda giudiziaria. Assumendo oggettivamente la postura ormai trentennale di sottomissione alla magistratura politicizzata. Pd e Cinque Stelle fanno a gara a chi attacca di più Meloni e il suo esecutivo sul caso Almasri. E il “garantista” Matteo Renzi sembra accodarsi. Solo Carlo Calenda, pur criticando duramente il governo, non è d’accordo con l’offensiva giudiziaria nei confronti del nucleo centrale del governo, con avvisi di garanzia al premier, ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega ai servizi segreti, Alfredo Mantovano, per peculato e favoreggiamento. “Un atto dovuto”, in seguito all’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti (ex sottosegretario alla giustizia del governo Prodi/2), secondo l’Anm.
Ma Francesco Petrelli, presidente dell’Unione Camere Penali, smentisce questa interpretazione secondo cui ci sarebbe “un simile automatismo nell’iscrizione nel registro degli indagati” : “Se così fosse, il Tribunale dei Ministri sarebbe intasato”.
Ma le opposizioni sono talmente determinate a cavalcare l’onda giudiziaria, che peraltro mette di fatto a tacere per ora tutti i malesseri centristi nel Pd o attorno al Pd, da determinare il blocco dei lavori d’aula in parlamento fino a martedì. Salta anche la nuova seduta comune di Camera e Senato che era stata prevista per l’elezione dei giudici costituzionali.
Schlein e alleati del campo largo chiedono a Meloni di venire subito a riferire e attaccano per le mancate presenze ieri per un’informativa di Piantedosi e Nordio. Ma, come fa notare il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, di FdI, l’informativa, che era stata prevista nei giorni scorsi, non si è potuta tenere in seguito all’iniziativa giudiziaria, per ragioni relative al rispetto del segreto istruttorio.
Sotto accusa è il fatto che il governo, secondo Schlein, avrebbe lasciato andare il capo della Polizia libica Almasri accusato dalla Corte penale Internazionale di essere “un torturatore di immigrati” trattenuti nei campi libici. “Ma – sottolinea la segretaria del Pd – al posto di quella del governo che scappa c’è l’informativa delle vittime di Almasri (ieri a Montecitorio conferenza stampa anche con Bonelli e Fratoianni di Avs)”.
Di fronte agli attacchi delle opposizioni la maggioranza torna a fare quadrato. A dimostrare la sua compattezza anche il fatto che è stata scelta come avvocato per gli indagati, la senatrice leghista Giulia Bongiorno, fresca della recente vittoria al processo Open Arms, conclusosi con un proscioglimento con la formula più piena che possa esserci (perché il fatto non sussiste) di Matteo Salvini. Quel “processo fallimentare” intentato dallo stesso procuratore, Francesco Lo Voi, dell’indagine sul governo, come ha detto con sarcasmo Meloni l’altro ieri nel video diffuso via social.
Attacca Maurizio Gasparri, capogruppo di FI al Senato: “Atto eversivo di una parte della magistratura. Basta, i procuratori non fanno l’agenda del parlamento”. E Antonio Tajani, segretario azzurro, vicepremier e ministro degli Esteri afferma che questa vicenda gli fa tornare in mente l’avviso recapitato a Silvio Berlusconi nel 1994. Stesso ricordo da parte della figlia del Cavaliere, Barbara Berlusconi.
Ma da allora sembra cambiato molto anche il clima in un Paese dove l’opinione pubblica sembra ormai stanca dell’uso politico ormai trentennale della giustizia almeno in queste dimensioni nei confronti di governi che non sono di sinistra.
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