Taglio al cuneo fiscale, il governo ammette l’errore: 1.200 euro in meno per i salari bassi

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Il governo ci ripensa e ammette l’errore nella gestione del taglio al cuneo fiscale 2025, confermando di fatto quanto segnalato tempo fa dalla Cgil, che denunciava effetti negativi sui salari di lavoratori e lavoratrici. Lo fa tramite le parole della sottosegretaria al Mef Lucia Albano, che ora promette “un attenta valutazione” sul caso.

La riforma, che ha trasformato il cuneo contributivo in cuneo fiscale, ha avuto un effetto negativo su chi percepisce redditi più bassi, causando una riduzione della busta paga per migliaia di lavoratori.

Leggi Come funziona il taglio al cuneo fiscale 2025

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La tegola è caduta in testa soprattutto a chi guadagna tra 8.500 e 9.000 euro all’anno, che ora rischia di perdere fino a 1.200 euro nel 2025. Così, ben lontano dai dati previsionali dell’esecutivo, che prevedeva una crescita generale degli stipendi, la realtà ora è un’altra: molti lavoratori hanno visto diminuire il proprio reddito a causa del meccanismo fiscale in vigore dal 2025.

“Come avevamo denunciato fin dal varo della manovra da parte del Consiglio dei Ministri, la fiscalizzazione del cuneo contributivo, per il meccanismo che è stato scelto, ridurrà il netto in busta paga alla stragrande maggioranza dei lavoratori”, ha affermato il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari.
Capiamo i motivi.

Le conseguenze per i redditi più bassi. Uno degli aspetti più controversi dell’attuale taglio al cuneo fiscale riguarda i lavoratori con un reddito annuo compreso tra 8.500 e 9.000 euro. A causa della riforma, nel 2025 potrebbero perdere fino a 1.200 euro rispetto all’anno precedente. Il motivo è legato alla fine del trattamento integrativo di 100 euro mensili, che nel 2024 era stato garantito grazie al taglio dei contributi. Con la nuova impostazione fiscale, questi lavoratori tornano a essere incapienti, ovvero non raggiungono un livello di imposta tale da poter usufruire del bonus, con una conseguente perdita economica diretta.

I vantaggi per i redditi più alti. Parallelamente, i lavoratori con un reddito compreso tra 35.000 e 40.000 euro, precedentemente esclusi dal cuneo contributivo, beneficeranno di un incremento fino a 1.200 euro all’anno. Questo cambio di platea ha generato un effetto di compensazione, premiando una nuova categoria di contribuenti a discapito di chi aveva tratto vantaggi dal meccanismo precedente. La decisione è stata giustificata dal governo con la necessità di evitare lo scalone fiscale, ovvero la perdita netta e improvvisa di benefici per chi supera la soglia dei 35.000 euro di reddito.

Le criticità della riforma del cuneo fiscale. La trasformazione del cuneo da contributivo a fiscale ha evidenziato diverse problematiche, tra cui l’impossibilità di mantenere gli stessi livelli di vantaggio per tutti i lavoratori coinvolti. Il ministero dell’Economia ha confermato che il cambiamento ha causato degli effetti distorsivi e che il governo sta valutando eventuali correttivi. Tuttavia, le risorse stanziate per la misura restano le stesse, circa 18 miliardi di euro, e ciò rende difficile intervenire senza rivedere la distribuzione complessiva.

Le reazioni politiche e sindacali. Il tema è stato sollevato anche durante il question time alla Camera, dove il Ministero ha risposto alle interrogazioni parlamentari confermando che il problema esiste e che potrebbe essere affrontato con modifiche future. La Cgil, tra i principali attori a denunciare il problema, ha sottolineato come la nuova misura sul cuneo fiscale colpisca in modo sproporzionato i lavoratori con redditi più bassi, riducendo il loro potere d’acquisto in un contesto economico già difficile. Secondo la CGIL, questa situazione è inaccettabile e deve essere corretta al più presto

L’accusa del Movimento 5 Stelle Il Movimento 5 Stelle ha ribattezzato la questione come una “presa per il cuneo”, accusando il governo di aver illuso milioni di lavoratori con promesse di aumenti in busta paga che, in realtà, non si sono concretizzate. Emiliano Fenu, capogruppo M5S in Commissione Finanze, ha affermato che la maggior parte dei lavoratori dipendenti non solo non riceverà alcun beneficio nel 2025, ma rischia addirittura di perdere soldi. Secondo il M5S, il governo ha manipolato la comunicazione per far passare una riforma dannosa come un miglioramento per tutti.

La risposta del governo. Il governo ha risposto sottolineando che il passaggio al nuovo meccanismo fiscale era necessario per rendere il sistema più equo e per evitare situazioni di penalizzazione brusca per chi superava la soglia dei 35.000 euro. Lucia Albano, sottosegretaria al MEF, ha ribadito che il governo sta esaminando la possibilità di un’estensione del trattamento integrativo ai lavoratori più penalizzati, ma che al momento non ci sono soluzioni definitive. La posizione dell’Esecutivo è che il problema riguarda un numero ristretto di contribuenti e che le fluttuazioni nei redditi rendono difficile identificare con precisione chi subirà effettivamente una perdita.

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Possibili sviluppi futuri. Le opposizioni insistono affinché vengano introdotti correttivi urgenti per evitare che i lavoratori più vulnerabili subiscano una riduzione della loro retribuzione. Secondo Stefano Patuanelli del M5S, il governo deve ammettere di aver sbagliato e intervenire immediatamente per rimediare al danno causato. Anche Alleanza Verdi e Sinistra si è unita alle critiche, con Tino Magni che ha accusato il governo di ignorare le esigenze dei lavoratori e di portare avanti una politica economica dannosa per le fasce più deboli.
Il problema principale resta la redistribuzione delle risorse: con un budget invariato, ogni modifica a favore di una categoria comporta inevitabilmente una penalizzazione per un’altra. L’obiettivo dichiarato del governo è quello di sostenere i redditi più bassi, ma il meccanismo attuale ha creato una situazione in cui proprio questi lavoratori rischiano di rimetterci.

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