Caso decadenza, l’intervento in aula della presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde

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Alessandra Todde

«Sono qui per riferire su una vicenda che vuole stravolgere attraverso un procedimento amministrativo l’essenza stessa del governo regionale, modificando il risultato elettorale e quindi il voto espresso dai cittadini sardi dopo meno di un anno dall’insediamento della giunta della nostra maggioranza».

CAGLIARI | 3 febbraio 2025. La presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde ha riferito oggi alla seduta statutaria sul caso decadenza, ossia sull’ordinanza-ingiunzione del Collegio di garanzia elettorale regionale della Corte dei Conti di Cagliari. Durante il suo lungo intervento in Consiglio regionale la governatrice ha ripercorso le tappe della vicenda, partendo dalla richiesta di chiarimenti firmata dalla presidente del Collegio di Garanzia, nella quale sono stati sollevati sette rilievi di regolarità relativi alla rendicontazione delle spese elettorali sostenute durante la campagna elettorale. Di seguito l’intervento integrale della presidente Todde.

Un attacco alla stabilità della Regione

«Signor presidente del Consiglio, onorevoli colleghe e colleghi, oggi sono qui dinanzi alla massima assemblea del popolo sardo in una seduta del Consiglio statutaria per riferire su una vicenda che vuole stravolgere attraverso un procedimento amministrativo l’essenza stessa del governo regionale, modificando il risultato elettorale e quindi il voto espresso dai cittadini sardi dopo meno di un anno dall’insediamento della giunta della nostra maggioranza. La scelta di riferire in Consiglio in seduta statutaria non è certamente casuale perché oggi dobbiamo affrontare argomenti che coinvolgono gli organi di governo della regione, così previsto da come dallo statuto e dalla nostra autonomia speciale. La tutela del mio diritto soggettivo è stata affilata al ricorso davanti al giudice civile del Tribunale di Cagliari e oggi riferisco a voi in virtù di un principio che io e la maggioranza che rappresento riteniamo essere sovraordinato a qualsiasi altra motivazione politica.

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La necessità di chiarezza

Il rispetto istituzionale e la devozione per il ruolo che rappresento, molto spesso confinati a liturgie grigie asettiche ancor più frequentemente sacrificati all’altare della comunicazione da spettacolo, conducendo troppe volte a mortificare la sostanza dei fatti in favore della loro forma comunicativa. Abbiamo ritenuto necessario, se non imperativo, dover ricondurre l’intera vicenda al grado di serietà che merita, perché se ancora qualcuno non fosse chiaro, il provvedimento del Collegio regionale di garanzia elettorale, su cui mi soffermerò in seguito non riguarda me sola, ma l’intera forma di governo della Regione Sardegna, gli assessori, i consiglieri di maggioranza e di minoranza è fatto ancora più grave riguarda a tutti i cittadini sardi sul loro inviolabile diritto in quanto cittadini di votare e di affidare al governo regionale che hanno democraticamente liberamente eletto la guida della Sardegna sino al 2029.

Questi aspetti non sono secondari, ma costituiscono il vero cuore della questione per essere analizzati, discussi, spiegati e perché no, anche contestati. È però necessario che tutti noi, io in primis, anteponiamo il corretto senso istituzionale alla frenesia mediatica. Non sarebbe stato opportuno parlare dinanzi a quest’aula senza prima esperire adeguata posizione nelle sedi opportune. Venire a riferire davanti a voi, senza prima esercitare i diritti e doveri che l’ordinamento nazionale e regionale consente a ciascun cittadino, tanto più a una cittadina a cui le elezioni democratiche del febbraio 2024 hanno consegnato l’onere e il compito di rappresentare tutti i cittadini sardi, sarebbe stata una mancanza di rispetto verso il ruolo che è diverso e verso voi onorevoli consiglieri.

Le contestazioni sulle spese elettorali

Veniamo ora nel merito della questione. Il 19 novembre mi viene notificata a mezzo PEC una richiesta di chiarimenti firmata dalla presidente del Collegio di Garanzia regionale della Regione Sardegna, nella quale venivano sollevati sette rilievi di regolarità relativi alla rendicontazione delle spese elettorali sostenute durante la campagna elettorale tenutasi dal 15 dicembre 2023 al 24 febbraio 2024. La medesima comunicazione mi è stata notificata tre giorni dopo da un messo notificatore incaricato dallo stesso Collegio di garanzia. Nessuno di questi rilievi segnalava alcun utilizzo improprio di risorse, ma semplicemente degli errori di forma nella predisposizione, nella presentazione della rendicontazione.

Nello stesso atto veniva richiesto di fornire spiegazioni sulle contestazioni ivi descritte entro 15 giorni dalla notifica pena alla decadenza dalla carica di consigliere regionale eletto ai sensi della legge 515 del 93. Alcuni giorni successivi alla prima notifica e ovviamente entro i termini indicati ho depositato le memorie come richiesto, all’interno delle quali venivano analizzati e confutati tutti i rilievi del Collegio, spiegando come in realtà i punti contestati si basavano su assunti non corretti e in altri casi travisavano dichiarazioni contenute nel rendiconto presentato in quanto all’interno dello stesso sin dal primo atto si attestava che non avevo ricevuto alcun contributo né sostenuto personalmente alcuna spesa.

Il ruolo del comitato elettorale

Ad ogni buon conto mie legali hanno ritenuto opportuno in quella sede chiarire definitivamente con una presentazione di rendiconto sulla base del modello richiesto dal Collegio elettorale che non avessi sostenuto personalmente alcuna spesa inerente alla campagna elettorale nel periodo del rendiconto e che tali spese fossero state sostenute dal comitato elettorale appositamente costituito a gennaio 2024 dal mio partito, il Movimento 5 Stelle per il sostegno della propria lista e del candidato presidente. Chiarisco anche che il comitato elettorale oltre che a disporre dei fondi messi a disposizione dal Movimento 5 Stelle per la campagna elettorale, ha ricevuto contributi da parte degli altri partiti della coalizione da privati cittadini. Inoltre ha ricevuto micro donazioni con PayPal effettuate da parte di cittadini privati, da un’impresa agricola 20 euro per un totale di 910 euro. Tutta la documentazione delle spese effettuate dei fondi ricevuti dal comitato, incluso l’estratto conto del conto dedicato dal comitato in banca Intesa e l’elenco dei beneficiari PayPal è stato allegato alla rendicontazione inviata dal comitato alla Corte dei Conti. Tale documentazione, anche se non dovuta, è stata allegata per trasparenza alla mia dichiarazione inviata alla commissione elettorale e di rendiconto delle spese è stato da subito disponibile nel sito del Movimento 5 Stelle alla sezione trasparenza.

Faccio anche notare come non sia ammissibile per legge la doppia rendicontazione delle spese sia da parte di un comitato elettorale rappresentante un partito in Corte dei Conti, sia da parte del candidato presidente di quel partito al Collegio elettorale, tanto più che la norma legislativa riporta chiaramente che un partito può e deve rendicontare, esso e non il candidato, anche le spese dello stesso partito, fatte anche nell’interesse di un candidato dallo stesso partito sostenuto, cosa che puntualmente è avvenuta nel mio caso. Quindi nessuna spesa rendicontabile direttamente sostenuta, come peraltro è avvenuto per decine di consiglieri eletti e non eletti, i quali non hanno nominato un mandatario e non hanno avuto un conto corrente dedicato, hanno rendicontato con una dichiarazione analoga, i cui fascicoli sono stati regolarmente archiviati. Nessuna spesa direttamente sostenuta, come già avvenuto in altre regioni, per presidenti di regione di altre appartenenze politiche, come Luca Zaia, che per la campagna elettorale del 2015 in Veneto ha dichiarato di non aver sostenuto spese né ricevuto alcun contributo perché le spese sono state sostenute direttamente dal suo partito ed il suo fascicolo è stato regolarmente archiviato e nessuna richiesta di decadenza è stata predisposta.

L’ordinanza di ingiunzione

Il 3 gennaio 2025 il medesimo regionale di garanzia elettorale, invece mi notificava un’ordinanza di ingiunzione contenente rilievi sulla memoria da me presentata, combinando delle sanzioni amministrative di natura pecuniaria e contestualmente, in assoluta assenza di adeguata motivazione, disponeva in termini generici e non chiari la richiesta al presidente del Consiglio regionale di procedere, per quanto di sua competenza, all’ordine del provvedimento per la mia decadenza dalla carica di presidente della Regione Sardegna.

La contestazione di una bolletta da 153 euro

Nell’ordinanza del 3 gennaio il Collegio elettorale affermava che avessi sostenuto spese per la campagna elettorale per la prima volta contestandomi una bolletta della luce del valore di 153 euro per il mio ufficio di rappresentanza parlamentare affittato da me a gennaio 2023 e poi adibito a sede elettorale per l’intera coalizione dal 15 dicembre 2023 al 24 febbraio 2024. Tale bolletta la risultanza dell’accesso fatta al dal Collegio elettorale di garanzia al mio cassetto fiscale presso l’Agenzia delle Entrate che peraltro non mi era stata contestata a novembre. L’affitto dell’ufficio di rappresentanza parlamentare del periodo dal 15 novembre dal 15 dicembre 2023 al 24 febbraio 2024 è stato pagato e rendicontato dal comitato elettorale del Movimento 5 Stelle. Faccio notare che tale bolletta è riferibile al bimestre di novembre dicembre 2023 e quindi solo per pochi giorni insisterebbe nel periodo di rendicontazione. Tale bolletta che ribadisco non mi è stata mai contestata prima del 3 gennaio 2025 non andava secondo i miei legali rendicontata in quanto le spese per la sede elettorale devono essere rendicontate in modo forfettario e non elencando le singole voci.

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Tutte le altre fatture che il Collegio mi contesta nell’ordinanza del 3 gennaio e non mi aveva contestato nella richiesta di chiarimenti del 19 novembre impedendomi di fatto il contraddittorio, sono state regolarmente pagate rendicontate alla Corte dei Conti dal Comitato elettorale del Movimento 5 Stelle. Avendo il comitato elettorale rendicontato tali spese, come anche chiarito in precedenza, non ero perciò tenuta io a farlo, pertanto eventualmente io potrei semplicemente vantare un credito nei confronti del comitato elettorale. Se mi fosse stata data occasione di chiarire con una specifica contestazione non avrei avuto problemi a farlo così come sto facendo oggi pubblicamente, ma appunto non mi è stata data questa opportunità.

Assenza di motivazioni giuridiche per la decadenza

Sottolineo, prima ancora di entrare ancor più nello specifico, la totale assenza di motivazione per la richiesta della mia decadenza. Infatti le fattispecie di decadenza per ineleggibilità di un consigliere eletto sopravvenute ai sensi dell’articolo 15 commi 7, 8 e 9, oltre che essere chiaramente tassative sono anche insussistenti, nel mio caso, per espressa pronuncia del Collegio all’interno dell’ordinanza di ingiunzione stessa. Non si può prescindere dal fatto che le fattispecie di decadenza per un consigliere eletto in materia di rendicontazione delle spese elettorali sono soltanto due.

La prima concerne il superamento dei limiti di spesa elettorale che lo stesso Collegio di garanzia dichiarato non possa essere applicato ai presidenti di regione e che quindi tale fattispecie non mi è stata neppure contestata, pur essendo stata inizialmente prospettata dalla presidente del Collegio. La seconda causa di decadenza si ha invece quando l’interessato a seguito di una diffida da adempiere come quella meno notificata dal Collegio in data 19 novembre non presenti alcuna dichiarazione entro 15 giorni della stessa diffida. Ma come ho già detto precedentemente tale dichiarazione invece è stata presentata entro i termini corretti e questo non lo certifico certo io, ma lo stesso Collegio in quanto dichiara nell’ordinanza di ingiunzione che non mi viene contestata la mancata presentazione del rendiconto, ma solo presunte plurime irregolarità. Pertanto il Collegio non motiva adeguatamente, o meglio non motiva in alcun modo la via della procedura di decadenza. Su questo punto lascio a voi agli organi giurisdizionali competenti, la conclusione.

Risulta chiaro, quindi, come siano completamente assenti i presupposti per avviare la procedura di decadenza, non essendosi concretizzata in alcun modo e per stessa espressione del Collegio le fattispecie previste dalla normativa vigente. Proprio sulla normativa vigente vorrei concentrarmi. Infatti tutto quanto precedentemente detto si fonda sulla convinzione, secondo il Collegio che la normativa sulla base della quale è stata avviata la procedura di decadenza sia applicabile al presidente della Regione Sardegna. Il Collegio applica la legge 515 del 1993, così come integrata dalla legge regionale 1 del 94. Vi è però un aspetto che non viene considerato, infatti non solo le legge 515, così come recepita dalla legge regionale 1 del 94, si riferisce a parlamentari e consiglieri eletti e quindi già mal si applica ai presidenti di regione eletti a seguito delle modifiche apportate alla legge costituzionale 2 del 2001 in virtù del quale il presidente eletto direttamente dal popolo è non frutto di accordi assembleari. Pertanto anche i parametri previsti dalla legge riferiti a uno degli otto collegi circoscrizionali ad esempio con riferimento ai limiti di spesa non sono perciò in alcun modo applicabili con riferimento al Collegio unico regionale cui il presidente candidato.

Ma c’è di più. Infatti con la stessa legge costituzionale del 2 del 2001 lo Stato ha rimesso alla competenza della Regione Sardegna la disciplina dei casi di incompatibilità e di inagibilità. La Regione Sardegna, in particolare questa aula hanno approvato nel 2013 la legge statutaria numero 1, la quale recita che per quanto concerne le cause di incompatibilità e ineleggibilità si applica la normativa statale, abrogando quindi implicitamente la legge regionale 1 del 94 e rimandando la disciplina interamente la legge 515, la cui disciplina è pertanto incompatibile con l’elezione diretta del presidente per la quale sussiste un vuoto normativo, come emerge dai verbali dello stesso Collegio. Comunque, cosa dice la legge 515 del 93 all’articolo 20? Che alle regioni si applicano solo gli articoli dall’1 al 6 e non gli articoli successivi. Di conseguenza, anche le sanzioni di decadimento non dovrebbero trovare applicazione anche nel caso della Regione Autonoma della Sardegna a seguito di sopraggiunta normativa regionale di rango sovraordinato che rinvia la legislazione nazionale. Dico questo non certo per cercare giustificazioni o eventuali assoluzioni di fronte a questo Consiglio. Ritengo semplicemente che sia mio dovere dare queste spiegazioni anche di merito all’aula che rappresenta tutti i cittadini sardi. In buona sostanza, un organo amministrativo che ha emanato un provvedimento dove in assenza di alcuna motivazione giuridica, senza che si siano verificate le condizioni di legge, ha chiesto a questo Consiglio l’avvio di una procedura di decadenza della Presidente della Regione. Come se non bastasse, il medesimo Collegio sembrerebbe aver agito, come sopra anticipato, sulla base di una normativa che non si dovrebbe applicare. Non solo in quanto espressamente esclusa dalla legge statutaria 1 del 2013, ma perché trattasi di disciplina riservata ai consiglieri eletti e non ai presidenti di regione eletti in via diretta dal popolo e che quindi, come detto, sono consiglieri di diritto.

Un attacco mediatico e politico

Questo provvedimento però, un effetto l’ho avuto, un attacco senza precedenti alla mia persona, al mio ruolo istituzionale, articoli di stampa locale e nazionale che mi dichiaravano decaduta mettendo in discussione atti della mia giunta e attività del Consiglio regionale, senza minimamente sottolineare che è il provvedimento definitivo a seguito di un pronunciamento di questo Consiglio che non è un passacarte di un organo statale.

In gioco la stabilità della Sardegna

In queste settimane abbiamo assistito poi alla sfidata di chi per interesse politico ha voluto iniziare la campagna elettorale sfacciando per atto definitivo un atto che definitivo non è, tanto che i giudici che il Consiglio si devono ancora si devono ancora pronunciare, incuranti dell’effetto sui cittadini sardi al cui destino si dicono interessati, le cui priorità si sono dimenticate negli anni precedenti, negli anni che ci hanno preceduto. Dobbiamo dire invece ai cittadini sardi che qui c’è in gioco la stabilità delle nostre istituzioni, qui c’è in gioco la nostra autonomia, qui c’è in gioco la Sardegna».

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